Modena, 15 Aprile 2004
"Immaginiamo di
essere animali in una sola dimensione,
ciascuno di noi è solo un trattino,
più o meno lungo, che sta su una
retta. Ad un certo punto un trattino dice
ad un altro trattino;
"Ma secondo te, questa retta su cui
viviamo, è finita o infinita?"
"E' infinita" risponde senza
esitare il secondo trattino, "anche
perchè, se finisse, ci sarebbe
subito dopo un altro pezzo di retta."
"Nossignore" obietta un terzo
trattino che sta alle nostre spalle e
che si chiama Alberto, proprio come Einstein.
"Quello che a voi sembra una retta,
è in realtà soltanto un
pezzo di circonferenza."
"Un pezzo di che?"
"...di circonferenza, ovvero di un
cerchio chiuso. Se voi proseguite continuamente
sulla vostra retta, prima o poi finirete
per tornare al punto di partenza... quello
da cui siete partiti."
I primi due trattini continuano a non
capire. E già, perchè loro,
poveri ignoranti ad una sola dimensione,
non possono immaginare una circonferenza,
che è una figura a due dimensioni.
Lo stesso accadrebbe se fossimo animali
a due dimensioni (...) non riusciremmo
ad immaginare una sfera, che è
una figura a tre dimensioni. (...)
Anche noi siamo convinti di vivere in
uno spazio infinito, ma c'è sempre
quel maledetto Alberto che ci avvisa che
il nostro spazio non è a tre ma
a quattro dimensioni, dove la quarta dimensione
è il tempo. Essendo noi poveri
animali in tre dimensioni ci è
difficile immaginare una spazio a quattro
dimensioni. Quello che è certo
però è che se percorressimo
all'infinito una di queste quattro dimensioni,
torneremmo al punto di partenza. (...)
Perchè l'infinito, in quanto tale,
non esiste."
Questa inusuale versione
divulgativa delle teorie di Einstein è
di Luciano de Crescenzo (Cfr. L. De
Crescenzo Storia della Filosofia Moderna,
"I Miti" Mondadori) e, personalmente,
la trovo fantastica.
In fondo, il concetto di infinito, inteso
come limite irraggiungibile verso cui
tendere, racchiude in sè l'essenza
stessa della fantascienza: lo spingersi
del pensiero umano verso un "luogo"
(il futuro) fisicamente irraggiungibile
eppure reale. E dato che, proseguendo
per un tempo sufficientemente lungo in
qualsiasi direzione, non si può
che ritornare al punto (o forse al momento...)
iniziale, ogni viaggio dell'immaginazione
- che è l'unico modo che abbiamo
per andare davvero lontano - diventa per
forza di cose un viaggio circolare.
Così come circolari
sono le storie presentate in questo numero
di Progetto Babele - il secondo interamente
dedicato alla fantascienza - angosciose
proiezioni in un futuro più o meno
lontano (e comunque indefinito) di un
presente incerto le cui paure e speranze
si concretizzano e si amplificano fino
alle estreme conseguenze.
Ed, in verità, in meno di novanta
pagine, siamo riusciti a presentare una
varietà davvero invidiabile di
possibili catastrofi future! Dal fin troppo
verosimile disastro ecologico di Ozone
Park del bravo Alberto Cola, alle
suggestioni orwelliane del Q-Wer
di Filippo Mezzetti, dalle manipolazioni
genetiche di Victor Blade, alle realtà
virtuali di Paoletti e Zani, senza tralasciare
gli inusuali rapitori alieni di un paranoico
- ma non troppo - Giovanni Manea. Un discreto
campionario di guai futuribili cui fanno
buona compagnia i malinconici androidi
di Livia Bidoli e di Andrea Franco, gli
eterei e tristissimi Pao del bellissimo
Alieno canta per me di Giuliano
Giachino ed i non meno curiosi racconti
di Musotto, Baglione, Rulvoni (agghiacciante
la scena finale del suo Bara di vetro!),
Capelli (ennesima variante sul tema del
disastro ecologico), Della Porta, Cammarata
e Baccelli, collaudato, originale e prolifico
scrittore di fantascienza nonchè
storico collaboratore di PB.
Bizzarre ed inquietanti
visioni cui fanno degno corollario le
interviste gentilmente concesseci da Roberto
Vacca, autore del mese intervistato
dalla bravissima Monia di Biagio, da Giuseppe
Lippi - direttore della collana Urania
- e da Luca Briasco - direttore editoriale
di Fanucci - che, nuovamente, ringraziamo
per il tempo che hanno voluto dedicarci.
Ed, ovviamente, gli interessantissimi
articoli firmati da Alessandra Spagnolo,
Michele Tetro, Marco Montanari, Salvatore
Proietti, Giovanni Savoini, e da Paolo
Aresi e Vittorio Catani (ambedue vincitori
del premio urania). Si parla di cinema
e di letteratura, di Stefano Benni e di
Isaac Asimov... di guerre e di animali,
ma, soprattutto, si parla di fantascienza.
C'è chi la vuole morta, o morente,
chi in una fase di profonda trasformazione,
chi rinata a nuova vita. Da semplice lettore,
non azzardo una diagnosi, pongo però
una contro-domanda: può davvero
definirsi morente un genere letterario
ancora capace di coinvolgere così
profondamente lettori ed autori di ogni
estrazione e livello culturale?
Ai lettori, ovviamente,
l'ardua sentenza.
Per la Redazione di PB
Marco R. Capelli
Marco_roberto_capelli@progettobabele.it