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15 Marzo 2010
Canzoniere inutile
di Alessandro Canzian
Samuele Editore 2010 (collana Scilla) Prezzo 80 euro Pagine 11 ISBN:9788896526064
Già il titolo dice una dispersione, una labilità temuta, misurata. Il libro intero è il frammento di una percezione, dove il vuoto sprofonda nel vuoto in una vertigine che attrae verso il niente . L’attrazione del niente e la propensione a negare si spingono a dismisura, così da rendere la stessa divinità “triste come un uomo “ , la vita come “il guado di uno stagno”, inutile il sesso, vano l’amore, il disamore “unica certezza. Tutto quanto appartiene al mondo, privato del suo peso ma non delle sue ombre, si mostra triste e confuso “ruggine mutilata / dentro il cuore”. Ma è proprio il cuore a contraddire la negazione, se ancora si presenta come il centro della psiche, il motore pulsante del sentimento. In più degli annientamenti che hanno percorso l’intero Novecento, e di cui la nostra poesia s’ è ampiamente nutrita - se pure in questa raccolta di versi tutto appare inadeguato al desiderio che perpetra le sue attese; anche se la memoria si strema di eventi minimi, per oggetti consunti, laceri; e la vita intera assomiglia a un esilio - la voce che qui si pronuncia continua a porsi domande, a tentare risposte. Allora nel chiuso di una stanza, un gesto, un oggetto, divengono particelle di un’esistenza protesa incontro alla speranza. Allora lo stesso dolore s’ottunde in una pena senza gridi né lacrime, che non smette di attendere anche quando più si prefigge una definitiva quiete. < Finisce l’uomo, non la sua penombra.> Ci si soffermi su questo piccolo gruppo di versi:< Una mosca, un capello, una eco / atterrita tra le gronde e le perline / d’un colloquiare senza fine / - la tenda e dopotutto un gesto / quasi privo di saluto . / In fondo è proprio il mondo / il solo bene che non abbiamo. > Vi si coglie la tenerezza dello sguardo, la grazia degli oggetti , un grano di realtà trattenuta, e solo in chiusa la denuncia che è anche un lamento, ma che a saper intendere significa piuttosto la pretesa del volere tutto senza darsi , ed è il residuo di un antico equivoco possesso. Mentre all’uomo tocca discendere nel mondo unendosi e confondendosi con ogni altra creatura e con ogni oggetto e aspetto. Non è in questa difficoltà il fondamento di tanto dispiacere? E non è un lutto indifendibile quello che annera anche il ricordo e spegne il passato nella paura di un presente da valicare e di un futuro da affrontare? La poesia afferma anche quando nega, cancella per reinventare, si libra oltre l’angoscia e la disperazione se libera il dolore e lo piega in parole che affida all’essere e ai suoi infiniti mutamenti. Che altro fa Alessandro Canzian nella musica lieve di questi suoi versi: < ...con la grandine negli occhi. / Potessi così discioglierne un sorriso / e berne dal vuoto d’una bocca / il succo – il buio sfolto d’un giardino / tra rane e rondini essiccate – il resto / della vita sfarebbe in un’immagine / scarna, scabra e appena amara, / e solo un poco stinta dalla pena.>
Prefazione di Elio Pecora
settembre 2009
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