Ho
letto il primo libro di Achille Campanile
a dodici anni. Mi ricordo vagamente che
le scuole erano finite, doveva essere giugno,
e come purtroppo capita, i primi giorni
di vacanza li avevo trascorsi a letto con
linfluenza, e proprio con quel libro
tra le mani.
Conservo ancora quel primo libro
di Campanile, che era poi il suo secondo
in ordine di pubblicazione, Se la
luna mi porta fortuna (1927): ledizione
che avevo io era uno dei primi libri della
nuova BUR, sto parlando della metà
degli anni 70, e poi era preceduto
da un saggio di Umberto Eco, di cui allora
non sapevo molto, tranne che era un professore
ed aveva studiato nello stesso liceo di
mia mamma, ma qualche anno prima (il che
non mi diceva molto, in realtà, di
perché Eco si occupasse di unumorista).
Del saggio ci capii francamente poco, non
ero preparato ad una discussione sulle strutture
umoristiche, ma poi ci sono tornato nel
corso degli anni, e ho ritrovato molti dei
suoi concetti in una conferenza di Eco su
Achille Campanile che fu pubblicata anni
dopo. Però apprezzai le moltissime
citazioni campaniliane, in particolare del
suo primo periodo di attività (1924-1933),
che evidentemente Eco prediligeva. Ce nerano
di divertentissime, specie da Ma che
cosè questamore
(1924), primio libro di Campanile, che,
svolgendosi a Capri, giocava lungamente
sullidea delluomo in mare
che invece si stava tranquillamente facendo
un bagno e viene soccorso come se stesse
per morire. Un tema caro a Campanile, quello
della suspense creata inutilmente (climax
e anticlimax credo lo definisse Eco), come
anche nellapertura di Se la
luna mi porta fortuna dove il giovane
Battista che (nota bene) non è un
cameriere, ma solo un giovane timido, viene
introdotto con un tono da romanzo poliziesco,
per poi constatare che in realtà
è a casa sua e logicamente può
fare quel che gli pare.
Mi affascinò il fatto che lunga parte
di Se la luna mi porta fortuna
e, da quanto Eco citava, anche Ma
che cosè questamore
si svolgessero in uno scompartimento ferroviario,
pretesto, in ambo i casi, per far incontrare
una serie di personaggi piuttosto incompatibili,
anche prevalentemente con lo stesso nome,
nel caso di Ma che cosè
questamore, dove in uno scompartimento
ci sono quattro Carlo Alberto, un Filippo
ed una signora, che (siamo negli anni 20)
qualcuno, non si sa chi, bacerà,
approfittando del tratto in galleria. I
treni e le stazioni tornano spesso nei romanzi
di Campanile, dai pipistrelli che volteggiano
sotto la galleria della vecchia stazione
Termini in Lavventura di unanima
alla giovane donna morta nella sala dattesa
della stazione di Trastevere in Agosto
moglie mia non ti conosco.
Già: umorista... E cosa ci fa la
morte che compare così spesso, anche
nei primi romanzi, sotto una forma quasi
comica, che serve forse ad esorcizzarla?
La morte del bimbo, del nipotino del protagonista,
che chiude quasi come un brivido Lavventura
di unanima, la morte, poi risurrezione,
poi di nuovo morte del protagonista de Il
povero Piero. Mi colpì nel
Povero Piero il bridge del Tempo,
della Giovinezza, dellAmore e della
Vita, che, non avendo i punti per lapertura,
passano tutti e quattro, il che può
essere una freddura, ed infatti lo è,
ma è anche una malinconica riflessione
in quattro battute.
Mi ricordo che Campanile diceva in unintervista
qualche anno prima di morire, che da ragazzo
amava scrivere tragedie in versi, talmente
piagnucolose che, con concretezza romanesca,
fu invitato dal maestro a dedicarsi a qualcosaltro:
così decise di far ridere, ed in
effetti ci riusciva facilmente, fino ad
essere considerato uno dei più promettenti
umoristi della scuderia del
Corbaccio, poi di Treves, allora uno dei
maggiori editori italiani.
Tuttavia, la vena umoristica, sentimentale
e malinconica si sono sempre intrecciate
in Achille Campanile, in particolare era
capace di parlare damore in modo estremamente
pudico e riservato, nascondendosi dietro
le sue digressioni, che sono
quasi sempre funzionali allo svolgimento
dei suoi romanzi, anche se non appare subito.
Ricordo un esempio in In campagna
è unaltra cosa (cè
più gusto) dove lautore
parla a lungo in prima persona di una ragazza
di cui si era invaghito, che portava a spasso
un cagnetto epilettoide, poi
la ragazza sparisce dietro una digressione
in cui si parla di cose perfettamente futili,
tra cui un portafrancobolli, poi, dopo una
serie di asterischi, il capitolo si conclude
con la frase, secca: Si chiama Francesca.
Folgorante.
Ho amato anche il Campanile ultima maniera,
quello de Gli asparagi e limmortalità
dellanima per esempio, che si
avventurava sul surreale, nellepisodio
delle statue che si animano, con quella
di Agostino Bertani, che per inciso è
un politico ed un filantropo di fine Ottocento,
con in mano la targa del piedistallo che
si chiede disperato, o forse solo perplesso:
Chi ero?, e laltro episodio
in cui un possibile raccomandato schiaffeggia
il raccomandante, solo per Lattrazione
del vuoto. Beh, a conti fatti, è
vero che capiti di desiderare di schiaffeggiare
qualcuno che ci vorrebbe aiutare, solo perché
ci sembra tronfio ed eccessivo, o forse
solo per lattrazione del vuoto,
per vedere cosa succederà (non sto
consigliando che schiaffeggiate il vostro
datore di lavoro, per carità, anche
se a volte...). Oppure il Campanile delle
Vite degli uomini illustri con
quel capolavoro che è la disquisizione
sul Tasso (poeta) e sul tasso (albero),
a partire dalla quercia del Tasso, e passando
per il Tasso (altro poeta, padre del precedente),
per il tasso barbasso (altro albero) e naturalmente
per il tasso (animale). Geniale.
Era un po un ritorno alle origini,
al teatro delle Tragedie in due battute,
alla locomotiva che dice allaltra
Le dà fastidio il fumo?
e laltra risponde Simmagini,
fumo anchio, ed aL'inventore
del cavallo, dove uno scienziato illustra
la sua fantastica invenzione, il cavallo,
destando stupore presso il severo consesso,
finché dalla finestra aperta non
giungono rumori di un reggimento di cavalleria
al passo per la strada, con le conseguenze
che è facile immaginare (ehm, non
sono sempre sicuro che quanto a capacità
di autocritica si siano fatti molti passi
avanti nel mondo scientifico...).
Campanile fu un autore teatrale ferocemente
fischiato, al livello, fatte le debite proporzioni,
del Pirandello dei Sei personaggi
in cerca dautore, e lesperienza
lasciò traccia nei suoi libri: in
In campagna è unaltra
cosa, ecc gli spettatori gridano Autore,
autore brandendo lunghi bastoni...
Non gli andò meglio col cinema, scrisse
un film nel 39 Animali pazzi,
interpretato tra gli altri da Totò
(secondo film di Totò, per inciso),
ma non fu un successo, anche se lidea
di un manicomio per animali non era male
ed il film, diretto da Carlo Ludovico Bragaglia,
da quel che me ne ricordo, era nel complesso
più controllato e riuscito di molti
altri di Totò.
Negli ultimi anni, Campanile, che aveva
esordito col monocolo e con lorologio
con la catenella, si era fatta crescere
una barba da santone indiano, e si era ritirato
anche lui dalle scene pubbliche, come un
santone di solito fa, anche se più
modestamente a Velletri. Era una personalità
molto più complessa di quel che apparisse
a quel ragazzo di dodici anni che leggeva
Se la luna mi porta fortuna,
ragazzo che nel frattempo, oltre a leggere
altre due o tre cose di Campanile, ha anche,
forse, capito buona parte di quel che Eco
voleva dire nel suo saggio. Quel che non
è cambiata è limmensa
simpatia umana che provo per questo scrittore,
e che me lo fa sentire ancora vivo e capace
di fornire saggezza (ricordate la barba
da santone) col sorriso.
© Carlo Santulli
L'incipit di "Ma che cos'è
quest'amore", Corbaccio 1992, p.XXXII-237.
Alle 7 del mattino Carl'Alberto entrò
nella stazione di Roma e gridò:
"Facchino!"
Un facchino si voltò risentito:
"Dice a me?" fece "Facchino
sarà lei!"
"Ma non è lei che porta i bagagli?"
"Ah, per i bagagli? Pensavo che m'insultasse"
"Ma le pare?"
Il facchino l'accompagnò al treno
di Napoli.
"Veramente " osservò il
giovane "io debbo andare a Firenze"
"Salga!" disse il facchino.
"Sempre prepotenze" mormorò
Carl'Alberto "Bisogna far sempre come
vogliono loro"
Opere di Achille Campanile
Ma cos'è questo amore?, Milano,
Corbaccio, 1927.
Se la luna mi porta fortuna , Milano, Treves,
1928.
Giovanotti, non esageriamo!, Milano, Treves,
1929.
Agosto, moglie mia non ti conosco , Milano,
Treves, 1930.
In campagna è un'altra cosa (c'è
più gusto) , Milano,Treves, 1931.
L'amore fa fare questo e altro, Milano,
Treves, 1931.
Battista al Giro d'Italia, Milano, Treves,
1932.
Cantilena all'angolo della strada, Milano,
Treves, 1933.
Amiamoci in fretta, Milano, Mondadori, 1933.
Chiarastella, 2a ed., Milano, Mondadori,
1934.
La Gifle du km. 40, Parigi, 1940.
Il diario di Gino Cornabò, Milano-Roma,
Rizzoli, 1942.
La moglie ingenua e il marito malato, Milano,
Rizzoli, 1942.
Avventura di un'anima, Roma, De Luigi, 1945.
Viaggio di nozze in molti, Roma, Garzanti,
1946.
Il giro dei miracoli, Milano, Sera, 1946.
Trac Trac Puf - Fiaba per adulti e per piccini,
Milano, Rizzoli, 1956.
Codice dei fidanzati, Milano, Elmo, 1958.
Il Povero Piero, Milano, Rizzoli, 1959.
Trattato delle barzellette, Milano, Rizzoli,
1961.
Manuale di conversazione , Milano, Rizzoli,
1973.
Gli asparagi e l'immortalità dell'anima,
Milano, Rizzoli, 1974.
Vite degli Uomini Illustri, Milano, Rizzoli,
1975.
L'eroe, Milano, Rizzoli, 1976.
Teatro
L'inventore del cavallo, Roma, 1924.
Erano un po' nervosi, in "La Lettura",
1936.
Visita di condoglianze, in "La Lettura",
1937.
Uno Sciagurato, in "Il Milione",
1938.
Un esperimento riuscito, in "Gazzetta
del Popolo", 1938.
Delitto a Villa Young, in "La Lettura",
1939.
Aeroporto, in "La Lettura", 1940.
La Spagnola, in "La Lettura",
1940.
Il Povero Piero, in "Sipario",
1961.
Saggi su Achille Campanile
E. Serretta, in "Comoedia", n.
11, 1930
A. Gargiulo, "L'umorismo di Campanile
" in "Letteratura italiana del
Novecento", Firenze, Le Monnier, 1940
P. Pancrazi, "Scrittori d'oggi",
I, Bari, Laterza, 1946
G.C. Castello, in "Teatro-Scenario",
n. 23, 1951
N. Garrone, in "Paese Sera", 29
giugno 1973.
U. Eco, "Ma che cosa è questo
Campanile " introduzione a "Se
la luna mi porta fortuna", BUR- Rizzoli,
Milano, 1975.
G. Pampaloni, " Modelli ed Esperienze
della prosa contemporanea ", in Storia
della Letteratura Italiana, Tomo II, Garzanti,
1987.
E. Siciliano, " Achille Campanile,
o l'inutilità del riso " introduzione
a "Agosto, moglie mia non ti conosco",
BUR-Rizzoli, Milano, 1974-1985.
C. Bo, "Il Manuale senza regole "
introduzione a "Manuale di Conversazione",
BUR- Rizzoli, Milano, 1973-76.
U. Eco, "Il sorriso di Campanile"
introduzione a "Ma che cos'è
quest'amore" Corbaccio 1992.
Barbara Silvia Anglani, "Giri di parole",
Piero Manni Editore, 1999, pagine 214.
Altri testi (possibile minore rilevanza):
(16) Agosto, moglie mia non ti conosco, Tragedie in due battute, L’Eroe: in una parola, Achille Campanile a cura di Andrea Coco - ARTICOLO
(4) Due articoli su Pasolini (1922-1975)
Pasolini, storia d’una morte violenta (1) a cura di Stefano Merialdi - ARTICOLO
(1) Ghigo e l'ora legale di Carlo Santulli - RACCONTO
(1) Nodo al pettine Confessioni di un parrucchiere anarchico di Gianluca Mercadante - RECENSIONE
(1) Punto, punto e virgola, un punto e un punto e virgola. Meglio che abbondiamo. di Stefano Lanuzza - RECENSIONE
(1) Quando Monteforte Irpino diventò Strongmountain di Vincenzo Manna - RACCONTO
Vedi inoltre:
www.campanile.it
(sito ufficiale, curato dal figlio Gaetano)
web.tiscali.it/Campanile
Materiale su Campanile disponibile anche
presso: Associazione Franco Fossati
Museo del fumetto e della comunicazione
via Montegrappa 35, Muggiò (Milano),