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Augusto dos Anjos
(1884-1914)


Se l'astrologia rappresentasse per lui un concreto interesse, non saprei dirlo, ma la celebre “Psicologia di un vinto” non trascura, da parte sua, una possibile sorte avversa già scritta nel proprio firmamento (“Soffro…/l'ostile influsso dei segni zodiacali”). Augusto dos Anjos è un poeta brasiliano nato il 20 aprile del 1884 a Pau d'Arco e morto il 12 novembre del 1914 a Leopoldina, quindi venuto al mondo sotto il segno dell'ariete, come Baudelaire ma anche lo stesso giorno di Hitler, e defunto, a soli trent'anni, sotto quello dello scorpione. Gli oroscopi, per quanto mi concerne, non m'interessano molto, perlomeno quanti se ne producono periodicamente su riviste, ma la mia disposizione celeste (nella fattispecie anch'io ariete della terza decade e con ascendete in scorpione) mi ha, in qualche modo, relazionato, ravvisando questo primo elemento nella sua più famosa poesia. E' attraverso i versi “Io, figlio del carbonio e dell'ammonio” che ho intrapreso, affascinato, dapprima una lettura del poeta per poi avventurarmi nella sua traduzione. “Io” dal portoghese “Eu”, titolo altresì dell'unico libro pubblicato in vita nel 1912 e che s'identifica, prima di ogni altra cosa, nell'informe massa da cui generò vita. L'io delle origini, o presunte tali, in accordo ad un materialismo tanto in voga all'epoca e che, in dos Anjos, apporterà anche, sotto un profilo stilistico, una vasta contaminazione dalla terminologia scientifica. Nelle sue composizioni ricorrono elementi repellenti come vermi, putrefazione ed ossa che, personalmente, mi riconducono a Corbiere; ma si fa spesso ricorso anche a cellule, embrioni ed altri composti organici, a sancire una predilezione per la conoscenza razionale.
Ne emerge una grande intelligenza caratterizzata dall'originalità dell'autore, che percorre speculazioni filosofiche del materialismo cosiddetto naturista. Augusto, presumibilmente, prese contatto e familiarizzò con queste idee attraverso il movimento denominato “scuola di Recife”, luogo dove frequentò la facoltà di diritto. Attraverso la sua biografia, affiora la perdita di un caro fratello ma anche una personalità disturbata, che taluni definiranno nevrotica, altri isterica. Eventi traumatici legati, comunque, ad un'individualità ricca e particolare, dove, nonostante l'evidente propensione per le teorie razionaliste, emerge, consistente, una ricerca ontologica dentro i suoi versi. Del resto, certe idee positivistiche, affiorarono anche per contrastare e svecchiare la portata di un opprimente pensiero teologico, piuttosto che per negare una spiritualità nell'uomo. La manifestazione transitoria della materia e dei suoi processi evolutivi diviene in dos Anjos punto di partenza, esplorazione che va al di là e, nella sostanza, ritrova unità tra spirito e materia.
Dall'elemento puro, attraverso la chimica inorganica e l'alchimia del sentire poetico, si avventura nella ricerca del mistero primordiale della vita, scaturito nel principio della sua stessa forza. Elemento, quindi, relazionabile anche a quel “verbo” che, nella tradizione cristiana, si è poi fatto “carne”…Materia soggetta a distruzione nella reintegrazione e che, facilmente, ci riporta a più recenti teorie relativistiche ma anche a talune tra le più antiche concezioni spirituali legate all'induismo. Dietro un apparente pessimismo senza via di scampo, soffocante nonché persino patologico ed oltre immediate correlazioni che potrebbero, facilmente, ricondurre a grandi maestri del genere, come il nostro Leopardi, in lui coesiste, incessante, un radicato senso del metafisico. Per quanto tardiva, è altresì evidente l'influenza di un certo simbolismo francese nei suoi componimenti che, a livello nazionale, con dos Anjos conoscerà rinnovato spessore nel genere rispetto la più tradizionale vena dolente e malinconica di predecessori come Cruz e Sousa e di Alphonsus de Guimaraens. Nonostante il solo “Eu”, unitamente alle diverse collaborazioni da lui svolte con giornali e riviste dell'epoca, ha, nel suo paese d'origine, suscitato notevole interesse e, dopo la sua morte, si sono susseguiti diversi scritti critici e ristampe corredate d'inediti (“Eu e outras poesias” del 1919 è stata la prima edizione postuma alla sua morte).
Quella di dos Anjos è, certamente, una poesia che trascende, diretta, in una forma che cattura, talvolta persino risucchia, per trascinarci in un inferno del vivere oltre il quale si vanifica tutto, persino quell'ultimo possibile cinico distacco vaneggiato in un presunto istinto di sopravvivenza, ma da cui sorge sempre, rinvigorita, rinnovata poesia. (E.P.)

(c) Enrico Pietrangeli


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