Mi chiamo Maria Francesca Fisichella.
Ho conseguito la laurea in Lingue e letterature
straniere allUniversità degli
studi di Catania (2001) con la tesi sullautrice
svizzera Annemarie Schwarzenbach, riscoperta
dopo oltre quarantanni dalla sua morte.
Purtroppo in Italia è ancora esiguo
il materiale disponibile nella nostra lingua
sulla suddetta autrice di madrelingua tedesca,
limitato alle pochissime traduzioni di sue
opere, e solo due biografie, di cui una
romanzata.
Dunque, al momento del mio lavoro di ricerca
per la tesi (2000), mi recai in Svizzera
(in Engadina) per reperire materiale. Ebbi
modo di constatare che in generale le pubblicazioni
sulla vita e lopera dellautrice
erano in ogni caso ancora limitate, ma già
più numerose di quelle disponibili
nel nostro Paese. Ciò non ha impedito
che ella diventasse ben presto unautrice
di culto in Francia, in Germania e negli
Stati Uniti.
Grazie ad una borsa di studio offerta dallUniversità
di Berna (2002/03), ho avuto modo di studiare
il lascito dellautrice conservato
presso la Biblioteca Nazionale Svizzera
di Berna - dove attualmente é conservata
una copia della mia tesi - e dunque prendere
visione del corposo scambio epistolare,
delle opere letterarie, degli articoli giornalistici
e del materiale fotografico ancora inediti.
Dopo una visione dinsieme del lascito,
ho rivolto la mia attenzione sul viaggio
in Afghanistan (1939) dellautrice,
sulle opere letterarie e sugli articoli
inediti ad esso risalenti, sul significato
del viaggio; ciò ha richiesto uno
studio della letteratura di viaggio e in
particolare sui viaggi delle donne. In questa
circostanza, come già al tempo della
mia tesi, ho potuto constatare lattualità
dei temi trattati dallautrice, sia
mentre scrutava il proprio animo, attraverso
le opere letterarie, sia mentre affrontava
le problematiche della vita politica e sociale
di quelle terre lontane, attraverso lattività
giornalistica.
Afghanistan 1939
Perché
mai due donne (sole!) avrebbero scelto,
nellestate del 1939, di spingersi
in terre tanto lontane, e porsi come meta
lAfghanistan? Ebbene fu proprio ciò
che realizzarono Annemarie Schwarzenbach
(1908 -1942), scrittrice, viaggiatrice,
giornalista e fotografa, ereditiera di una
delle più ricche e facoltose famiglie
della Svizzera - amica di Erika e Klaus
Mann - e lamica, la ginevrina Ella
Maillart, anchella scrittrice, giornalista
e antropologa. Le due donne non erano nuove
a simili avventure. Ne potevano vantare
entrambe di straordinarie. Viaggi favolosi
o eterne fughe, videro Annemarie Schwarzenbach
raggiungere mete quali lEuropa del
Nord (1934; 1937; 1938), la Persia, nella
quale ritornò più volte (1933-1934;
1934-35), gli Stati Uniti con Barbara Hamilton-Wright
(1936-37), lAfghanistan con Ella Maillart
(1939), e lAfrica (1941-42), lultimo
grande viaggio. Ma i suoi non furono solo
viaggi nello spazio. Più
volte, durante la sua breve vita, si perse
nei labirinti della droga, o - nel 1940
a New York - nella follia, che la portò
tra le mura di una clinica psichiatrica,
il Bellevue Hospital. Questo ,,verödeter
Engel (angelo devastato), o ,,ange
inconsolable (angelo inconsolabile),
dimenticato per quarantanni dopo la
sua tragica morte e riscoperto, anche come
autrice, solo nel 1987, ha ben presto alimentato
una sorta di mito, che dalla Svizzera, la
sua madre patria, si é propagato
in Francia, Germania e negli USA. Anche
in Italia la fama della Schwarzenbach ha
ispirato il libro, dal titolo Lei così
amata, di Melania G. Mazzucco,vincitore
del superpremio alla V edizione del Premio
Vittorini. Affascinante per via del suo
aspetto efebico e per la bellezza, ammirata
per le attitudini intellettuali e il talento
- che ebbe modo di esprimere tanto attraverso
lopera letteraria, quanto attraverso
lattività giornalistica, che
portò avanti per un decennio
Annemarie entrò ben presto in disputa
con la propria famiglia e il proprio ambiente,
a causa della sua passione per la scrittura,
la letteratura, e soprattutto per la sua
omosessualità vissuta apertamente
nella vita privata che emergeva dai suoi
scritti autobiografici, e ancora a causa
della sua vita sregolata e anticonformista,
che la resero uno dei simboli della schiera
di Frauenrechtlerinnen, ovvero
donne emancipate, che cominciarono a sperimentare
e affermare la propria presa di coscienza
dopo la Prima guerra mondiale. Ebbene le
due amiche attraversarono lItalia,
i Balcani, Istanbul, il Mar Nero, la Turchia,
lIran, ed infine lAfghanistan,
che secondo quanto scrisse Annemarie Schwarzenbach
in un articolo inedito dal titolo Daily
life in Afghanistan (Vita quotidiana in
Afghanistan), <<é ancora il
paese degli iurta e delle tende nere>>.
Questo suo vagare, questa sua Odissea, fu
il filo conduttore della sua esistenza.
Allinizio ci siamo chiesti perché
un viaggio in Afghanistan. In realtà,
le due donne giunsero alla conclusione che
il caos che regnava in Occidente alla vigilia
della Seconda guerra mondiale dipendesse
dal caos che era in loro. Solo costringendosi
ad ordinarlo potevano arrivare a capire
meglio se stesse, mentre studiavano laltro
da sé, quel mondo e quelle popolazioni
orientali sulle quali avrebbero dovuto scrivere
articoli, per diverse testate giornalistiche
e resoconti di viaggio.
Di questo viaggio è rimasto anche
un film-documentario, oggi conservato presso
la Cinématique Suisse di Losanna
che racconta la meravigliosa avventura alla
scoperta di cose, persone e paesaggi am
Ende der Welt (alla fine del mondo) per
usare unespressione di Annemarie Schwarzenbach,
che vide luoghi e monumenti, ormai perduti
per sempre a causa del dissidio sempre aperto
tra Occidente ed Oriente, come ad esempio
le splendide statue dei Buddha giganti,
nella valle di Bamiyan! Il viaggio in Afghanistan
della nostra autrice fu occasione di un
intenso lavoro sul piano giornalistico,
corredato sempre da splendide immagini.
<<Io so (
) sempre perché
scrivo un articolo, perché proprio
questo, non un altro.>> scrisse lautrice.
Negli scritti della Schwarzenbach emerge
- accanto ad una scrittura dimpatto,
rapida ed efficace, come richiedono i tempi
della carta stampata - lattualità
dei temi trattati, verso cui la condussero
la sua estrema sensibilità votata
a puntare il riflettore su ombre e vergogne.
Riportiamo di seguito due articoli ancora
inediti, Da Occidente ad Oriente (Vom Okzident
zum Orient) e Tende nere in Afghanistan
( Schwarze Zelte in Afghanistan), scritti
in occasione del viaggio in Afghanistan
e conservati nel lascito dellautrice,
custodito presso lArchivio svizzero
di letteratura, presso la Biblioteca nazionale
svizzera di Berna. Il primo é lintervista
della nostra autrice ad un giovane ingegnere
turco, durante la prevista tappa in Turchia,
in cui colpisce la consapevolezza del giovane
rispetto al fatto che il suo popolo ha tanto
da insegnare allOccidente che sta
perdendo i veri valori, mentre giunge in
queste terre con la sua aria di onnipotenza
tipica di chi ha solo da insegnare, nulla
da imparare. Il progresso, però,
di cui si pregia é messo miserabilmente
in ridicolo da un aneddoto finale! Mentre
in Tende nere in Afghanistan si affronta
il problema dei nomadi, che proprio il progresso
rischia di privare della propria identità.
In Da Occidente ad Oriente leggiamo: <<[Ingegnere]
La Turchia ha bisogno dintelligenza,
conoscenze e denaro, affinché i suoi
mezzi e le sue esigenze possono essere armonizzati.
I nostri antenati ci hanno lasciato in eredità
le moschee, ma niente strade, (
) condutture,
(
) ospedali. L,,intellettualità
che io intendo, inizia con il lavoratore
specializzato. Tutto questo ci manca ancora.
Dal canto suo il vostro Occidente non sa
più come smaltire la sua produzione,
non sa più come distribuire i beni.
Noi vi superiamo in qualcosa: il più
povero contadino dellAnatolia, ha
ancora la sua dignità, perché
é il re nella sua capanna. Forse
noi sfuggiamo alla vostra crisi dellequilibrio
sconvolto, impegnandoci ad utilizzare e
suddividere meglio i nostri beni. O semplicemente
perché noi abbiamo ancora radici
[Schwarzenbach] Che cosa ha intenzione
di dare al suo contadino anatolico grazie
a questo progresso?
<<[Ingegnere] Noi lavoriamo
per sviluppare più possibilità
di felicità nel nostro popolo, il
piacere per il godimento di tipo morale,
intellettuale. Sappiamo bene che questi
concetti sono relativi: il cetriolo del
contadino e il pollo al tartufo del gaudente
si controbilanciano. (
) Ma la base
del nostro lavoro resta: la fede nella felicità
e il diritto alla felicità.
(
)
[Schwarzenbach] (
) A Meshed, poco
prima della frontiera irano afghana
un giovane iraniano mi disse, quando sentì
che noi volevamo continuare il viaggio con
la nostra Ford: ,,Un cammello é più
lento di un cavallo, ma arriva più
sicuro alla meta. Due giorni più
tardi restammo nella sabbia vicino al posto
di frontiera, dove non cera in giro
alcuna traccia dautomobile.>>.
In Tende nere in Afghanistan leggiamo: <<(
)
In breve tempo, quasi da un giorno allaltro,
là si è cambiato profondamente
il solitario paesaggio asiatico, il piccolo
villaggio è sparito nella confusione
di baracche di argilla e lamiera ondulata,
sale da té e chioschi pieni di roba
economica dalla Russia e dal Giappone si
dispone in fila luna accanto allaltra,
ci sono (
) fornai e barbieri (
)
aumentano autocarri, si popolano i vicoli
(
). Al fiume gli ingegneri tedeschi
costruiscono una diga, una centrale elettrica,
una filanda di cotone, una fabbrica di zucchero.
Lintera valle è sul punto della
sommossa, - lì bruciano altiforni
per mattoni, là viene mescolato il
calcestruzzo, là dal terreno crescono
bianche abitazioni, là lunghi muri
di fabbriche, macchine vengono dallInghilterra
e dalla Cecoslovacchia, cemento dalla Russia,
ghiaia dal fiume, - e laggiù i ponti
di Gengis Khan verranno presto demoliti.>>.
(
) <<E da dove reperirete
i lavoratori? Il giovane architetto
fa un movimento improvviso con la spalla.
Nomadi, egli risponde,
- il governo recluterà
i nomadi (
), sarà felice, di
rendere in questo modo una parte di questa
gentaglia incivile sedentaria e sbarazzarsene.
Nomadi! Queste orgogliose, belle
e libere persone, che sono abituate a dire:
noi amiamo il disordine, noi amiamo
il pericolo, noi amiamo il sangue, ma non
ameremo mai un padrone!, - i migliori guerrieri
dellAsia, i figli dellHindukusch
e del Khyber, in celle unifamiliari, con
un giardinetto antistante, otto ore giornaliere
e paga settimanale!...
Non potevamo fare a meno di domandare se
i tedeschi che sono lì allopera,
e si sentono come signori, temano una qualche
insurrezione della classe operaia?
La risposta quasi compassionevole fu: Contro
fucili, polizia e frustino?>>.
(
)<< Le loro tende si trovano,
durante i mesi invernali, nei pressi dei
paesi delle province di frontiera indiane
, - le stesse tende di feltro di lana nere,
che vedemmo in Anatolia, presso i beduini
del deserto siriano e dellIraq, sugli
altopiani della Persia, nelle valli dellAfghanistan.
E sempre guardandoli si percepisce
il soffio di libertà e il grande
respiro dellAsia! (
)
Ma la sedentarietà dei nomadi è
uno dei punti del programma del moderno
stato afghano, lorgoglioso senso di
indipendenza delle sue stirpi é uno
dei suoi difficili problemi, ancora insoluti.
E sono le stesse stirpi imparentate, che
dallaltra parte del confine dellIndia
tengono col fiato sospeso le autorità
inglesi e mezzo esercito indiano. Essi non
riconoscono alcuna autorità statale,
non amano nessun governo centrale, non capiscono
alcuna legge allinfuori della loro
tradizione, la lealtà vale solo verso
i loro fratelli di stirpe, il loro unico
vincolo é il potere dellIslam.
(
) Agenti tedeschi hanno tentato durante
la guerra mondiale di indurre le stirpi
afghane allinsurrezione e di indebolire
lInghilterra a questo delicato punto.
La Russia dovrebbe, per attaccare lIndia,
scegliere la via sullHindukusch o
su Herat fino alla classica porta dingresso
del Khyber. LAfghanistan ha un posto
nella rete della grande politica. Il governo
di Kabul e dellIndia britannica hanno
una preoccupazione e un compito comuni:
il controllo delle stirpi. E poiché
una gran parte delle stirpi sono ancora
nomadi, questo significa per Kabul la soluzione
del suo problema dei nomadi, la sedentarietà
dei nomadi, - la fine delle tende nere.>>
Se in questo discorso trionfa la schiettezza
dellinterlocutore (il giovane architetto),
certo non emerge il buon senso di cui lOccidente
si faceva portavoce e sostenitore, ma ben
altro: una miserabile rappresentazione del
vecchio imperialismo. Ecco dunque popolazioni,
usi e costumi calpestati, fasti di un antico
glorioso passato (i ponti di Genghis Khan)
perduti per sempre. Nellidentità
delle civiltà nomadiche é
insito il concetto di spostamento, dunque
esse erano private dei riferimenti culturali
e destinati a soccombere, a cercare di sopravvivere.
Queste popolazioni che allautrice
evocavano lultimo respiro di
libertà erano destinate prima
o poi a perire. Molti altri furono i temi
affrontati dallautrice nel corso di
questo viaggio, ad esempio la condizione
delle donne, che lei e lamica Ella
Maillart definivano
sagome succubi
della legge del Tschador. Ed ancora il difficile
tentativo di apertura a nuove riforme da
parte del paese e così via. Potremmo
dire che i temi sono numerosi quanto lo
sono ancora gli articoli inediti, presenti
nel lascito, e quelli pubblicati, di cui
ancora non si é a conoscenza.
Maria
Francesca Fisichella