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Emilio Salgari
(1862-1911)


Il libro è come un viaggio senza il peso dei bagagli
di Sabina Marchesi

Si dice di lui che Mare e Giungla sono due parole che appartengono alla sua genealogia, non v'è praticamente nessuno che non abbia mai preso in mano o prima o poi un suo volume, ciascuno, anche il lettore meno diligente o appassionato, può dire di conoscere almeno una delle sue opere, che sia La Tigre della Malesia, o Il Re del Mare, o Iolanda la Figlia del Corsaro.
Nacque a Verona, nell'Agosto del 1862 da madre veneziana e padre veronese, ambedue modesti commercianti. Nel 1878 si iscrisse al Regio Istituto Tecnico e Nautico "P. Sarpi" di Venezia, non terminò mai gli studi ma, pur senza averne diritto, si presentò spesso come Capitano di Cabotaggio, giungendo perfino a firmare con questo titolo alcuni suoi romanzi ed a difenderlo in duello. Per essere un uomo che seppe mirabilmente narrare di terre lontane, di paradisi incontaminati, di mari selvaggi, di giungle e isole, stupisce sapere che non lasciò mai l'Italia, che si spinse fino a Torino e a Genova come massimo polo di esplorazione, e che compì un solo unico e breve viaggio di mare nel 1880, andando su e giù da Venezia alla Dalmazia fino a Brindisi per tre mesi sulla "Italia Una".
Era uno scrittore ispirato che si documentava minuziosamente in biblioteca e passava le notti insonne a scrivere romanzi, saghe, racconti ed episodi, forse il più prolifico di tutti gli autori, se si contano anche le innumerevoli opere del genere avventuroso che scrisse sotto falso nome per aggirare le clausole capestro impostegli dagli editori, e cercare di arrotondare le entrate per mantenere un tenore di vita dignitoso.
Pur essendo forse uno dei più famosi scrittori italiani di tutti i tempi, visse sempre in estreme ristrettezze, terrorizzato dallo spettro della povertà al punto da morire suicida in maniera atroce, quando sentì di non poter uscire dalle sue misere condizioni economiche e si avvide che nessuno voleva o poteva aiutarlo, nonostante fosse stato nominato Cavaliere addirittura dalla Regina d'Italia.
All'età di soli venti anni vendette il suo primo racconto ambientato in Papuasia, pubblicato a puntate, solo nel 1883 iniziò la collaborazione con La Nuova Arena di Verona che pubblicherà i primi episodi della Tigre della Malesia. Risale invece al 1887 l'uscita del primo romanzo completo in volume, La Favorita del Mahdi, all'epoca tacciato di erotismo.
Ambientati in Malesia, nel Borneo, in Papausia, in Australia, e ovunque nel mondo, i suoi romanzi diventano presto famosissimi e imitatissimi, tanto che ancora oggi ci si districa con difficoltà nell'identificare correttamente la paternità delle numerosissime opere a lui attribuite, alcune delle quali pubblicate postume, ad opera del figlio Omar e del suo caro amico e sostenitore Motta, che cercarono di imitarne lo stile.
Ebbe sempre grandissime difficoltà che spesso gli imposero un compenso fisso, invece del consueto contratto sui diritti editoriali, al punto che neppure al culmine della fama potè trarre beneficio dalla gloria riscossa, costretto com'era a dibattersi tra i debiti. Poco lungimirante dunque o titubante sulle sue capacità, compì frequenti cambi di editori che ogni volta gli costarono un patrimonio in penali contrattuali.
Nel 1892 sposò l'amatissima Ida Peruzzi e nel 1894 si trasferì a Torino. Qui, in quello stesso anno, pubblicò per Paravia "Il continente misterioso", ambientato in Australia, per Speirani "Il tesoro del Presidente del Paraguay" ed una collezione di racconti di mare, "Le novelle marinaresche di Mastro Catrame". Nel 1898 cambiò nuovamente editore, sottoscrivendo un contratto in esclusiva con le Edizioni Donath e si spostò vicino Genova. Risale al 1896 il primo romanzo del filone sui pirati occidentali, il famosissimo Corsaro Nero.
Nel frattempo la famiglia si era allargata, nel 1892 infatti, era nata la figlia Fatima, nel 1894 Nadir, nel 1898 Romero e nel 1900 Omar. Purtroppo, le prime avvisaglie della grave malattia della moglie incrinano la felicità del matrimonio.

Nel 1900 uscì in volume le Tigri di Mompracem, forse il romanzo più famoso di Salgari, che segnò al contempo l'apica della sua fama e l'inizio di una fase discendente che lo avrebbe condotto al suicidio di lì a pochi anni..
Tornato di nuovo a Torino, nel 1903 la moglie fu costretta a un ricovero per problemi mentali, nel 1906 è la volta di un ulteriore cambio di editore. E' un periodo di attività frenetica (ben 19 romanzi scritti tra il 1907 e il 1911) e di grande stress fisico e mentale, che vide Salgari curvo giorno e notte sulla scrivania, nel tentativo impossibile di adempiere alle condizioni contrattuali, in lotta continua con i debiti incalzanti.
Nel 1910 la salute della moglie peggiorò bruscamente e lo scrittore tentò il primo suicidio, fallendo. Nell'Aprile dell'anno successivo, una sola settimana dopo il ricovero della moglie in manicomio, ripeterà il tentativo, questa volta squarciandosi ventre e gola con un rasoio affilato, e morendo suicida, come già aveva fatto suo padre nel 1889 e come avrebbe fatto suo figlio Romero nel 1931.
Lo avevano portato a quel gesto disperato le difficoltà finanziarie, il rapporto difficile con gli editori, il dolore per le condizioni della moglie e la paura per l'indebolimento della vista, che rischiava di rendergli impossibile la scrittura . Lasciò lettere vibranti di sdegno e di accuse per gli editori e i direttori dei giornali, e colme di affetto e di rimpianti per i suoi familiari, agli editori disse: "pagate voi per i miei funerali, voi che mi avete affamato e lasciato morire in miseria". Furono accuse pesanti che scossero l'opinione pubblica e che radunarono una vera folla il giorno del suo funerale.
La sua vita era stata sicuramente inadeguata al suo talento ed al suo successo, i ragazzi che partivano per la Tripolitania e la Cirenaica scrivevano a casa citando le frasi dei protagonisti dei suoi libri, il loro stesso valore, coraggio, fedeltà, eroismo erano ispirati dalle pagine dei suoi romanzi. In prossimità del suicidio chiese sovvenzioni, aiuto, ma nessuno rispose al suo appello così, tutto solo, Salgari prese il tram, si recò su una collina dove era solito fare merenda con la sua famiglia, e si uccise sventrandosi ventre e gola in perfetto stile giapponese, come uno dei suoi eroi, rivendicando con questo atto estremo onore e dignità. Lo trovò una contadina, dopo che il sangue aveva intriso la terra, ed egli imitando lo spirito dei suoi personaggi lasciò questo mondo dicendo a chi lo aveva tradito: vi saluto spezzando la penna, pagate almeno i miei funerali.
Nel complesso sono a lui attribuite ben 81 opere tutte del filone avventuroso che egli seppe magistralmente rappresentare, ispirandosi a tematiche eroiche e fortemente moralistiche, esaltando il coraggio, il disprezzo del pericolo, lo spirito di sacrificio, la fedeltà ai valori di patria e amicizia, la noncuranza per la ricchezza e l'esaltazione dell'onore e dell'eroismo sopra ogni altra cosa.
I suoi eroi sono giunti intatti fino a noi, Yanez, Sandokan, Tremalnaik, Kammamuri, Il Corsaro Nero, Iolanda, spiccano dalle pagine ed incarnano perfettamente lo spirito di un'epoca avventurosa e impavida e se accuse di imprecisione sono state fatte alle sue opere ciò si deve solo alla poca accuratezza dei testi che egli consultò per documentarsi, e non a sua imperizia o mancanza, per cui possiamo annoverarlo a pieno diritto nell'Olimpo dei Classici come il vero padre del romanzo di avventura italiano. ( Sabina Marchesi)

 

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