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Guido Milanesi
(Roma 1875-1956)


Vita ed opere di Guido Milanesi

Capitano di vascello, poi contrammiraglio, prese parte con l’ammiraglio Millo all’impresa dei Dardanelli durante la guerra di Libia (1912), che costrinse alla resa l’impero ottomano. Scrittore molto popolare tra le due guerre per i suoi romanzi e racconti di mare, pubblicati per lo più presso Treves, Mondadori, Stock e Ceschina, come Thàlatta (1910), L'ancora divelta (1923), Fiamme dell'ara (1929), L'ancora d'oro (1931), L'ondata (1931), Il guardiano del Duilio (1931) e Racconti di tutti i mari (1941), d’avventura ed esplorazione, come Nel Santo Moghreb (1900), Eva Marina (1921), Figlia di re (1924), Anthy il romanzo di Rodi (1928), Kaddish, il romanzo d’Israel (1933).
Da un suo romanzo venne tratto il film muto “La sperduta di Allah” di Enrico Guazzoni, con Ines Falena e Gino Talamo (1929), che cerca di giustificare il colonialismo e non appare immune invero da un certo razzismo. Il film parla della relazione di un italiano con una libica, fuggita da un matrimonio con uno sposo violento: questo rapporto scatenerà una serie di odi e di vendette, fino alla rinuncia finale dell’italiano ad una storia impossibile.
Fascista convinto, Milanesi, pur non essendo a stretto rigore uno storiografo di regime, nel senso che rimase sempre essenzialmente uno scrittore d’avventura, non si sottrasse tuttavia alla polemica politica, come dimostra ad esempio il telegramma di “dieci romanzieri italiani e fascisti uniti in Gruppo d’azione per servire il Romanzo italiano in Italia ed all’estero” (24 maggio 1928: Milanesi è all’apice del successo). Qui lo troviamo abbastanza in “buona compagnia”: gli altri nove sono Antonio Beltramelli, Massimo Bontempelli, Lucio D’Ambra, Alessandro De Stefani, Mario Maria Martini Alessandro Varaldo, Cesare Giulio Viola, Luciano Zuccoli, e naturalmente c’è in calce anche la firma di Filippo Tommaso Marinetti, il fondatore del futurismo. L’”Antologia degli scrittori fascisti” a cura di M. Carli e G.A. Fanelli, Bemporad, Firenze, 1931, gli dedica una pagina (p.628-629), ricordando specialmente il suo L’ancora divelta, come “opera efficacissima come propaganda nazionale e grandemente educativa”, uscita su vari giornali e riviste nel periodo della Marcia su Roma.
Riportiamo anche in conclusione un esempio della prosa politica di Milanesi, tratto da “L’ondata” (p.304, Mondadori, 1942): "Ci sembra di essere a casa nostra. ...I nostri colleghi francesi fanno di tutto per darcene la perfetta sensazione. Essi sono i primi a deplorare sinceramente i continui screzi che i loro politicanti soffocati dalla massoneria, socialismo e antifascismo provocano tra le nostre due nazioni, la cui unione già ben così preparata dalla natura imporrebbe pace in Europa. Liti di cugini, essi dicono: e perciò rabbiosette, brevi e presto dimenticate. Sostengono che tutto è possibile, meno che una guerra con noi. C'è qualcuno in Europa che ha massimo interesse nel mantenere tra noi un perpetuo stato di discordia: ma ogni qualvolta tenterà di tirar le somme, resterà eternamente deluso. E i - Viva l'Italia - e i - Bravo Mussolini - che ci rivolgono, vibrano di sincerità." Invece, nel 1940 entrammo in guerra proprio contro la Francia...

Guido Milanesi e Figlia di re, un romanzo di avventura tra le due guerre

Chi ha letto queste Riscoperte nei numeri precedenti di Progetto Babele, si sarà reso conto che nascono da un insieme di due componenti: una simpatia per il personaggio-scrittore ed una solida convinzione che le sue opere, se ripubblicate, possano incontrare l’interesse di molti lettori di oggi, che la nostra rivista non fa altro, nella sua modestia, che rappresentare.
Ecco, devo ammettere che nel caso di Guido Milanesi, scrittore di mare e di avventura, all’apice del successo in età abbastanza matura tra il 1923 ed il 1932, ma con un significativo ritorno di interesse nell’immediato dopoguerra, la simpatia non mi aiuta molto, perché il personaggio-Milanesi me ne ispira davvero poca. Qualche dato chiarirà questa mia strana affermazione: militarista convinto, ispirato da un nazionalismo spinto fino al punto dell’esaltazione patriottica, con una visione sottilmente razzista non mascherata che in modo insufficiente, unita ad un rancore anarcoide e tipicamente protofascista per la borghesia.
Tuttavia, devo ammettere che il libro di cui consiglio la riscoperta, Figlia di re, uno dei più grandi successi di Milanesi, con ristampe per oltre vent’anni, è di piacevolissima lettura e fa gridare in alcuni punti al capolavoro, benchè devo ammettere di averlo accostato con tutta la possibile prevenzione di un critico dilettante. E’ anche un libro sobrio e pragmaticamente costruito e, al di là dell’occasionale attacco contro la smidollata borghesia prefascista, risulta del tutto privo di spunti polemici. E’ invece pieno di avventure, di soluzioni stilistiche non banali e di personaggi interessanti, inoltre cinematografico e perfino erudito in qualche tratto, cosa che fa supporre una lunga e seria preparazione dell’autore, che invece nei racconti di mare, settore in cui vanta una grande esperienza, tende a volte a “tirar via” ed a cercare l’effetto un po’ plateale.
Il mix di cui Figlia di re, devo ammetterlo, non rende l’idea della qualità del romanzo e della scrittura. C’è l’antico Egitto, un po’ di marina, la vita della borghesia a Luxor, i capricci degli egittologi, un viaggio quasi al centro della Terra, un po’ di amore e perché no sesso stile “anni ruggenti”, scambi di lettere sempre più concitati, ed un pizzico di catastrofismo a basso costo. La cosa stranissima di tutto ciò è che, nonostante mie ripetute letture, il romanzo regge, è di una consequenzialità e di un’originalità con pochissime pecche, dopo oltre ottant’anni dalla prima edizione, e questo è tutto nella confezione, perché gli ingredienti della “zuppa” non sembrano nuovi affatto. E la confezione è abilissima, merita il marchio del grande scrittore. Onore al merito quindi, anche perché parliamo di un ex militare.
E la trama di Figlia di re? Possiamo dire che si svolge tra Roma, una bellissima Roma notturna del 1922, e tra la città turistica e gli scavi di Luxor, e che la storia ha qualcosa a che vedere con l’antico Egitto ovviamente, e le scoperte dei grandi egittologi, da Mariette a Maspero, c’è una donna bellissima e misteriosa, un giovane nobile romano di lei perdutamente innamorato, una specie di sacerdote egizio e… non direi di più. Si tratta di avventura, e se vi capita di trovare questo libro esaurito su qualche bancarella od in qualche biblioteca, e se vi succede quel che è accaduto a me, non riuscirete a staccarvene tanto facilmente e qualche brano di nobile papalino, di egittologo o di antico egizio vi resterà sotto le dita che lo hanno sfogliato. All’atto pratico, su Internet, da Ebay a librai.com si trovano alcuni dei libri di Milanesi, ma la sua produzione è talmente vasta che la scelta appare decisamente difficile, ma d’altro canto divertente, e non escluderei a priori che qualcuno dei nostri lettori voglia provare a dar la caccia a questo scrittore ormai dimenticato.

E, dato che ho parlato di qualità della scrittura, non posso mancare di dare qualche esempio tratto da Figlia di re (i titoletti, che spero mi perdonerete, sono miei).

Un geroglifico “fresco di stampa”:
“Così diceva l’ultimo geroglifico, rimasto in sospeso su di una parete della sala della Storia e del Tempo. Con lui ho radunato l’Egitto, erano parole scalpellate di fresco: aggiunte da pochi giorni.
Io sono l’eletta dei cento anni, la cui vita è preziosa agli Dei?… Una frase simbolica?” (p.181)

Il teatro e la vita:
“Ma le sue parole non lo raggiungevano più. Egli lo vide rasentare il palazzo Zuccari, affrettare il passo verso via Sistina e sparire allo svolto, così come nel più piccolo teatro di tela e legno che paròdia la vita, l’attore giovane insegue la prima donna, sparendo dietro una quinta. In grande o in piccolo, l’eterna commedia è la stessa”. (p.20)

Rome sky by night 1922:
“La notte era tutta un fervore di stelle radunate a sterminato congresso intorno alla fredda nebulosità della via Lattea. La luna, enorme, perfettamente rotonda, pareva distaccarsi dallo sfondo del cielo per avvicinarsi a contemplare lo spettacolo magico di Roma dormiente. A piedi, a piccoli passi, essi sboccarono nella Piazza del Popolo, diretti al Largo Goldoni […] Inondata di luce perlacea, la piazza deserta appariva come un’immenso quadrante, nel quale l’ombra dell’obelisco lentissimamente segnasse le ore del destino, mentre il canto pacato delle fontane pareva dar voce al suo moto insaziabile. Gli alberi del Pincio ricordavano una folla ammassata sulla scalea d’un anfiteatro”. (p.336-337)

Luxor all’alba:
“Il canto del muezzin s’era spento. Da più vicino, dalla sponda del Nilo, s’alzava un’altra voce come risposta. Modulata su di una tonalità ingenua, triste, ristretta a poche note, esprimeva l’ardente fede di qualche mendicante esaltato dalla magnificenza del tramonto, come alcuni poveri uccelli affamati e sperduti dimenticano la loro miseria per elevare il loro canto a celebrar lo splendore dell’alba” (p.120)

Vita nell’antico Egitto (sottoterra):
“Lampade colme di olii profumati vennero aggiunte qua e là lungo le pareti, attorno alle fontane, in giro alla tavola. Alcuni piccoli tappeti furono rimossi per essere sostituiti da uno solo, grande, quasi nel centro della sala. E – apparizione straordinaria – cesti di rose apparvero a mettere una vivida nota di freschezza e di gaiezza in quell’ambiente di lusso solenne, ma pervaso sempre dalla lugubre idea del sottoterra” (p.182).

E per concludere, un po’ circolarmente, ricominciamo dall’inizio, ed ecco l’incipit di Figlia di re:
“Il cancello di casa Satriano, nei pressi della via Flaminia, s’era chiuso con discrezione dietro due giovani, e il loro passo appaiato e lento scandiva come un pendolo il silenzio di Roma dormiente. S’intagliava netta nel cielo una luna enorme1, perfettamente rotonda, balzata avanti dal suo sfondo di stelle, come se in assenza dell’uomo avesse rotte le leggi del Creato per soffermarsi a godere il più grandioso spettacolo della sua corsa sul mondo. Nelle strade non c’era altra vita che quella delle due ombre in cammino tra lunghe file di fanali inutili, sotto la sorveglianza subdola di qualche gatto acquattato negli angoli bui o raggomitolato sulla soglia dei portoni chiusi” (p.9).

Spero di avervi messo un po’ di curiosità per riscoprire questo piccolo capolavoro del romanzo d’avventura italiano. Se qualcuno è interessato e non riesce a reperirlo, non esitate a contattarmi presso PB. Credo ne valga la pena (ma ovviamente potrei sbagliarmi, come tutti i recensori…). Delle idee dell’autore non rispondo, anzi me ne dissocio con la massima vigoria possibile, tuttavia qui essendo in una rivista letteraria, il mio solo interesse è il valore narrativo, storico e documentario, e quello c’è senza dubbio, a mio parere.

a cura di Carlo Santulli

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