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A
cura di Marco R. Capelli
Ti amo come qualcosa che si muove in
me
quando il crepuscolo scende su Istanbul
poco a poco,
ti amo come se dicessi: "Dio sia
lodato, son vivo."
Nazim Hikmet
Salonicco,
20 novembre 1902 (per l'anagrafe ma
nato in realtà nel 1901) - Mosca,
3 giugno 1963
N.H. nacque a Salonicco (oggi Grecia)
nel 1901, città della quale il
nonno paterno era stato governatore.
Il padre Nazim Hikmet Bey (già
console ad Amburgo) era funzionario
di stato e la madre, Aisha Dshalila,
pittrice. Studiò nel liceo di
lingua francese di Galatasaray (Istanbul)
e successivamente si iscrisse all'Accademia
della Marina militare che dovette però
lasciare per ragioni di salute. Fu esponente
di spicco della cultura turca del '900
ed uno dei primi poeti, in quel paese,
ad adottare il verso libero. Divenuto,
in vita, uno dei poeti turchi più
conosciuti in occidente (e per comune
accordo indicato come il primo poeta
turco moderno), le sue opere sono state
tradotte in più di cinquanta
lingue.
Durante la Guerra di Indipendenza si
schierò con Kemal Atatürk
(Mustafa Kemal) in Anatolia, ma rimase
presto deluso dagli ideali nazionalisti
e durante l'occupazione alleata della
Turchia lavorò come insegnante
a Bolu, nella parte orientale del paese.
Nel 1922, condannato per marxismo (si
iscrisse al partito comunista turco
all'inizio degli anni '20) e malvisto
per la pubblica denuncia dei massacri
armeni del 1915-1922, dovette trasferirsi
in Russia in esilio volontario; paese
verso il quale lo spinse certamente
anche il fascino della recente rivoluzione
d'Ottobre. Qui studiò sociologia
presso l'Università di Mosca
dove conobbe artisti e letterati di
tutta Europa (la delusione per il sostanziale
fallimento dell'esperimento comunista
era ancora in là da venire...).
Rientrato clandestinamente in Turchia
dopo la fine della Guerra di Indipendenza
(1924) iniziò a collaborare con
il giornale di sinistra Ankara Independence
Tribunal. Condannato "in absencia"
a quindici anni di lavori forzati per
la sua opposizione al regime e per propaganda
comunista, riuscì nuovamente
a fuggire in Russia nel 1926, dove riprese
a lavorare ed a pubblicare poesie ed
opere teatrali (conobbe, tra gli altri,
Majakowsky, la cui poesia futurista
lo avrebbe lungamente influenzato).
Poté tornare in Turchia soltanto
nel 1928, a seguito dell'amnistia generale,
ma, una volta in patria, dato che il
partito comunista era stato dichiarato
fuorilegge, si trovò sotto costante
sorveglianza da parte della polizia
e dei servizi segreti; continuamente
incarcerato per una serie di reati spesso
totalmente pretestuosi (una volta, ad
esempio, fu arrestato per affissione
illegale di manifesti politici). Nonostante
trascorra, tra il 1928 ed 1936, un periodo
non inferiore a cinque anni in carcere
(periodo terminato con l'amnistia generale
del 1933, decennale della Repubblica),
riesce comunque a pubblicare nove libri:
5 raccolte e 4 poemi lunghi che rivoluzionarono
lo stile della poesia turca, introducendo,
oltre al verso libero, nuove tematiche
e metodologie. Furono anni fecondi,
durante i quali scrisse anche romanzi,
testi teatrali e lavorò come
giornalista e correttore di bozze, traduttore
e sceneggiatore, ma anche come rilegatore,
nel tentativo di mantenere la seconda
moglie (il primo brevissimo matrimonio,
risalente 1922, era stato annullato
al tempo della prima fuga a Mosca),
i due figli di lei e la madre, ora vedova.
Nel 1938 fu nuovamente arrestato, per
attività anti-naziste e anti-franchiste
e con l'accusa di aver tentato di incitare,
con le sue opere, la marina turca alla
rivolta. Questa volta la condanna fu
molto dura: 28 anni di carcere (a dimostrare
che, a torto o a ragione, il potere
teme più la penna che la spada...).
In prigione, dove sarebbe rimasto per
quattordici anni, scrisse le sue opere
più belle, tra cui il capolavoro
assoluto "Paesaggi Umani"
(1941-1945). In questi anni il tono
della sua poesia si fa più diretto
e serio, il verso si affina e si fa
essenziale. Non avrebbe però
mai più visto un suo libro pubblicato
sul suolo turco e quel che poté
circolare, stampato all'estero, lo fece
sempre clandestinamente. Ancora in carcere,
divorziò dalla seconda moglie
per sposare la traduttrice Münevver
Andaç. Rimesso in libertà
nel 1949 per intercessione di una commissione
internazionale che comprendeva, tra
gli altri, Jean-Paul Sartre e Pablo
Ricasso e dopo uno sciopero della fame
di diciotto giorni reso ancora più
drammatico dal recente attacco cardiaco,
Hikmet ricevette nel 1950 il premio
Nobel per la Pace; ma già l'anno
successivo fu costretto a fuggire a
Mosca. Drammatica decisione presa, come
ebbe a scrivere all'amica Simone De
Beauvoir, dopo il fallimento di due
tentativi governativi di assassinarlo
investendolo in automobile e dopo aver
appreso la notizia di essere stato forzatamente
arruolato nell'esercito e destinato
al fronte con la Russia. Racconta Hikmet
che il medico militare incaricato di
visitarlo gli disse: "Lei non è
in condizione di sopravvivere più
di un'ora sotto il sole del deserto,
eppure io ho pronto per lei un certificato
di buona salute". Il poeta aveva
ormai cinquant'anni e soffriva le pesanti
conseguenze dell'attacco cardiaco subito
in carcere e che lo avrebbe portato
alla morte nell'arco di un decennio.
Anche la fuga da Istanbul fu decisamente
avventurosa: Hikmet tentò di
attraversare il Bosforo su una piccola
barca a motore in una notte di tormenta
(come ebbe a dichiarare in seguito,
nelle notti serene c'erano troppe guardie
per passare inosservati), il piano originale
prevedeva lo sbarco in Bulgaria, cosa
però che si dimostrò impossibile
date le condizioni del mare. Fortunatamente,
dopo alcune ore di navigazione, incrociò
una nave rumena. Iniziò a seguirla
urlando il suo nome ed i marinai lo
riconobbero e risposero al saluto, ma
senza prenderlo a bordo. Soltanto quando
il motore smise di funzionare e, nel
mezzo della tempesta, Hikmet iniziò
a disperare per la propria vita, finalmente
il cargo si fermò e lo accolse
a bordo: gli ufficiali della nave avevano
trascorso quelle ore in contatto radio
con Bucarest in attesa di istruzioni.
Ironia della sorte, quando il poeta
fu, finalmente, nella cabina del capitano
trovò un proprio ritratto fotografico,
su cui campeggiava la scritta "Salvate
Nazim Hikmet": era uno dei manifesti
fatti stampare due anni prima dal comitato
internazionale, e mai auspicio si concretizzò
in modo tanto letterale!
A Mosca gli fu assegnato un alloggio
nella colonia di scrittori di Peredelkino,
ma il governo turco rifiutò sempre
di concedere alla moglie ed al figlio
il permesso di raggiungerlo. Nonostante
un secondo attacco cardiaco, nel 1952,
Hikmet viaggiò molto in quegli
anni; attraverso l'Europa, il Sud America
e l'Africa. Solo gli Stati Uniti gli
rifiutarono, sempre, il visto. Ma era
l'epoca della Guerra Fredda...
Dopo che gli fu tolta la cittadinanza
Turca (1959), accettò l'offerta
di un passaporto da parte del governo
Polacco, dichiarando di aver ereditato
i capelli rossi e gli occhi chiari da
un progenitore (un rivoluzionario del
XVII secolo) che veniva, appunto, da
quel paese. Nel 1960, di nuovo a Mosca,
si sposò - per la quarta volta
- con la giovane Vera Tuljakova. Sempre
a Mosca sarebbe morto, per una nuova
crisi cardiaca, nel 1963, a 62 anni
d'età.
Le opere di N.H. riapparirono brevemente
in Turchia soltanto nel periodo 1965-1966
per poi scomparire nuovamente e per
sempre dai cataloghi degli editori (salvo
edizioni minori o in piccola tiratura).
Questo, nonostante nel resto del mondo
esse siano state ristampate e tradotte
innumerevoli volte.
Per Nazim Hikmet la poesia d'amore non
è mai soltanto poesia d'amore,
egli riassume nella parola "amore"
l'esistenza, la politica (intesa come
necessaria interazione sociale con il
resto del mondo), la vita stessa. Riesce
a parlare, ad un tempo, di sé
stesso, del suo paese e del mondo in
un singolo verso, con una semplicità
(apparente) ed una capacità di
sintesi che lo collocano, di diritto,
tra i grandi poeti del secolo XX. Così
come l'uso lirico e musicale della lingua
riscatta al livello di poesia anche
il verso che, nelle mani di un artefice
meno abile, si trasformerebbe tristemente
in propaganda.
Mai introspettivo, sempre concreto,
positivo, spesso capace di abbandonarsi
alle piccole gioie della vita con lo
spirito di un bambino, senza però
perdere la consapevolezza dell'adulto;
mantiene, nella produzione artistica
come nella vita, una coerenza unica.
Coerenza che, forse, spaventò
i suoi persecutori assai più
di quel che effettivamente avrebbe potuto
la sua poesia. Se essi, comunque, videro
davvero nella sua opera un possibile
incitamento alla rivolta dei militari,
la causa deve essere cercata più
nell'esempio morale dato dall'uomo che
nella perfezione (pure presente) del
verso.
Con gli anni la poesia si fa più
coesa, compatta, quasi sincopata. La
punteggiatura scompare totalmente, come
se fosse un freno, un impiccio del quale
il poeta vuole liberarsi per adattare
il verso alla necessità di fare,
vedere, viaggiare, vivere sempre più
rapidamente gli ultimi istanti di una
vita che volge, rapidamente, al termine.
Bruciata da uno spirito più forte
del corpo che lo ospita, sprecata nel
tentativo impossibile di recuperare
i lunghi anni di carcere.
In lui si concretizza la concezione
dell'artista che non può vivere
una vita disgiunta (o dissonante) rispetto
a quelle che sono le sue convinzioni
etiche e politiche (condivisibili o
meno). Questa concezione della poesia
come guida della vita, essenza che permea
ogni decisione ed ogni gesto (ma sempre
concreta e semplice, mai artificiosa)
lega l'arte alla realtà e la
salva, impedendole di finire relegata
in un angolo marginale della modernità,
etichettata come frivola ed inutile.
Un concetto che, pur partendo dalle
medesime basi (o quasi) arriva ad una
risposta diametralmente opposta a quella
data dal decadentismo di D'Annunzio
e della generazione che chiamiamo dannunziana,
dove pure l'arte permea la vita, ma
trasformandosi in posa, ricercatezza
astratta, effimera. Ci sono punti di
contatto con l'asciutta, virile disperazione
di un Ungaretti, ma c'è anche
un anelito all'azione, uno spirito positivo
(nonostante tutto e contro tutto), un
coerente rifiuto della resa che rende
unica l'opera e la vita di Hikmet. Se
poi Hikmet sia stato un uomo virtuoso,
occasionalmente artista, oppure vero
artista, e perciò virtuoso, è
cosa che ciascuno dovrà giudicare
da sé. (Marco R. Capelli)
Poesia:
835 Satir (835 versi) 1929
Jokand ile Si-Ya-U (Mona Lisa e Si-Ya-U)
1929 (Fr., La Jaconde et Si Ya Ou, Paris,
Temps Actuel, 1978)
Varan 3 1930
1 + 1 = bir (1+1=uno) 1930
Sesini kaybeden sehir (La città
che perde la sua voce) 1931
Gece gelen telgraf (Il telegramma che
arrivò di notte) 1932
Benerci kendini nicin o"ldu"rdu"?
(Perchè Banarji si suicidò?)
1932
(Fr., Pourquoi Benerji s'est-il suicide'?
Paris, Minuit, 1980)
Taranta Babu'ya mektuplar (Lettere a
Taranta Babu) 1935
Portreler (Ritratti) 1935
Simnavna Kadisi Oglu Seyh Bedrettin
destani (La leggenda di Sheykh
Bedrettin, figlio del giudice di Simnavna)
1936
Kurtulus Savasi destani (La leggenda
della Guerra di Indipendenza) 1965
Saat 21-22 siirleri (Poesie delle 21-22
in punto) 1965
S_u 1941 yilinda (In quest'anno 1941)
1965
Dort hapishaneden (Dalle quattro prigioni)
1966
Rubailer 1966
Yeni siirler (Nuove poesie) 1966
Memleketimden insan manzaralari 1966-67
Son siirleri (Ultime poesie) 1970
The Moscow Symphony and other poems
(La sinfonia di Mosca ed altre poesie).
Chicago, Swallow Press, 1971
The day before tomorrow. (Il giorno
prima di domani) South Hinskey, England,
Carcanet Press, 1972
That wall (Quel muro), London. Socialist
Artists, 1973
Your hands (Le tue mani), London. Socialist
Artists, 1973
Things I didn't know I loved (Le cose
che non sapevo di amare). New York,
Persea Books, 1973
Un e'trange voyage (Uno strano viaggio).
Paris, Maspero, 1980
Anthologie poetique (Antologia Poetica).
Paris, Temps Actuels, 1982
Human landscapes (Paesaggi umani). New
York, Persea Series of Poetry in Translation,
1982
Les romantiques (I romantici). Paris,
Temps Actuels, 1982
Opere teatrali:
Kafatasi (Il teschio) 1932
Bir o"lu" evi (La casa del
morto) 1932
Unutulan adam (L'uomo dimenticato) 1935
Ferhad ile Sirin (Ferhat e Shirin) 1965
Sabahat, 1965
Inek (La vacca) 1965
Ocakbasinda ve Yolcu (Vicino al fuoco
e Il Viaggiatore) 1966 (two works)
Yusuf ile Menofis (Joseph e Menophis)
1967
Romanzi:
Kan konusmaz (Il sangue non lo dice)
1965
Yasamak guzel sey, be kardesim (E' bello
essere vivi, fratello) 1967
Demokles'in kilici (La spada di Damocle)
1959
Aneddoti e racconti:
It u"ru"r, kervan yu"ru"r
(Il cane abbaia ma la carovana non si
ferma) 1965
Sevdali bulut (La nuvola malinconica)
1963 (Fr., Le nuage amoreux, Paris,
Maspero, 1979)
Kemal Tahir'e mapushaneden mektuplar
(Lettere a Kemal Tahir dalla prigione)
1968
(De l'espoir a` vous faire pleurer de
rage; lettres de prison a` Kemal Tahir,
Paris, F. Maspero, 1973)
Oglum, canim, evladim Memedim (Mio figlio,
mia vita, bambino mio, Mehmet) 1968
Va-Nu^`lara mektuplar (Lettere alla
famiglia di Vala Nurettin) 1970
Nazim ile Piraye (Nazim e Piraia) 1976
In Italiano:
Poesie d'amore; Con audiolibro. Mondadori
2006
Poesie d'amore; Doisneau Robert, Mondadori
2005
La conga con Fidel; Fahrenheit 451 2003
Il nuvolo innamorato e altre fiabe;
Mondadori 2002
Poesie d'amore; Mondadori 1996
Poesie; Newton Compton 1996(?)
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