|
|
|
|
Giorgio
Scerbanenco
(1911-1969)
Quando
mi viene chiesto quali sono stati gli
scrittori decisivi nella mia iniziazione
alla scrittura, mi vengono subito in
mente la brasiliana Clarice Lispector
per i movimenti dell'interiorità,
il russo Michail Bulgakov per l'immaginario
onirico-fantastico e Giorgio Scerbanenco
per la felicità del narrare.
Giorgio Scerbanenco (1911-1969) nasce
a Kiev da madre italiana e padre ucraino.
Trascorre gran parte della sua vita
in Italia, esercitando vari mestieri
fino a diventare direttore di "Novella"
e di "Bella", incarico che
ricopre per oltre vent'anni. Su "Annabella"
tiene a lungo una fortunata rubrica
di colloqui con le lettrici: "la
posta di Adrian".
Il primo libro che ho letto di questo
autore è stato "I ragazzi
del massacro" (1968 ), poi sono
passato agli altri due libri con protagonista
Duca Lamberti : "Venere privata
(1966) e Traditori di tutti (1969).
Avevo così familiarizzato con
questa curiosa figura di investigatore,
apparentemente cinico in realtà
fragile ed appassionato. Che il suo
virile distacco da quanto lo circonda
sia solo una maschera lo si capisce
anche dal suo passato: si tratta infatti
di un ex-medico radiato dall'ordine
per aver praticato l'eutanasia ad una
propria paziente ammalata di tumore.
Da questi romanzi è fatale approdare
agli eccezionali racconti di "Milano
calibro 9". Da lì non mi
sono più fermato. E' un autore
di cui bisogna sempre avere una dose
pronta. Uno Scerbanenco si beve come
un amaro mosso, leggero, ma irresistibile.
Si può andare a saccheggiare
anche tra i suoi contributi al "rosa"
e si scopre che non è mai stato
banale, anche quando si avvaleva dei
clichès collaudati. In alcuni
racconti, soprattutto quelli più
brevi, è evidente la fretta,
la sciatteria in particolare delle conclusioni
(non tutti gli scrittori hanno un rapporto
felice con "l'ultima frase"),
come se avesse urgenza di passare subito
ad altro. Il recentemente scomparso
Oreste del Buono l'aveva definito una
sorprendente "macchina per fare
storie" e la quantità qualche
volta è sacrificata allo stile,
mai alla qualità. Anche nei racconti
più tirati via, a volte di una
paginetta soltanto, si può trovare
qualche gemma, qualche personaggio indimenticabile,
qualche frammento di realtà viva.
Il maggior merito di Scerbanenco resta,
a mio avviso, quello di aver saputo
rendere atmosfere, situazioni tipiche
della transizione italiana verso il
benessere. Se si vuole una macchina
del tempo per andare a rivivere la vita
quotidiana degli anni '60, scegliendo
come scenario privilegiato una città-chiave
quale Milano, non c'è nulla di
meglio di Scerbanenco. Negli anni in
cui il piacere di leggere veniva messo
all'indice, in cui le neoavanguardie
esercitavano il loro terrorismo culturale
(ma poi abbiamo visto Umberto Eco, tra
i fondatori del gruppo '63, convertirsi
alla narrativa pura, più o meno
post-moderna), Scerbanenco era tra i
pochi, al riparo nella nicchia del "genere"
e quindi "minore", a restituire
alla narrativa la sua reale funzione,
ossia quella di far conoscere mondi
reali o no, acuire consapevolezze, stupire
ed emozionare, in una parola coinvolgere.
Dopo anni di sordina oggi Scerbanenco
è sempre più considerato
un vero scrittore. Si moltiplicano le
riedizioni delle sue opere e gli attuali
giallisti italiani, in primis Carlo
Lucarelli, lo riconoscono tra i maestri.
In pratica lo si può ritenere
il fondatore del giallo nostrano, in
un'epoca in cui nessuno riusciva ad
immaginarne uno ambientato sulle spiagge
di Grado (La sabbia non ricorda, 1961)
oppure tra la Toscana ed Orvieto (Ladro
contro assassino, 1969). E' comunque
Milano a restare lo scenario privilegiato,
apparendo come la prima vera metropoli
italiana, per cui anche un autore "cult"
dell'attuale generazione di quarantenni,
ossia Pier Vittorio Tondelli, poteva
aggirarsi per i suoi quartieri con la
sensazione di trovarsi "sul set
di un racconto di Scerbanenco".
Spesso è la narrativa a cogliere
le valenze storiche e sociali di un
luogo, a spremerne l'essenza, facendocelo
apprezzare di più, anche quando
la volgarità ed il malgoverno
non parrebbero lasciare spiragli in
questa direzione.
Nei racconti e romanzi di Scerbanenco
emerge sicuramente un punto di vista
"patriarcale" su persone ed
eventi. E' una società che non
esiste più, in cui le donne sono
ancora "con la gonna" per
parafrasare Vecchioni, pur non mancando
straordinarie figure femminili, in cui
gli omosessuali appaiono come alieni
con tre teste (si veda in proposito
la figura dell'omosessuale fotografo
in "Venere privata"). Oggi
la società italiana è,
in questo senso, molto cambiata. Questo
non toglie nulla a Scerbanenco, che
non appare come un reazionario o un
"fascista", come talvolta
si è sospettato, ma semplicemente
come un uomo formatosi prima del '68
e di tutto ciò che questo ha
comportato, un uomo che non può
non partecipare dei pregiudizi del suo
tempo. E in questo può apparire
ancora più autentico ed accattivante.
Una macchina del tempo ancora più
perfetta, se davvero ci sta a cuore
il passato di tutti.
© Paolo Durando
dado.d@libero.it
|
Il paese
senza cielo
Aliberti 2003
296 pag. euro 14,90
ISBN 8874240112
Il paese senza
cielo" è un romanzo
inedito di Giorgio Scerbanenco,
uscito a puntate sull'"Audace",
settimanale di storie e fumetti
dell'epoca fascista. Si tratta
di un romanzo di fantascienza
ambientato nel 2000, fra automobili
ad onde radio e video telefoni
futuribili. Nella fantasia
del giovane Scerbanenco, il
futuro è un luogo in
cui prendono vita intuizioni
postmoderne, come la clonazione,
la distruzione di minoranze
razziali, la guerra chimica.
La storia naviga così
tra Europa e America, in un
terzo millennio carico di
profezie sul nostro presente.
Accompagna l'edizione una
serie di tavole originali
di Beppe Ingegnoli, uno dei
più famosi e riconoscibile
fumettisti dell'epoca.
>>Compra
questo libro su IBS <<
|
|
Ladro contro
assassino
Garzanti 2001
141 pg. euro 7.40
ISBN 8811685052
>>Compra
questo libro su IBS <<
|
|
|
|
|
|