Cronistoria
di un romanzo
Prima
di chiedermi quale fosse il mio
pubblico potenziale, avevo già
iniziato da un pezzo a progettare
l'opera e a scrivere. Dunque non
mi sono mai posto il problema
di raggiungere una grande quantità
di lettori - sebbene, confesso
che non mi dispiacerebbe - ma
ho sperato (forse ambiziosamente)
che la mia operazione letteraria
potesse rappresentare qualcosa
di originale, o quantomeno un
lavoro di qualità, dignitoso
e sincero.
E' stato poi parlando con un amico
che mi è venuto da pensare
ai potenziali lettori. E tenendo
conto del linguaggio sostanzialmente
semplice e scorrevole ma diversificato,
di alcuni riferimenti "dotti",
della struttura un po' fuori dagli
schemi, ho creduto che questo
fosse un libro destinato a persone
con una cultura almeno nella media,
di ogni età, con una strizzatina
d'occhio, forse agli studenti
universitari o ai neolaureati,
poiché alcuni personaggi
principali appartengono a questa
fascia di età e hanno una
cultura universitaria.
Ho iniziato
a scrivere TrePadri nel 1994,
dopo aver letto "Lezioni
americane" di Italo Calvino
e "Sei passeggiate nei boschi
narrativi" di Umberto Eco.
Le riflessioni alla base della
struttura dell'opera, si sono
consolidate attraverso queste
letture, e in particolare, facendo
tesoro degli ultimi capitoli dei
saggi in questione: "Molteplicità"
("Lezioni americane")
e "Protocolli fittizi"
("Sei passeggiate
").
Se è vero che la struttura
è stata progettata a tavolino,
lo stile e soprattutto il contenuto
sono il frutto di spontanea ispirazione,
a tal punto che in seguito l'architettura
della narrazione è variata
più volte per inseguire
ed amalgamarsi con le vicende
ed i personaggi che cominciavano
a vivere di vita propria.
Come sapete, il mercato editoriale
non è generoso con gli
esordienti e la pubblicazione
è arrivata casualmente,
quando ormai non ci credevo più
e dopo che l'opera era stata ultimata
da più di tre anni. In
realtà non mi sono dedicato
a tempo pieno a scrivere, anche
perché non avrei potuto,
e dal '95 al '98 ho sottoposto
l'opera a successive revisioni,
dovute anche al contatto che ho
avuto con lo scrittore Stefano
Benni ed "Ossigeno",
la casa editrice (o collana della
Feltrinelli?) che dirigeva all'epoca.
In una cortese lettera, tra l'altro,
mi scrisse: "tu hai una buona
varietà lessicale, padronanza
delle intonazioni e sfolgorante
fantasia". Tuttavia per ragioni
di tenuta narrativa, ritmo, lunghezza,
ecc., l'opera non risultava pubblicabile.
Quindi ho revisionato più
volte il lavoro, ma senza accontentare
i lettori di "Ossigeno"
che, a dir la verità, erano
leggermente più spartani
di Benni nello scrivermi le loro
risposte. Sicché ad un
certo punto, esausto, ho deciso
di rinunciare e di percorrere
altri sentieri.
Fra le svariate
traversie che un esordiente incontra
nel tentativo di rendere visibile
il suo lavoro, ho un ricordo piuttosto
deprimente della partecipazione
ad un premio letterario con sede
a Torino, che dovrebbe essere
uno dei più prestigiosi
a livello nazionale, tra i concorsi
destinati agli autori inediti.
Ricordo questo episodio più
per riderci sopra che per spirito
polemico. Partecipai all'edizione
del 1999, pagando £. 50.000
per le spese di segreteria. Fui
subito escluso e chiesi, quindi,
di poter leggere il giudizio che
avevano attribuito a "TrePadri".
Dopo numerose richieste, anche
telefoniche, finalmente mi è
arrivata una busta completamente
anonima, ma il timbro postale
"Torino 11.06.99", mi
aveva offerto un esplicito indizio.
La busta conteneva un foglio,
senza intestazione, senza data,
senza un nome, senza firma
solo quattro righe sbilenche stampate
al computer:
"Un ambizioso romanzo diviso
in due parti: da un lato l'autobiografia
di un giovane consulente industriale
che perde il lavoro e decide di
trascorrere le sue giornate nella
sala di una biblioteca studiando
e osservando gli altri frequentatori;
dall'altro, parallelamente, scorre
un romanzo storico d'ambientazione
medievale-conventuale. Le due
parti risultano troppo slegate
e ridondanti."
O il redattore del premio ha avuto
le traveggole, oppure ha effettuato
una lettura quantomeno superficiale
ed estremamente frammentaria.
Andrea, il presunto "giovane
consulente industriale" (in
realtà non lo è)
di cui avrebbero letto una fantomatica
autobiografia, non ha assolutamente
l'intenzione di osservare gli
altri frequentatori della biblioteca
per passatempo. E che vi sia anche
"un romanzo storico di ambientazione
medievale-conventuale", è
tutto ancora da dimostrare
Vorrei concludere con qualche
nota positiva. Esistono, per fortuna,
persone oneste e competenti nel
mondo della letteratura. Oltre
a voi di "Progetto Babele",
che ringrazio per la gentile ospitalità,
vorrei ricordare e ringraziare
almeno due personaggi da cui ho
ricevuto di recente, parole incoraggianti
e spassionate. Mi riferisco al
prof. Francesco Gnerre autore,
tra l'altro de "L'eroe negato"
(Baldini & Castoldi), e al
prof. Francesco Muzzioli che insegna
Teoria della Letteratura alla
"Sapienza" di Roma.
"Dulcis in fundo", allego
una parte della e-mail che mi
ha scritto il prof. Muzzioli:
"La struttura a scatole cinesi
o a cornici concentriche è
utilizzata con consapevolezza
e disinvoltura ironica. Certo,
poi, dentro ci si potrebbero leggere
i contenuti: psicoanalitici (la
questione della "paternità"
che fugge), antropologici (il
mito come materia-base di qualsiasi
racconto), sociologici (lo sfondo
della disoccupazione giovanile),
endoletterari (la biblioteca come
spazio chiuso della ri-scrittura),
ecc. Ma mi pare che il fulcro
della sua operazione risieda comunque
nella tecnica della "svolta":
ogni capitolo riparte da capo,
ripresenta la finzione (il mito)
in un contesto rinnovato, lo ri-rappresenta
da un diverso punto di vista (come
dire: ogni volta estraniato).
Si ha così un meccanismo
di forte ripetizione (la leggenda
che insiste fino a tradursi in
storia e vita reale) e nello stesso
tempo di forte variazione (tanto
che alla fine lo stesso narratore
viene sostituito). Non so quanto
il tutto sia - alle somme - "sgangherato"
(ci vedo, forse di più,
un certo razionalismo "calviniano"),
ma certamente è stimolante
per l'agilità mentale del
lettore, con impedimento di facili
immedesimazioni. Mi fa piacere
scoprire che è rimasto
un certo "spirito costruttivo"
nel campo della narrativa, ormai
preda di sensazionalismi e patetismi
(o solo di "televisionismi"?)".
Enrico Meloni
trepadri@yahoo.it
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