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Marco R. Capelli intervista
FABIO MONTEDURO


“Sei arrivato, finalmente.
Vieni, accomodati.
Lo sai che qui sei sempre il benvenuto.
Dai, parliamo un po’ io e te.
Parliamo dell’orrore.”
(Fabio Monteduro, dalla prefazione di Anima Nera)

Fabio, è un piacere ritrovarsi ancora una volta insieme sulle pagine di Progetto Babele.
Ovviamente, siamo qui per celebrare l’ultimo parto della tua fantasia: “Anima Nera”.
E’, se non erro, il tuo terzo romanzo. Un bel traguardo, sempre la stessa emozione?
Caro Marco e cari lettori di Progetto Babele, è per me un grandissimo piacere ed onore tornare a scambiare quattro chiacchiere con te. Quando lo si fa dopo l’uscita di un mio libro, poi, la cosa non può che rendermi ancora più felice. Sì, hai detto bene, in effetti sono già tre i romanzi in cui mi sono cimentato: “So chi sei …ed altre ossessioni”, che tu conosci molto bene direi, “Avamposto dell’Inferno” ed ora questo “Anima Nera”. Per amore di precisione, va aggiunto però che oltre a questi tre romanzi… personali, chiamiamoli così, ci sono anche altre sei libri che contengono miei lavori. C’è “DazeroaSei” e “Dasetteadodici”, frutto, come “So chi sei”, del lavoro di PB; poi ci sono: “Racconti creativi”; “Racconti in corsa”; “Short Stories” ed infine “Famiglie Assassine”, che come “Anima Nera” è stato pubblicato da Statale11Editrice. Ognuna di queste raccolte contiene un mio racconto più o meno breve. Certo, direi che è una bella soddisfazione, anche se io non riesco mai ad entusiasmarmi troppo per l’uscita di un libro, lo faccio più sapendo quanto ha venduto… e non ne sto facendo un discorso economico, sia chiaro. Il mio piacere è che la gente compri i miei libri e li legga e magari li trovi belli… altrimenti a che serve scrivere? Concludo questa mia prima risposta confutando (mi perdonerai, spero) la tua ultima affermazione: per me questo non è un traguardo, ma un nuovo punto di partenza.

Il lavoro dello scrittore è molto diverso da come lo descrive l’immaginario collettivo... è fatto soprattutto da giorni e giorni (o notti) di duro lavoro, concentrazione, persino frustrazione ed i risultati, quando arrivano, lo fanno con estrema lentezza, goccia a goccia. Tu, però, al terzo romanzo, puoi già considerarti alle soglie del professionismo (o, almeno, del “semiprofessionismo”!) .
Quali sono i tuoi piani per il futuro oppure, se preferiamo porre la domanda in altri termini... come vedi te stesso fra dieci anni?
Ahi, ahi… che domanda. Intando diciamo che spero di esserci, tra dieci anni. Più seriamente posso dirti che mi auguro di poter aver superato la soglia di cui parli (quella del professionismo) perché quello è il mio obiettivo. Se posso permettermi di dirlo, credo anche di meritarlo, considerando ciò che si legge in giro. Chiariamo: non ne sto facendo un punto di superbia e non mi sono di certo montato la testa (non ne avrei motivo). Ne faccio invece un punto di orgoglio, perché ciò che scrivo, piace soprattutto a me… sai, non so quanti scrittori possano dire altrettanto. Quindi: tra dieci anni? Diciamo con almeno altri 5/6 romanzi pubblicati ed un numero molto elevato di persone a cui il nome di Fabio Monteduro non sia del tutto sconosciuto. E poi c’è sempre il sogno più grande, che poi non è un sogno ma un obiettivo: quello che qualcuno giri un film, un film serio, tratto da uno dei miei lavori. Chiedo troppo?

Se rileggo il tuo “Anima Nera”, lo vedo come un lavoro più maturo, il male, pure sempre presente, assume caratteri più sfumati, indefiniti. Si fa meno “concreto” (penso ad esempio alla terribile suora di So chi sei), meno tangibile e si trasforma in qualcosa di più sofisticato: un’entità astratta ma, proprio per questo, immanente, onnipresente, radicata nell’uomo e nel mondo che ci circonda. Il male senza spiegazione, quello che si manifesta attraverso la malattia, la violenza, l’ingiustizia.
Un concetto abbastanza “kinghiano”! Tu sei, per tua ammissione, un fan di Stephen King... in quale misura il maestro dell’horror ha influenzato questo tuo ultimo romanzo?
Devo dirti che di Stephen King, ormai, è rimasto poco… è vero, scriviamo lo stesso genere letterario (lui infinitamente meglio di me) e del maestro che tanto ho ammirato (e ammiro ancora) credo mi sia rimasto soprattutto il marchio di fabbrica, quel modo di scrivere definito cinematografico che fa si che leggendo i miei lavori, si ha l’impressione di vederseli apparire davanti, come guardando lo schermo di un cinema. Poco descrittività, perché sei tu lettore a dover collocare i personaggi creati da me nel contesto che più ti spaventa. Ovvero: posso parlarti di una stanza in una casa abbandonata, ma sarà la tua mente a dover lavorare per creare l’ambientazione più spaventosa… è una sorta di interattività, non credi?
Tornando alla tua domanda, posso dirti che Anima Nera è totalmente un horror… anzi, come si dice oggi, un thriller paranormale. E’ vero, il male presente in questo romanzo è meno definito, meno sfacciatamente presente… ma non è forse nella trama stessa, nel significato di Anima Nera che si cela il vero orrore? Il che, permettimi di affermarlo, è molto, ma molto più terrificante. Anima Nera, in realtà, è il romanzo che stavo cercando di scrivere da sempre… il male come espressione massima… la giusta prospettiva per leggere questo romanzo, credo sia questa: Dio si è fatto uomo in Cristo. Perché Satana, che è la sua controparte, non dovrebbe farsi uomo e scendere (anzi, salire) sulla terra? E’ questa la chiave per capire Anima Nera. Ovviamente non posso aggiungere altro.

“Parcheggiai la mia vecchia auto dall’altra parte della strada, di fronte alla casa di riposo “Angeli della Misericordia”, al numero 1 di via Strada del Casilino, e rimasi a contemplare la costruzione a tre piani, imbiancata di recente, e i tre o quattro simulacri viventi, seduti sotto una specie di gazebo. Erano immobili e silenziosi, increduli di essere finiti lì, dopo una vita di sacrifici, gioie, turbamenti, speranze e delusioni.
Forse ogni persona dovrebbe passare davanti ad una di queste case di riposo… credo che riconsidererebbe molte delle sue priorità.”
(Fabio Monteduro, da Anima Nera)

C’è un’altra caratteristiche che invece è tutta tua, ed è l’intricata situazione familiare dei protagonisti. Famiglie disfunzionali – per usare un termine alla moda – figli incapaci di comprendere i genitori (e viceversa), uomini precocemente invecchiati che sembrano aver costruito una dolorosa barriera tra loro ed il mondo. Qualcosa di autobiografico o spirito d’osservazione?
Niente di autobiograficico, per fortuna. La mia famiglia è normalissima (quanto può esserla una famiglia moderna). Ma per scrivere dei disagi di cui parli nella tua domanda, occorre forse averli provati? Allora potrei affermare di aver conosciuto il diavolo, visto che ne parlo spesso, nei miei libri. La realtà entra spesso nei miei romanzi, questo è vero. Fatti accaduti e raccontati (ci crederesti se ti dico che Angelina, di Anima Nera, è una persona realmente esistita?) diventano terreno fertile, mettono radici e da lì nascono le idee.

“Le cose accadono, e basta”
(F.Monteduro)

Ogni volta che ho il piacere di accostarmi ad un tuo scritto rimango sorpreso più dalle differenze con i lavori precedenti che dalle similitudini. In questo caso la prima cosa che ho notato è l’evoluzione dello stile e della scrittura. Corposo, diretto. Frasi secche che vanno dritte al dunque, trasmettono sensazioni ed immagini senza lasciare spazio a fronzoli inutili. Questo “Anima Nera” è, decisamente, un romanzo compiuto. Un prodotto “professionale”.
Immagino che il lavoro di uno scrittore sia anche questo: evolversi costantemente, imparare, cambiare. E tuttavia vorrei capire se questa evoluzione, nel tuo caso, è una conseguenza naturale dell’atto di scrivere, qualcosa che “è venuto da sé” oppure se sia il frutto di un lavoro consapevole – e faticoso - di affinamento e di autocorrezione.
Da Hemingway a Carver, il rapporto scrittore-editor è più complesso di quanto si supponga comunemente. Tu hai un editor di fiducia?
Beh, più che immaginare questa cosa, direi che tu la sai, visto che sei come me uno scrittore. Quindi capisci bene come le storie in realtà non s’inventano, ma semplicemente sgorgano come acqua da una roccia. Lo so, la similitudine è abusata, ma è esattamente questo ciò che accade a me. Ti dirò di più, quando la storia comincia a piegare in un verso che non è quello che deve essere, ecco che mi ritrovo a cancellare anche qualche decina di pagine, semplicemente perché non era quella la strada che portava alla conclusione del romanzo. Insomma, spero che sia un concetto chiaro, non è semplicissimo da esprimere a parole.
Riguardo ad un edior, devo dire che prima mi affidavo esclusivamnete ad una persona che ora, purtroppo, mi ha un po’ abbandonato… troppi impegni, troppe cose da fare, quando io avrei bisogno di qualcuno che si occupasse di me a tempo praticamente pieno, perché è solo in questo modo che si può arrivare dove voglio. Ma che ci possiamo fare? Io dico sempre: chi mi ama mi segua e chi non mi segue se ne pentirà. Comunque, ci sono altre persone che porgono i loro servigi solo per il piacere di farlo. C’è una mia amica, per esempio, che si occupa soprattutto delle incongruità e delle date e un’altra persona che, invece, si occupa degli errori di ortografia… tengo molto in considerazione le opinioni di chi mi aiuta, altrimenti sarebbe assolutamente inutile fargli perdere tempo.

Scrivere horror è più difficile di quanto sembra, in particolare si corre il rischio della banalità, di cadere nel già detto, nel già visto. Questo tuo “Anima Nera” invece è... dannatamente originale. Ed una volta iniziato a leggerlo, non si riesce a “mollarlo” fino all’ultima pagina. Un consiglio per i giovani scrittori che vogliano cimentarsi in questo genere?
Grazie per il “dannatamente” originale… il termine è oltremodo azzaccato. Ciò che posso consigliare, mi permetto di consigliare, è di leggere il più possibile e rubare tutto ciò che si può a chi è più avanti di te, piccoli segreti che dopo un po’ cominciano ad essere chiari. Non copiare, attenzione, ma rubare segreti. Ogni scrittore ne ha. E’ un po’ come un giovane calciatore che si trova in prima squadra, la cosa migliore che possa fare e vedere come si muove chi gioca da più tempo nel suo ruolo. E poi ascoltare, prendere appunti, sentire tutte le storie, anche le più incredibili, anche quelle che vengono definite leggende metropolitane. Guardare film di genere (anche i più stupidi) perché lì potrebbe trovarsi il piccolo seme che germoglia nella nostra mente. Per dire: il mio nuovo lavoro (un poliziesco/horror intitolato semplicemente Jodi… che mi auguro qualcuno pubblicherà, prima o poi) è nato vedendo un telefilm in TV, mi immaginavo che avrebbe preso un direzione, invece se ne andato da tutt’altra parte. Intorno a questa diversità è nato il mio nuovo romanzo.

Si nota una notevole attenzione per i dettagli, ed un buon lavoro di ricerca. Trovo brillante soprattutto il gioco di enigmi ed il modo, non banale, in cui vengono risolti dal protagonista. Anche questa è tecnica, in un certo senso, e fa parte di quel 90% di sudorazione di cui parlava Oscar Wilde (Writing is 10% inspiration and... 90% perspiration). Come lavori quando prepari una nuova storia? Sei un metodico, che prepara una scaletta accurata, si documenta, suddivide le “scene” e la trama e poi inizia a scrivere o un istintivo, che si mette alla tastiera e poi lavora alla storia per revisioni e raffinamenti successivi?
Corrado Guzzanti direbbe: è la seconda che hai detto. Il mio è istinto puro e semplice. Come ho detto, idea di base e poi giù a scrivere e se sbaglio strada, torno indietro, cancello e ricomincio. Spesso, credimi, nemmeno io so dove la storia andrà a parare e mentre la scrivo ho la stessa curiosità di chi la legge. Come ha detto qualcuno, scrivere è come creare una statua da un blocco di marmo: è tutto già all’interno, basta trovare la strada giusta e togliere ciò che c’è in più.

Come concili il lavoro dello scrittore con quello “vero” (leggasi: quello che paga il mutuo)? Detto fra noi, per me è un dramma, mentre lavoro penso che dovrei scrivere... e mentre scrivo che dovrei lavorare!
Fortunatamente ho un lavoro (quello che paga il mutuo) che non mi impegna in modo totale. Ti confesso che quando sono in piena trans creativa, qualcosa rubo, al mio altro lavoro… e comunque, quando sto lavorando a qualcosa di nuovo, c’è ben poco che possa fermarmi. Hai presente un tir giù per una discesa?

A cosa stai lavorando in questo momento?
Come ho già detto, ho da poco ultimato la lavorazione del mio nuovo romanzo, Jodi, per l’appunto. Un lavoro che mi ha assorbito per quasi un anno. Devo dire che è un buon romanzo, per certi versi, forse anche migliore di Anima Nera, anche se non sono certo io poterlo dire. Allora diciamo solo che è diverso, perché è un horror ancora più subdolo… massoneria, indagini… insomma chi lo leggerà non potrà non trovare quei riferimenti alla vita reale di cui ho parlato prima. Ultimato Jodi (che è già stato spedito a qualche casa editrice) ho cominciato a scrivere un racconto breve che conto di far diventare un corto cinematografico, in collaborazione con un regista giovane e bravo di Bari. Poi ho in mente di girare io stesso un breve corto in una scuola… di notte… con solo la luce della telecamera… insomma, in stile Blair Witch Project o Caverfield o Rec, per intenderci. Vedremo ciò che esce fuori.

Parecchi progetti direi! Meglio quindi che ti lasci tornare al lavoro, in attesa di risentirci... quando uscirà il tuo prossimo romanzo.
Grazie dell’augurio, sai bene che sarai il primo a saperlo… e ricordate: meglio lasciar sempre una luce accesa, di notte.

Per gentile concessione di Fabio Monteduro
e Marco R. Capelli

 

inserito 14/09/08
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