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Intervista a:
RUGGERO SCALZO


Chi è...
Ruggero Scalzo


R.S. ha 26 anni e vive a Meda, in provincia di Milano.

Laureato in lettere moderne, indirizzo estetico, nell’aprile del 2002, da allora ha fatto varie cose, dall’insegnamento al giornalismo. E' uno dei soci fondatori dell’associazione culturale Ybris (un tempo Casa dei pittori) che organizza eventi culturali e spettacoli.

Ha pubblicato un libro di poesie dal titolo Il sapore delle cose presso la casa editrice Libroitaliano e Il sapore della lattuga con Prospettiva Editrice.

Consigli per gli acquisti? Puntate sulla lattuga, appena un morso…

Treno affollato. Vi chiedete come faccia la bella signora accanto a voi a stare in piedi su quei tacchi a spillo che sembrano più trampoli per gli equilibristi, e come faccia la ragazza in fondo a urlare a tal punto da farsi sentire anche da voi. Starà litigando, forse con il suo fidanzato. È solo per amore che si diventa così. Voi, però, vorreste fare altro. Magari leggere un libro, proprio quello che quel giorno avete dimenticato sul comodino. Oppure quello che volevate comprare ma che poi non avete preso. Per pigrizia, o perché non sapevate quale scegliere. Se fosse così, allora quest’intervista potrebbe dare un nome al vostro prossimo acquisto letterario: “Un morso di lattuga”. Ne parliamo con l’autore, Ruggero Scalzo.

Parlaci del tuo libro Un morso di lattuga (Prospettiva editrice, euro 8).
Scoprire che il mondo si può aprire e rivelarci sentieri invisibili, inedite prospettive, squarci meravigliosi o disarmanti. Questa è la magia più grande: entrare in autentico contatto con le cose, scoprirle nuove seppure conosciute. Uguali e sempre diverse. Il tema ricorrente del libro è quello dell’incontro: tra persone, cose e animali, incontri del mondo con il mondo, in una libera e reciproca apertura di vite, sensi, corpi. Vero incontro è percepire e ritrovare il miracolo e il mistero di cui le cose sono gravide, superando le ristrette definizioni nelle quali spesso sono ingabbiate, verso un approccio più spontaneo e creativo che ci ridoni il nostro posto nel mondo e non sopra di esso, che ci sappia mettere allo stesso livello dell’esistente che ci circonda, in grado, quindi, di ascoltarlo e amarlo. La realtà odierna vede prevalere l'etica del dominio – di persone nei confronti di altre presone o del nostro stesso pianeta – rendendo di fatto impossibile a priori ogni forma di comunicazione e scambio, nell'ottica di assurde e sterili logiche di potere: un'etica che non riguarda solo i governi e la politica, ma sembra essere entrata nelle fibre più nascoste del nostro vivere quotidiano.
È l’incontro nella sua palpitante vitalità che si cerca di manifestare nella varietà delle storie narrate – che spaziano dall’assurda ironia alla triste constatazione – e con l’ausilio di registri stilistici differenti – prosa nuda ed essenziale o espressiva e barocca, linearità di narrazione o spezzatura frammentaria – nel tentativo di dire l’inesprimibile, di potere coglier quell’attimo infinitesimale e stupendo nel quale le cose si rivelano e nascono, pronte per essere gustate e ascoltate, vissute e fatte rinascere, cose ricche e magiche, familiari e allo stesso tempo sorprendenti e inaudite.

La scrittura è una compagna o un’amica e perché?
Forse potrei definirla una di quelle amiche che non frequenti spesso, ma quando c'è bisogno di loro sono sempre presenti, non mancano di offrire aiuto e supporto. Le migliori amicizie non sono quelle basate sulla quantità (le persone che si vedono spesso) ma sull'intensità. Non scrivo molto, però posso dire che la scrittura è in qualche modo sempre presente, nel modo di vedere il mondo. Ogni pagina ha cambiato il mio approccio alle cose: e pensare che spesso si ha l'illusione di potere scrivere quando ormai il quadro delle situazioni è chiaro è ben definito, quando si pensa di avere delle cose da dire e insegnare, mentre è l'atto stesso della composizione a farci scoprire scorci inediti e inauditi.

Il titolo del tuo libro è nato più dalla tua fantasia o dalla tua mente?
È il titolo del racconto centrale della raccolta, una sorta di frammento poetico che ben esprime l'atmosfera dell'intero libro. Inizialmente avevo pensato di scegliere un titolo a parte, originale, che non rimandasse ad alcun pezzo specifico dell'opera; poi, senza un perché preciso, cominciai a "masticare" Un morso di lattuga e mi parve veramente adatto, la scelta migliore. Non solo perché si tratta di un titolo simpatico, senza troppe pretese (ma proprio per questo accattivante e forse più profondo di quanto sembri all'apparenza), ma anche perché fresco, in parte croccante e da "digerire", come gli stessi brani che compongono il libro.

Ti senti di più uno scrittore o un autore e perché?
Sono entrambe definizioni di un certo peso. Non mi aggradano molto e non per un peccato di eccessiva modestia. D'altra parte non penso che ci si possa definire in uno dei due modi solo se si campa di scrittura o si ha un riconoscimento (di pubblico o di critica), però non userei questi termini per me. Dato il mio rapporto con la pagina, mi definirei uno scrivente. Sì, scrivente mi piace.

per gentile concessione di Elisabetta Bilei
e Ruggero Scalzo

 

inserito 19/09/07
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