Matera,
Museo Nazionale d'arte Medioevale e Moderna
della Basilicata - Palazzo Lanfranchi
Brani della sua vicenda d'artista, simboli
del suo credo ideologico. La "terra della
fatica e della misericordia contadina"
rappresentati attraverso le tortuose pennellate
e gli intensi accordi cromatici di Carlo Levi
Continua, alacremente (fino al 10/07/2005),
l'attività espositiva di Palazzo Lanfranchi
a Matera sotto l'attenta gestione della direttrice
Agata Altavilla e del soprintendente, nonché
curatore, Paolo Venturoli. Questa volt l'interesse
ricade su uno dei personaggi più importanti
della storia lucana: Carlo Levi, pittore soprattutto,
ma anche medico, pensatore, politico e scrittore.
Grazie alla Fondazione Levi di Roma, sono
stati affidati al museo materano, in sub-conodato,
199 dipinti e una scultura, che illustrano
non solo il percorso artistico del grande
personaggio torinese, ma anche, attraverso
i suoi copiosi ritratti, la storia del nostro
Novecento. L'esposizione occupa due piani
del museo; l'intero gruppo di opere permette
di ripercorrere l'intero percorso stilistico
di Carlo Levi, dagli anni Venti fino agli
anni Settanta, nel quale confluiscono soggetti
e scene semplicemente abbozzate, senza pathos
e diremo, quasi, "caricaturali",
con una semplificazione formale dei personaggi
e il loro carattere atemporale (Autoritratto
con cappello, Francesca seduta a corpo intero,
entrambi del 1928) ed opere in cui il colore
diventa materico e grosse ed intense campiture
cromatiche invadono e inghiottono la scena
(Natura morta con tanta uva, del 1933, Le
Grazie del 1934, La Santarcangelese del 1936),
evidenziando paesaggi e uomini veri, autentici.
"Ci sono opere belle e opere brutte"-
come ha sostenuto il nipote di Levi, presidente
dell'omonima fondazione, ma tutte, indistintamente,
concorrono a "ricomporre la produzione
in una visione complessa ma unitaria, grazie
anche agli studi che negli ultimi anni sono
stati condotti". Nelle opere di Levi
possiamo senz'altro individuare dei forti
riferimenti alle avanguardie storiche, alle
raffinate decorazioni di Matisse (Piccolo
nudo rosa 1928), al contorno continuo e fluido
alla Modigliani ( Bagnanti (Bello è
veder piovere sui monti) del 1930) alla pittura
intimistica di Van Gogh (Ritratto rosso della
madre, 1930), riprese e consolidate nella
costante ricerca di nuove tematiche, sviluppate
con tecniche o con soluzioni stilistiche tutte
personali. Le vedute urbane, come le piazze
metafisiche dei dipinti di De Chirico diventano
prive di presenza umana o animate dalla presenza
muta di statue poste su piedistalli, Torino
1926 o Strada di Parigi del 1928. Le forme
della natura e dell'abitato assumono tagli
essenziali, semplici, potremo definirle "teatrali"
che ricordano allo spettatore la povertà
e la miseria dei luoghi, delle situazioni,
con la stessa cruda realtà del medico
che si attiene alla realtà dei fatti
senza lasciarsi trasportare dalle emozioni.
"Un
artista colto e raffinato, come ha affermato
Paolo Scalpellini, ricco di dinamismo mentale,
al quale poche misere cose bastano per consentirgli
di esprimere efficacemente dei grandi valori".
Della vastissima produzione di Carlo Levi,
almeno un centinaio furono prodotte durante
gli anni del confino e per molte di loro la
mostra materna rappresenta un "esordio
assoluto". Personalmente sono stata ore
ad ammirare le opere in cui la pasta cromatica
viene usata in funzione essenzialmente espressiva,
traducendosi in "traiettorie ondose,
come la definì l'autore stesso, attribuendo,
quasi, alla linea la facoltà di trasformarsi,
fluire, di distorcersi continuamente in rivoli
informi, inghiottendo i personaggi che teatralmente
vi sono magistralmente inseriti. La linea
cromatica diventa così un continuo
divenire sì che i paesaggi acquistano
spazialità più ampie, meno chiuse
alludendo a una continua circolarità
della visione, come sottolinea la studiosa
Pia Vivarelli. La vista di paesaggi lucani
(Paesaggio di Aliano o Aliano in grigio -
rosa, 1935), i ritratti di fanciulli contadini
(Il Capitano e le volpi, 1935), le inquietanti
immagini di Giulia, la "strega"
di Santarcangelo, ma anche i personaggi legati
all'affettività dell'artista (Marietta,
bocca aperta, gioco delle bocce, 1926; Mamma
e Lelle con ritratto di Vitia, 1929; Lella
vestita di rosso, cappello cloche rosso, 1929;
Riccardo, pigiama a righe rosso e verde, 1929),
proietta, chi osserva, in quegli spaccati
di vita, in un mondo denso di emozioni, suggestioni,
impressioni, mistero di un artista che è
in primo luogo un uomo, riuscendo a "palpare"
l'atmosfera di ricordi che appartennero al
suo vissuto.
© katya madio
"Carlo Levi a Matera - 199 dipinti
e una scultura";
Matera, Museo d'arte Medioevale e Moderna
della Basilicata
Palazzo Lanfranchi, fino al 10 luglio 2005.
Orario di visite: 09.00/13.00 - 16.00/19.00;
lunedì chiuso.
Per informazioni: tel. 0835.333730.
Catalogo: Carlo Levi a Matera - 199 dipinti
e una scultura,
Meridiana Libri Donzelli Editore, Roma 2005.