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Intervista a:
DEVIL BUIO


Chi è...
Devil Buio



Devil Buio è nato a Pistoia nel 1976. Vincitore in concorsi letterari, spirito fortemente critico e libertario, incline al sarcasmo, ha pubblicato il suo primo romanzo, “Ucciderò Gianffranco Fini”, per Edizioni Il Foglio, nel 2004 e “Seduti dalla parte del torto”, per Edizioni Clandestine, nel 2005.

Pagine collegate (possibile minore rilevanza):

(9) Seduti dalla parte del torto di Devil Buio - RECENSIONE
(1) Seduti dalla parte del torto di Devil Buio - RECENSIONE
(2) Ucciderò Gianfranco Fini di Devil Buio - RECENSIONE

Devil Buio… Nome d’arte?
Me lo chiedono in molti. E’ uno pseudonimo con un significato ben preciso che rivelerò l’anno prossimo.

Parlaci un po’ di te. Quanti anni hai? Dove vivi? Cosa fai nella vita?
Ho ventinove anni e vivo nella mia terra natia, la Toscana. Per quanto riguarda quello che faccio nella vita è una domanda alla quale non rispondo mai e, nonostante la simpatia che mi lega alla Tela Nera , alla quale non risponderò neanche stavolta.

Quando e come ti sei accorto della tua naturale inclinazione alla scrittura?
Alle superiori, scrivevo rime e storielle sui professori per divertire i compagni.

Gordiano Lupi nel suo “Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura” ha obbiettato tenacemente sull’utilità dei corsi di scrittura. Qual è la tua opinione a riguardo?
La nascita dei corsi di scrittura risponde ad una precisa esigenza di mercato. Secondo statistiche accreditate il nostro è il paese dove si legge meno ma dove in compenso tutti hanno un romanzo nel cassetto. Questi dati hanno portato l’editoria ad una convinzione ben precisa: i guadagni non si fanno vendendo prodotti ai lettori (che sono pochi), ma vendendo prodotti agli scrittori (che sono molti). Da questa presa di coscienza sono automaticamente derivati tre fenomeni: l’aumento spropositato delle agenzie letterarie, la proliferazione di editori a pagamento che chiedono agli autori contributi esorbitanti per libri che rimarranno negli scatoloni privi di distribuzione, e i corsi di scrittura.
In questi ultimi scrittori più o meno affermati promettono di insegnare le sublimi tecniche della letteratura a tutti. Parliamoci chiaro, da adolescente avevo un amico che bastava che starnutisse e le ragazze cadevano ai suoi piedi estasiate, se starnutivo io si scansavano. Quello che voglio dire è che è come se Rocco Siffredi facesse un corso su come diventare divi del porno: su trenta allievi forse uno riuscirà ad emularlo, per gli altri sono soldi sprecati.

Hai partecipato a molti concorsi letterari?
L’anno scorso ad un paio ed uno fortunatamente l’ho vinto, aggiudicandomi così un contratto di pubblicazione con le Edizioni Clandestine. Quest’anno a qualcuno di più ma sono al momento ancora in corso.

Deluso o soddisfatto? Per quale ragione?
Comunque vada rispetto il verdetto del campo. Quello che conta non è vincere ma trovare almeno una persona tra i giurati che apprezzi realmente il tuo lavoro e si ricordi del tuo nome. Per il resto molti concorsi seguono la logica del Festival della canzone di Sanremo, quelli che vincono sono destinati spesso ad essere dimenticati il giorno dopo.

“Ucciderò Gianfranco Fini” è il tuo primo romanzo. Il titolo fa pensare ad una inevitabilità di censura… Ti ha creato problemi?
In realtà no, ma nutro la profonda convinzione che ciò sia dovuto al fatto che non si sono accorti della sua esistenza. Ogni anno in Italia escono migliaia di libri e dubito seriamente che siano passati tutti al vaglio. Se una grande forbice c’è, credo che questa si trovi nella mani delle case editrici che giudicano in base a parametri principalmente commerciali. Se un libro non è scritto da un nome conosciuto non garantisce quel tot di copie minime in vendita, e allora deve avere perlomeno un argomento che si ritiene appetibile dalla massa o da una nicchia ben precisa. Nel caso degli editori che hanno rifiutato il mio libro credo che sia andata più o meno così:
“Devil chi? Ucciderò cosa? No no troppo diretto come titolo…che vuol dire non è propriamente politico? E’ pulp? Come alcolismo e ultras? E che c’entrano coi servizi segreti? No no, e a chi dovremmo venderlo? Passa al prossimo vai”

La politica, si sa, ha influenzato da sempre e continua ad influenzare l’informazione, i mezzi di comunicazione di massa. Credi che in Italia esista una “editoria di regime” fortemente condizionante?
Se i media in generale, e quindi anche l’editoria, fossero veramente di regime il problema sarebbe meno grave di quello che è a parer mio. Secondo me infatti noi non abbiamo dei media di regime ma dei media dei sergenti. Mi spiego, i sergenti sono tutte quelle figure intermedie ansiose di compiacere il padrone di turno mostrando il massimo zelo. Basta che il potente del momento manifesti un’antipatia nei confronti di qualcuno, e sono questi funzionari a trovare il modo per mandarlo a casa in maniera lecita, non importa che ci sia un ordine preciso. E’ sufficiente che il capo mostri un leggero fastidio per un certo articolo apparso nel quotidiano “x”, e sarà il sottobosco dei sergenti ad attivare i canali giusti per far sì che nessun articolo nemmeno lontanamente simile appaia di nuovo. Se il padrone, come la signora di una vecchia pubblicità, manifesta il desiderio di avere un Bahlsen, saranno gli scagnozzi a mettere a ferro e fuoco tutte le pasticcerie per portargli anche centinaia di panettoni che non ha chiesto. Dico che secondo me questo è ancora più grave, perché con una mentalità simile così diffusa anche cambiando il colore del padrone la musica non cambia.

Il titolo ti ha fatto da guida nella realizzazione dell’opera o lo hai scelto “in fundo”, come consigliano i maestri della scrittura creativa?
Se i maestri lo consigliano avranno i loro motivi. Io l’ho scelto prima, e se il titolo ha dei difetti, e ne ha, non sono certo derivati dalla tempistica.

Quanto hai impiegato a scrivere il romanzo? Hai incontrato difficoltà? Se sì, di che tipo?
Ho impiegato un anno, anche se per la precisione si tratta di due periodi diversi di sei mesi con un intervallo. La vera difficoltà è stato scegliere quali pezzi tagliare, nella prima stesura infatti il libro era molto più lungo.

Nella stesura dello scritto: hai seguito qualche suggerimento? Ci sono state delle tappe?
Purtroppo no. Dico purtroppo perché ho lavorato senza un metodo e questo mi è costato inevitabilmente fatica. Nel secondo romanzo al contrario sono partito con un piano di lavoro preciso e posso dire che tutto scorre in maniera molto più fluida

Nell’opera si nota una certa “laudatio temporum antiquorum”. In realtà, ti consideri: un progressista o un conservatore?
Considero la contrapposizione tra conservatori e progressisti un dualismo naturale, e come tale inevitabile ma anche inutile. Chi è infatti conservatore e chi progressista? Sugli OGM per esempio (che sono un esempio di progresso tecnico e come dice la parola dovrebbero essere ben visti dai progressisti) la Sinistra oppone a livello internazionale un fermo rifiuto, mentre la Destra liberista e addirittura la Chiesa fanno aperture. Si potrebbero fare altri esempi come questo dove le parti si sono ribaltate, ma non è questo il punto. Io non spaccio verità assolute e sui singoli problemi ho idee che possono coincidere con questo come con l’altro schieramento. Quanto alla lode dei bei tempi andati fa parte della natura umana, specie in questo periodo storico dove le certezze (lo stato sociale, il posto di lavoro) e le chiare appartenenze (le ideologie) sono alle spalle, mentre davanti si stende un orizzonte ancora incomprensibile ai più.

Questa scelta di campo ha influito sulla tua scrittura?
Questa “non scelta” di campo ha influito sicuramente sulla mia scrittura ma influirà ancora di più (probabilmente in negativo) sulla possibile diffusione dei miei scritti. Quando ti leghi idealmente ad un gruppo, politico o religioso che sia, diventi automaticamente “simpatico” ai suoi componenti e questo facilita il tuo ingresso in tutti gli ambienti dove il suddetto gruppo ha influenza. Quando invece, come nel mio caso, rifiuti l’etichettatura, nessuno ti considera “uno dei suoi” e tutti ti avvertono come elemento estraneo.

Le Edizioni Il Foglio ti hanno dato qualche consiglio? Per esempio, sull’impostazione grafica della copertina?
Per la copertina hanno fatto tutto loro, me l’hanno proposta ed io ho accettato. Non è molto poetico ma è andata così.

L’humour sul grottesco del romanzo mi sembra molto spontaneo. Rispecchia, forse, il tuo carattere?
In realtà sono molto peggio. Se il sarcasmo fosse una disciplina olimpica salirei sul podio ogni quattro anni.

Essere riuscito a pubblicare un libro, indubbiamente, ha rafforzato la tua autostima. Ha modificato, in qualche modo, il tuo rapporto con gli altri?
A dire il vero la mia autostima non è vincolata alle mie vicende editoriali. Pubblicare un libro non è difficile, il problema è pubblicarlo con qualcuno che abbia una effettiva rete di distribuzione e la volontà reale di promuoverlo. Per quanto riguarda poi il mio rapporto con gli altri ti dirò che il 90% delle persone che mi conoscono non sanno niente di Devil Buio, e alcune che ne hanno sentito parlare non sanno che quello pseudonimo corrisponde a quella persona che loro conoscono nella vita reale. Lo so, mi diverto male, ma sono fatto così.

Il tuo lavoro di prossima pubblicazione?
Esce proprio a luglio per le Edizioni Clandestine e si intitola “seduti dalla parte del torto”, non è pulp come il mio primo lavoro ed è più squisitamente fantapolitico.
E’ la storia di un equivoco tragicomico, dove un paesino della campagna toscana diventa il nuovo obiettivo della campagna Enduring Freedom. La piccola comunità viene infatti accusata di dare copertura ad una cellula di fondamentalisti islamici, e un gruppetto di pensionati, usi di solito a passare le loro giornate giocando a briscola, si ritrova a barricarsi dentro la chiesa del paese per far fronte all’attacco dell’esercito più forte del mondo. Attraverso le storie e i commenti di accusati e accusatori, la storia si svolge tra spunti umoristici e drammatici nelle dodici ore che precedono lo scadere dell’ultimatum americano.

Curi molto lo stile? Quale consiglio, a proposito, puoi dare a chi si accinge, per la prima volta, a scrivere un racconto o un romanzo?
Nel mio primo libro non ho curato molto lo stile volutamente, vista l’ambientazione, nel secondo ci ho lavorato un po’ di più. In ogni caso non credo di essere al livello di chi può dare consigli in merito. Posso però riportare un consiglio attribuito al grande Hemingway da Sepulveda in uno dei suoi libri. Secondo lo scrittore cileno il buon Ernest diceva sempre che una parola in meno non cambia il senso di un romanzo, una in più può distruggerlo. Un elogio dello scrivere asciutto.

Qual è il tuo genere preferito? Il tuo scrittore preferito?
Non ho un genere preferito, in tutti i campi della letteratura ci sono capolavori e cose discutibili. Il mio libro preferito è indubbiamente “Candido” di Voltaire, mentre lo scrittore che più mi affascina non ho potuto fare a meno di citarlo già, il grande Hemingway.

Scrivi anche racconti?
In genere no anche se mi è capitato. La mia autentica passione è per i post, i brevi articoli che si pubblicano sui blog. A tal proposito approfitto per dire che Devil Buio, prima di essere uno scrittore, è un blogger, e lo si trova regolarmente all’indirizzo https://devilbuio.blog.tiscali.it

Cosa potrebbero fare, secondo te, le case editrici per stimolare e sostenere gli scrittori esordienti?
Sono pessimista in materia. Non sarebbe male se cominciassero con piccoli passi, per esempio iniziando ad usare un minimo di buona educazione.

Un consiglio per uno scrittore alle prime armi.
Ho un motto di origine orientale, “non esaltarsi per le vittorie, non deprimersi per le sconfitte”. La miglior cosa da fare è disilludersi subito sul mondo dell’editoria e della cultura in genere, dopodiché vivere la scrittura come l’hobbista vive il modellismo. Tranne rarissimi casi con i libri non si diventa né ricchi né famosi. Chi scrive sognando la gloria e solo perché un foglio bianco e una penna sono alla portata di tutti che smetta quanto prima, meglio che indirizzi le proprie energie sulle prossime selezioni per il Grande Fratello.

In questi ultimi anni le scuole hanno incentivato la lettura di opere di autori esordienti. Cosa ne pensi?
Penso che tra i professori di scuola ci devono essere un sacco di autori esordienti. Ecco il sarcasmo.

Quali progetti per il tuo futuro “da grande”?
Qualcuno ha detto che nella carriera di uno scrittore ci sono necessariamente tre tappe, ovvero, giovane promessa, solita cagata e vecchio trombone. Il mio primo progetto è adoperarmi affinché Devil Buio resti lontano da questa triste parabola.

Intervista già pubblicata su www.La TelaNera.com.
Per gentile concessione di Simonetta De Bartolo e Devil Buio

 

inserito 19/06/07
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