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di pb
Lorenzo Trenti
FANTASTICANDO
Due parole sui giochi di narrazione
Secondo Sterne "definire è diffidare".
Arduo, dopo un'osservazione del genere, inquadrare
con una singola definizione esauriente un passatempo
che si sta diffondendo anche in Italia, e non
solo tra gli addetti ai lavori. Per ora possiamo
chiamarlo "gioco di narrazione" e
liquidare temporaneamente Sterne con una sincera
scrollata di spalle.
Sì, ma cosa sono i giochi di narrazione?
Di che si tratta?
Senza troppe sorprese, si tratta di giochi che
hanno come scopo la narrazione di una storia.
Detta così sembra una cosa molto semplice;
e in effetti lo è!
A qualcuno verranno in mente i giochi di ruolo
- non quelli per computer, bensì quelli
che si fanno attorno a un tavolo dove un arbitro
o "master" descrive una vicenda avventurosa
a un gruppo di giocatori che, interpretando
alcuni personaggi calati in un'ambientazione
fantastica, interagiscono con un intero mondo
inventato, prendono decisioni, risolvono enigmi.
I giochi di narrazione sono parenti abbastanza
stretti dei giochi di ruolo tradizionali, di
cui condividono molti elementi (uno su tutti
la creazione collettiva di una storia); ma se
ne differenziano per il fatto che le regole
dei giochi di narrazione non descrivono tanto
il mondo di gioco (quanto è forte un
drago, quanto è veloce un orco), bensì
tendono a fornire ai giocatori delle strutture
creative che li indirizzano verso un particolare
tipo di storia. Una rapida panoramica su alcuni
giochi, reperibili con facilità nei negozi
specializzati, chiarirà le idee.
Prendiamo per esempio C'era una volta, edito
in Italia da Unicorn. Il gioco si presenta come
un mazzo di carte contenente gli elementi tipici
delle favole: re, regine, principesse, streghe,
castelli, paludi, tesori, rapimenti, trasformazioni
e via dicendo. Una categoria particolare di
carte riporta poi diversi finali su ognuna di
esse: dal classico "... e vissero sempre
felici e contenti" a "... scomparvero
e nessuno ne sentì parlare mai più".
Il gioco consiste appunto nel raccontare una
favola collettiva sfruttando gli elementi delle
proprie carte e cercando di condurla verso il
finale che si ha in mano; alcuni semplici meccanismi
permettono di passare il turno di narrazione
(per esempio se chi sta raccontando nomina un
elemento che compare tra le carte degli altri
giocatori). Il bello è che il gioco,
pur essendo blandamente competitivo, è
in realtà un bellissimo esempio di cooperazione:
C'era una volta funziona perché i partecipanti
sono interessati a raccontare assieme una storia
affascinante e divertente più che a calare
una carta dietro l'altra. C'è maggiore
soddisfazione a introdurre elementi e svolte
nella storia che facciano ridere tutti quanti
piuttosto che vincere in modo noioso e scontato:
lo stesso piacere, immaginiamo, che poteva provare
un antico cantore di fronte a un pubblico che
apprezzasse il suo racconto. Questo gioco è
ovviamente adattissimo anche in contesti educativi
e con fanciulli e ragazzi, ma non si creda che
si tratti banalmente di giochi per bambini,
anzi: dietro al regolamento si indovina una
profonda consapevolezza degli antecedenti critici
e letterari, dalle funzioni di Propp a Il castello
dei destini incrociati, in cui Calvino in fondo
non faceva altro che giocare a C'era una volta
usando un mazzo di tarocchi.
Avere ascendenze "alte" nei classici
della letteratura è quasi una costante
nei giochi di narrazione: forse deriva dalla
voglia di entrare giocosamente nella letteratura,
scoprirne i meccanismi e le convenzioni, smontarli
e rimontarli. Un altro classico nel panorama
è per esempio lo splendido Gioco di ruolo
del Barone di Munchausen, scritto dal Barone
stesso (!): un divertente escamotage che a sua
volta scimmiotta un topos della letteratura
(ossia fingere di avere ritrovato un antico
manoscritto) e che rende l'agile libriccino,
edito da Rose & Poison, una lettura estremamente
divertente. Il gioco ricrea magistralmente lo
stile delle storie di Raspe: i partecipanti
impersonano infatti una tavolata di nobili europei,
boriosi e smargiassoni, in vena di raccontarsi
le più incredibili panzane per la ricompensa
di un bicchiere di vino; solo che lo spunto
viene dato a ogni giocatore dal suo vicino di
sinistra! Tali tracce, di cui il manualetto
riporta una lista ricchissima ed esilarante,
possono essere del tipo: "raccontateci,
Barone, di quella volta che sconfiggeste l'intero
esercito dei Turchi mercé un solo pezzo
di pane raffermo" o "riferiteci, Duca,
il motivo per cui ad Anversa ogni nato maschio
porta il vostro nome". Chi è di
turno inizia a raccontare la propria storia,
mentre gli altri partecipanti, dotati di apposite
monete, possono sfidarlo e introdurre alcuni
elementi nella sua storia; se da un lato questo
costituisce un ostacolo, dall'altro invece è
un ottimo metodo per aiutare un compagno che
non sappia come procedere, offrendogli un nuovo
elemento da cui continuare. In questo caso si
mostra una volta di più quanto i giochi
di narrazione stimolino la cooperazione e la
capacità di costruire una storia collettiva
e divertente per tutti.
Ci sono moltissimi altri giochi in grado di
soddisfare anche i palati più raffinati.
Un sistema ormai decennale ma supportato tuttora
con canovacci sempre nuovi è l'italiano
On Stage! - il gioco dell'attore, ideato da
Luca Giuliano e pubblicato da DaS Production.
Si tratta di un vero e proprio metodo di improvvisazione
teatrale ambientato nel mondo di William Shakespeare:
qui il gioco di narrazione si fonde a quello
di interpretazione, con i giocatori che si aggiudicano
all'asta le singole scene della partita e giocano
a fare gli attori, portando la storia dell'Amleto
e dei classici del Bardo verso esiti diversi
dall'originale. Pur avendo alle spalle un mastodontico
lavoro di analisi dell'intero corpus scespiriano,
il metodo è estremamente duttile e ne
sono stati fatti adattamenti per storie di ogni
tipo - dal ciclo arturiano a Victor Hugo, dai
Promessi Sposi a Guerre Stellari; come se non
bastasse, si presta benissimo essere non solo
raccontato ma anche giocato in piedi, tanto
che ne sono state realizzate diverse versioni
teatrali, con il pubblico a decretare il successo
o il fallimento di certe azioni tramite alzata
di mano. Vi offriamo infine una piccola anteprima
relativa a un altro gioco italiano ancora inedito,
ma già circolato presso i convegni nazionali
di giocatori suscitando grande entusiasmo in
tutti coloro che l'hanno provato: si tratta
di Sì, Oscuro Signore, di Max Enrico
e Fabrizio Bonifacio. La premessa è tanto
semplice quanto geniale: quando i deformi servitori
tornano con le pive nel sacco dal proprio Oscuro
Signore (tipo il Sauron de Il Signore degli
Anelli e relativi epigoni), che gli raccontano?
Che scuse accampano per motivare i loro insuccessi
di fronte al manipolo degli eroi? Il gioco si
basa proprio sullo scaricarsi il barile a vicenda,
arrampicandosi sugli specchi per addurre le
scuse più implausibili; un semplice mazzo
di carte fornisce gli elementi creativi da cui
partire per raccontare le proprie disgrazie.
Insomma, quello dei giochi di narrazione è
mondo molto vasto e ricco di proposte interessanti,
anche in Italia: non serve impararsi tomi e
tomi di regole e sono alla portata anche di
chi snobba i giochi da tavolo più canonici.
Per chi volesse approfondire l'argomento due
buoni punti di partenza sono il sito VALIS.it
e la comunità di "gioc-attori"
del Flying Circus, reperibile presso www.flyingcircus.it.
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