Il 19 Maggio, al Lingotto, ha chiuso i battenti
la XVI edizione della Fiera Internazionale del
Libro di Torino. Edizione record, almeno per
quanto riguarda i "numeri": 175.000
presenze, diecimila in più rispetto all'anno
precedente, con ben 25'000 visitatori professionali,
ben seimila in più rispetto al 2002.
Non male per un settore, quello dell'editoria,
che sta scontando la peggiore crisi da vent'anni
a questa parte, almeno secondo quanto riferiscono
i portavoce delle più importanti case
editrici, arrivando a lamentare cali delle vendite
che arrivano all'ordine del quindici percento.
Tempi duri, quindi, per chi ha un manoscritto
nel cassetto; vale la pena di seguire il consiglio
di Catullo: lasciarcelo, il manoscritto nel
cassetto. Almeno per qualche anno ancora. Sia
quel che sia, e nonostante i tempi duri, la
Fiera è stata un vero evento che ha potuto
vantare anche le visite "a sorpresa"
di Bono e di Gorbaciov. Ovviamente anche PB
aveva il suo inviato. Anzi,no, ne aveva tre
(più uno). MRC
IVAN VISINI
Passeggiando per la Fiera del Libro (Torino
17 maggio 2003)
Della mia brevissima incursione alla Fiera
del Libro di Torino, sabato 17 maggio, non dimenticherò
soprattutto una cosa. Il profumo.
Si, quel profumo di carta ed inchiostro che
intenso si prende tutto lo spazio della fiera,
per riuscire ad attaccarsi addosso a chiunque.
Un meraviglioso profumo di libri, tanti e tanti
libri e riviste, sicuramente impossibile visitare
tutto in un breve pomeriggio.
Entro, nella prima sala, e mi dico che davvero
è immensa, certo, prima di vedere tutto
quello che in realtà nasconde alle sue
spalle. Infatti ero sulla punta di un iceberg.
Dietro al banco informazioni inizia il viaggio,
rappresentato dalle biblioteche, ricavate tramite
scaffali che fungevano da pareti. Nel mezzo
di questi paradisi, innumerevoli tavolini erano
assediati da persone in fase di lettura. Tutto
pieno. Gente in piedi e gente seduta, ed ognuno
con libri, in mano o borse che li contenevano.
Seguo prima di tutto il mio naso, e lascio qua
e là un po' di volantini di Progetto
Babele, e sorridendo penso che sicuramente qualcuno
li leggerà e ci verrà a trovare
on line.
Quindi proseguo lungo il tragitto che costeggia
le biblioteche e vedo alla mia sinistra gli
stand degli assessorati e di tutti gli uffici
riguardanti la cultura, dai libri alle mostre
fotografiche, ai musei, alle località
d'Italia ed oltre.
Mi guardo in giro e spargo un altro po' di manifesti
della rivista, sempre in posizioni strategiche,
e altri ragazzi mi riempiono le mani di altrettanti
volantini pubblicitari di varie manifestazioni
e diversi libri, negozi, case editrici, reparti
musicali e cinematografici. Allora metto tutto
nello zaino e mi rendo conto che ho un appuntamento.
Si! Devo andare a conoscere Alda Teodorani,
scrittrice di libri horror che gentilmente ci
ha lasciato pubblicare un suo racconto e ha
risposto ad un lunga intervista, tra l'altro
fatta dal sottoscritto.
Così mi guardo un po' attorno e cerco
una mappa del centro fiera, per potermi muovere
più rapidamente. Bene, una volta trovato
Addictions sull'elenco degli espositori, memorizzo
le coordinate e parto alla ricerca dello stand.
Passo davanti a tutte le case editrici, Mondadori,
Laterza, Arcana, Stampa Alternativa etc., e
ad ognuna mi soffermo ad osservare, i libri,
li prendo, li guardo, leggo un po', gli addetti
agli stand sono sempre gentilissimi e mi chiedono
se ho bisogno di informazioni, che sorridendo
sono dispostissimi a dare a chiunque. Pubblicizzano
ogni opera ed ogni loro autore, sondano i gusti
delle persone per poi direzionarli. Propongono
nuove letture, e tutti i lettori chiedono ed
ascoltano, e fanno come me
prendono in
mano i libri e li fanno scorrere, alcuni sembra
che ne annusino anche il profumo e sorridendo
acquistano questo e quell'altro, riponendo tutto
negli zaini e nelle borse. Come al supermercato.
Passo davanti ad un'area dove una ragazza sta
leggendo davanti ad un piccolo pubblico, un
brano d'un libro, e mi soffermo ad ascoltare,
ed osservo. Osservo ogni cosa, ogni particolare
di questa full immersion cartacea. Ed allora
mi dico, rassicurandomi, che le persone non
hanno smesso di leggere. Uomini, donne e bambini
sembrano divertiti davanti a tanto materiale.
Riprendo il mio micro viaggio ed oltrepasso
lo stand esclusivo sul Canada, e mi rendo conto
che devo essermi perso talmente è caotico
l'ambiente.
Mi rimbocco allora le maniche, ed alzo gli
occhi, scorgendo guarda caso il cartello della
sezione di Addictions, che fortuna! Un rapido
giro attorno agli stand che non mi interessano
ed ecco Alda che parla ad un possibile lettore.
Si perché alcuni scrittori e collaboratori
della redazione erano dietro al bancone a vendere
i propri libri, e la cosa era davvero carina.
Prima di farmi riconoscere ho guardato tutta
l'esposizione, lentamente, ero emozionato
arrivo davanti a lei e la saluto facendomi riconoscere.
Poi mi invita a fare il giro del bancone e mi
fa accomodare su uno sgabello accanto a lei,
così iniziamo a chiacchierare un po',
e parliamo della fiera, e di altre cose, ed
io sono molto emozionato ed osservo tutto, lei
e gli altri scrittori, nonché parte della
redazione composta da ragazzi molto simpatici
di cui faccio la conoscenza. Lei mi presenta
praticamente a tutti, o quasi, e ad ognuno parlo
del Progetto Babele, lasciando a loro il volantino,
sorridono e fanno complimenti, qualcuno mi dice
di conoscere Paolo Durando di nome, cioè,
di averlo letto e comunque faccio un po' di
pubblicità a tutti e spiego come lavoriamo
in redazione in cerca magari di qualche consiglio.
Loro approvano e concordano su molti punti,
ad esempio la scarsa reattività dei lettori
e la quasi disperata voglia di alcuni a farsi
esclusivamente pubblicare senza mai leggere
null'altro. Io sono catturato dalla curiosità
ed osservo le persone che prendono con mano
i libri, e sorrido quando una donna è
interessata a "Belve" di Alda e lei
scappa subito a parlarle, che sempre disponibilissima
conclude la vendita. Allora ho pensato che dev'essere
una gioia poter vendere un proprio lavoro in
questo modo, guardando in faccia colui che sarà
il tuo lettore, colui che saprà cosa
hai scritto e che voleva, in quell'istante,
proprio un tuo libro. Sorrido, e l'aspetto,
lei torna contenta e ci rimettiamo a parlare
un po' e mi indica persone che stanno fuori
dallo stand dicendomi i loro nomi, e così
vedo che faccia hanno alcuni scrittori ed alcuni
"grandi capi".
Mi fa ascoltare un po' di musica, e le lascio
alcuni miei lavori da leggere prima di fare
un salto insieme allo stand di Stampa Alternativa,
in cerca di qualche libro "gratis"
da recensire, anche lì vedo alcuni suoi
libri che lei mi consiglia di leggere come se
fossero libri di un altro, così io, sorridendo,
ironicamente le dico: "Mah
non saprei
questa scrittrice
" ;-).
Ed infine la riaccompagno da Addictions, al
suo stand, perché purtroppo è
giunta la mia ora, cioè l'ora di andare
in stazione a prendere l'ultimo treno disponibile.
La saluto e la ringrazio, ed anche lei mi ringrazia
e mi dice che leggerà i mie lavori e
ci sentiremo via mail.
Così, sorridendo me ne vado verso l'uscita,
lasciando gli ultimi volantini di Progetto Babele
sorridendo e ripromettendomi di esserci anche
l'anno prossimo, magari più organizzato,
in modo da vedere tutta l'esposizione e poterne
fare una recensione più dettagliata,
e soprattutto di fare un po' di compere.
Ivan Visini
this_twilightgarden@libero.it
CLAUDIA CONTARINI
Alla fiera del libro io ci sono stata solo
qualche ora sabato pomeriggio. Troppo poco per
scrivere un report dignitoso, ma abbastanza
per riportare qualche impressione.
La prima è stata che un po' sembrava
di essere alla Fiera di Novegro, insomma, una
cosa abbastanza buttata a casaccio, con stand
lussuosi per le case editrici principali e banchetti
del mercato per le piccole.
La seconda impressione riguarda l'atmosfera.
E l'atmosfera mi è piaciuta moltissimo,
c'era aria di festa, allegria, un continuo riconoscersi
e salutarsi, come se fosse appunto una festa
di paese, di un paese piccolo, dove più
o meno ci si conosce tutti. E che paese! Poterci
abitare davvero...
Ho visto Pinketts scontrarsi e salutarsi con
Vinicio Capossela e non avrei saputo dire chi
dei due era più ubriaco, Matteo B. Bianchi,
con addosso una maglietta nera con su il coniglietto
di Playboy che mi ha presentato Matteo Bordone
(conduttore di Dispenser), che si aggirava con
una maglietta di Paperino. Happy hour allo stand
di Minimum Fax, con libri al 50%, birra e una
discreta folla intorno. E tanti stand di case
editrici di cui non avrei saputo immaginare
l'esistenza.
Se fossi stata di Torino ci sarei tornata anche
la domenica.
Claudia Contarini (claudia_contarini@hotmail.com)
VALENTINA DELVAI
LIBRI, LIBRI, LIBRI
Distese di libri a perdita d'occhio, che invadono
il Lingotto con diverse forme, fogge e colori.
Uno spettacolo che sarà sicuramente piaciuto
ai tanti lettori giunti a Torino da ogni parte
d'Italia, intenti a gironzolare per l'annuale
Fiera del Libro.
Un appuntamento che sempre più si conferma
proficuo ed importante, tanto per gli addetti
ai lavori quanto per i semplici curiosi.
Un appuntamento ricco di eventi ed incontri,
con un occhio particolare - in un periodo di
guerre ed incertezze politiche globali come
quello che stimo attraversando ora - alla pace.
Declinata, questa si, in diverse gradazioni:
dagli incontri di approfondimento sulla difficile
situazione internazionale, all'attenzione ed
alla sensibilità che diverse case editrici
hanno dedicato alla cura di opere di approfondimento
su questi temi.
Un occhio alla pace che, allo stesso tempo,
va al di là dei dibattiti a cui abbiamo
assistito e dei libri che abbiamo letto.
Durante la Fiera, personalmente, ho percepito
l'attenzione e l'educazione alla pace che vanno
avanti nella quotidianità, per mezzo
della cultura e dell'informazione. Con la consapevolezza
del fatto che i libri, la conoscenza, la riflessione
su noi stessi e sulle culture diverse dalla
nostra devono essere i primi alleati per la
costruzione di una pace duratura. Perché
il mondo non può andare avanti con opposizioni
nette, e possiamo sperare di costruire un vero
progresso solo con il ragionamento ed una dialettica
costruttiva, cercando di dare a tutti gli strumenti
per affrontare cambiamenti e nuove sfide con
maturità e consapevolezza.
Un'edizione della Fiera, dunque, che ho voluto
vedere in un'ottica di impegno, pensando che
da parte di molti c'è la volontà
di stare all'erta, ragionare autonomamente e,
ove possibile, aiutare gli altri a fare lo stesso.
Un'edizione, al di là di queste osservazioni
personali, che ha visto una presenza massiccia
di piccoli editori. E' bello vedere che ci sono
ancora tante buone idee e tanta gente pronta
a scommettere su autori e titoli sconosciuti
ai più; un appuntamento come quello torinese
sarà stato sicuramente utile tanto a
loro, che spesso nelle grandi catene di librerie
faticano a trovare visibilità, quanto
a noi lettori, che abbiamo finalmente avuto
un panorama completo dell'editoria italiana.
Valentina Delvai (valentina.delvai@tin.it)
FABRIZIO VENERANDI
Andare alla fiera del libro serve per capire
che scrivere non è una cosa così
importante, che gli scrittori sculettano come
tutti gli altri venditori, e che gli editori
sono la versione alfabetizzata dei piccoli imprenditori,
con lo stile -spesso- dei piccoli commercianti.
Ci sono diversi tipi di editori. Potremmo dividerli
inizialmente in due grandi classi: la classe
della quindicina di editori che -in una normale
libreria- marchiano come buoi il 95 per cento
dei libri che arrivano al pubblico dei lettori;
e la classe dei restanti 200 editori che non
contano un cazzo e che se hai un loro libro
in casa è perché qualcuno (l'autore
del libro di solito) te lo ha regalato.
Gli editori veri e quelli che vediamo se siete
veri editori, non credo. Nella prima classe
ci sono i vari mondadori, feltrinelli, einaudi,
eccetera eccetera, che tengono le loro scuderie
belle fresche e i cui scrittori sono le uniche
cose che attirano un po' di pubblico dei lettori
desiderosi di vedere dal vivo la bionda ed efebica
scrittrice -uh- canadese che vi firma i libri
dalle 17 alle 17 e trenta. Gente che si veste
come in fotografia e che gira disneyana circondata
sempre da uno stuolino di -uhm- appassionati.
Nella seconda classe c'è di tutto.
Ci sono editori che stampano venti opere di
narrativa all'anno, senza nessuna linea editoriale,
cani accanto ai porci aspettando ossi e ghiande
rispettivamente, non si prendono la briga di
promuoverli, non spendono una lira per diffonderli,
perché a loro (editori), fondamentalmente
di questi testi non importa un cazzo, perché
i soldi questi (editori) li fanno raccattando
le varie collette degli stessi autori del libro
che -disperati- si comperano le copie dei loro
stessi libri per spedirle a critici e giornalisti,
e raccattando altre ugualmente tristi collette
di amici e conoscenti e parenti che versano
il loro obolo a questo poveraccio che scrive,
dàì, comperiamogli il libro.
Ci sono editori che fanno le riviste di letteratura
dove, nelle riviste di letteratura, ci trovi
dentro gli stessi scrittori che stampano nella
loro collana di letteratura, collana che ha
la stessa diffusione della rivista, il bollettino
parrocchiale di sant'olcese ha più lettori
ho detto tutto. Ci sono poi gli autori di questa
ridda di microeditori che girano fieri del loro
targhettino a barre nerette, che indica il loro
bel NOME E COGNOME che vuol dire, noi siamo
scrittori, noi siamo colleghi di Baricco o di
Umberto Eco facciamo lo stesso mestiere, e invece
non sanno che sono solo effetti collaterali
di un mercato furbetto ed alienante.
Gente che viene lì e mi dice che adesso
che lui stampa per la vattelapesca editore,
adesso la vattelapesca editore mica se o lascia
scappare lui autore, e che adesso che lui autore
è famoso si può permettere anche
certe cose e io penso che manco mi ricordo il
nome, non so neppure come si chiami questo autore,
adesso che è famoso.
E più cammino su questo tappeto rosso
infernale che fascia l'ambiente cubicolato da
fiera del radioamatore, più vedo le copertine
in quadricromia che mostrano nome e cognome
e figura per un ipotetico enorme cimitero in
attesa di misericordiosi lumini, più
mi sento schiacciato dal mio nome, dal mio cognome,
dal mio targhettino, dal mio finto editore,
dalla consapevolezza -alla fine- che scrivere,
essere uno scrittore e pubblicare, sono tre
cose completamente diverse che hanno ben poco
in comune, se non il fatto di doversi scambiare
un po' di informazioni interattive, un po' come
cuore, intestino e buco del culo.
(Aggiungerei, se la cosa non fosse un po' equivoca,
che io sono comunque interessato al buco del
culo)
FABRIZIO VENERANDI
Per gentile concessione dell'autore, pubblicato
per la prima volta sul forum de www.maltesenarrazioni.it
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