Presentazione brevissima.
La lingua italiana, oserei dire, è
una lingua strana. Secondo il Leopardi è
la lingua dei poeti, denotando l'inglese come
lingua scientifica e il francese come lingua
degli amanti.
Ma perché, l'italiano sarebbe la lingua
dei poeti?
Probabilmente anche a causa (o per merito?)
del "popolo" italiano stesso, che
da sempre ha eletto l'arte a ideologia. Infatti,
ogni uno di noi, nel parlare, nel contrattare,
nello scherzare usa non solo il linguaggio
"costituito" ma tutto se stesso:
il corpo, il cervello e il cuore.
Ecco perché, forse, l'Italia è
terra fiorente d'artisti, ma anche di umoristi.
Già, gli umoristi. Gente che gioca
con il senso e il non senso dei vocaboli,
per dare vita ad un terzo senso: traslitterazioni
di pensiero. Di solito, dico che un senso
e un non senso danno IL doppio senso, ma in
questo cosa, evito di dirvelo.
E, tornando all'italiano, questo modo di esprimersi
disconnesso, creato con i giochi di parole,
si potrebbe chiamare italiano "correggiuto".
L'italiano "corregiuto". E' quello
che ti permette di dire ad un amico "stasera
cosa ti mangi?" e via con i sensi: "sono
indeciso tra il piede destro e il sinistro"
e viene più facile notarlo decontestualizzando
la frase: "mi apri?" ad esempio,
assume tutt'altro significato messo qui oppure
nel dialogo, tra due persone, al citofono
e potrei continuare all'infinito
ma
in fondo, con questa rubrica è di ciò
che vorremmo, cioè io, occuparci(mi).
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Numero cardinale ordinale preposizionale:
uno; In principio fu il verbo, dopo divenne
avverbio, articolo e preposizione.
Ma come nasce la locuzione "Non confondere
le acque"?
Quando il Mar Rosso si aprì dinnanzi
a Mosè
Sì!
Dio, affacciatosi da una nuvola, osservò
la grande opera di Pietro, il Santo tre volte
già gallo. Lo chiamò forte e
gli chiese il motivo di quella spartizione
e Pietro, con il viso turbato e preoccupato,
rispose: "era solo per farlo passare".
Dio, in tuta e la sua bontà, con lo
sguardo stanco e una strana espressione perplessa,
guardò negli occhi Pietro, che quel
giorno aveva dimenticato di mettere le ali.
"Ma come? le hai perse?" -gli urlò
contro.
Mosè aveva finito la regata e, giunto
al traguardo, fece segno con le mani al mare,
per ordinargli di richiudersi. Gli ebrei,
soliti a seguire Mosè in ogni cosa,
fecero lo stesso e, utilizzando l'energia
interiore, riuscirono a far chiudere il mare.
Pietro, osservando quella strana faccenda
esclamò: "non così... fai
confondere le acque"
...e difatti un violento tifone si scatenò
sulla terra. Le nubi s'addensarono in un solo
punto del cielo e vennero i lampi e vennero
i tuoni
provocando, quello che
oggi chiamiamo diluvio universale.
Dio, guardò ancora una volta Pietro
basito e gli chiese: "che tu fai? anche
le metafore hai imparato a fare?" e da
quel giorno, non solo il mare si chiama (e
non da solo) Rosso, divenuto di quel colore
per la profonda vergogna; ma ogni volta che
qualcuno crea turbini e tempeste viene a galla
questa locuzione.
larga
e la foglia,
stretta
la via
voi
dite la vostra
ma
è sempre megli'à mia.
Per concludere in bellezza la rubrica delle
frasi che odiano l'eroina, ovvero (s)fatte,
vorrei proporvi una riflessione su lapsus
freudiani
Vi è mai capitato di invertire il complemento
di moto a luogo con il complemento di fine?
Eccone un esempio:
Il primo caffè del
giorno
Entrai in un caffè e chiesi un bar
fermi tutti! C'è qualcosa che non va
già! Ho fatto splach.
Ho sbagliato! Ricominciamo da capo.
Entrai in un bar e chiesi un caffè.
(eeh! Non ho fatto splash, che bello).
Dopo tre minuti, circa ero servito e riverito
dal barman; presi una bustina di zucchero
e la misi nel caffè, sccccch. Avvicinai
la tazzina alle labbra e
che schifo!
Osservavo galleggiare la bustina dello zucchero.
Accidenti a me!
Ho sbagliato ancora, ricominciamo da capo.
Entrai in un bar e chiesi un caffè.
Non misi lo zucchero, lo preferisco amaro,
oggi! Sollevai la tazzina e la avvicinai alle
labbra. - Ce l'ho fatta - Boom!
Uno scemo mi ha toccato il gomito, così
ho i calzoni sporchi e
aah! Il caffè
scotta
ah!
Tutto da rifare, ma stavolta andiamo con calma.
Entrai in una tazzina e bevvi il caffè.
La grande tazzina era diventata una tazza
o, meglio, un tazzone. Quando aprii le labbra,
per sorseggiare il primo goccio di caffè,
mi sentii sollevare in alto. Mi ritrovai seduto
su un cucchiaione diretto verso la bocca dell'orco
cattivo. 'Annacc' i guai.
Ripartiamo.
Entro in un bar e chiedo una bustina di zucchero.
Oggi non mi va il caffè e poi, almeno,
mi s'addolcisce la giornata.
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