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LE INTERVISTE
DI PB
Gordiano
Lupi intervista
Giancarlo Narciso
Giancarlo
Narciso è
autore che non ha bisogno di presentazioni.
Pubblica da anni romanzi di spionaggio
su Segretissimo, edito da Mondadori, sotto
lo pseudonimo di Jack Morisco, ha vinto
il Premio Tedeschi (1998) con Singapore
Siling, il Premio Scerbanenco (2006) con
Incontro a Daunanda, due romanzi inseriti
nella trilogia di Rodolfo Capitani che
si completa con Le zanzare di Zanzibar.
Luigi Bernardi sceglie un romanzo breve
di Giancarlo Narciso per continuare la
serie di autori noir italiani nella elegante
collana Babelesuite, che dovrebbe vincere
un premio per la cura editoriale e il
progetto grafico. Ho avuto modo di apprezzare
Santanta di Danilo Arona (un vero autore
horror italiano), Duri di cuore di Alfredo
Colitto (un noir duro alla Scerbanenco),
ma anche altri nomi della collana sembrano
affidabili: Piergiorgio Di Cara, Elisabetta
Bucciarelli e Loriano Machiavelli.
Appena terminata la recensione di Unombra
anche tu come me, ho deciso di avvicinare
l'autore e fargli qualche domanda...
Giancarlo, vuoi parlarci di questo romanzo?
Mentre lo scrivevo non sapevo ancora come sarebbe
finito e, in parte, non lo so nemmeno ora, perché
la storia è vista dagli occhi di Jack
che non è un testimone del tutto attendibile,
preso com'è dalla sua ossessione misogina.
Daniela non è così assolutamente
cinica e perfida come si potrebbe pensare, è
una donna con disturbi della personalità.
Nicola non è lo stinco di santo che dice
di essere. I due si meritano reciprocamente.
Non anticipiamo il finale. Cosa racconta
la storia e da dove deriva l'esigenza di scriverla? La storia racconta lo strano rapporto di
Jack con le donne. Le sue paure coperte dal
tono sicuro con cui parla di loro. Lui comincia
a fare il duro, della serie, io da questa qui
non mi faccio fare fesso, anche se è
lei che lo paga, per cui è in posizione
subordinata, ma mano a mano che si allontanano
dai posti turistici è lui a riprendere
il sopravvento, visto che è la guida
e la donna ha bisogno della sua esperienza.
Il protagonista ti somiglia un po' Ho volutamente fatto confusione creando
un personaggio dalla biografia quasi identica
alla mia (a parte la Folgore, ma mi serviva
uno che sapesse sparare, la pistola era necessaria)
e con il mio stesso nome, in modo da riproporre
al lettore il dubbio che non tutto quello che
si racconta in un libro è vero, ma è
solo deformato. Se Narciso racconta di essere
il personaggio di una storia non vera, allora
anche il personaggio forse non racconta tutte
le cose come stanno ma solo come le vive lui,
allora anche Daniela e Nicola raccontano una
realtà deformata. Insomma: la realtà
non è mai come la si racconta, non può
esserlo.
Il futuro della narrativa italiana è
nei generi letterari? Non mi sembra di scorgere significativi
segni di cambio all'orizzonte rispetto al passato,
il genere è vivo e vegeto e svolge la
sua funzione accanto a una letteratura che invece
cerca di svincolarsi dai cliché. Che
ci riesca è un altro paio di maniche.
Per uno scrittore italiano è così
difficile uscire dai cliché narrativi?
Un italiano deve necessariamente scrivere un
giallo ambientato in provincia? Credo che il giallo di provincia sia alla
frutta. Ce l'hanno rigirato in tutte le salse
e ha davvero stancato.
Meglio l'edicola o la libreria? Dovendo scegliere, la libreria, anche se
l'edicola fa numeri che in libreria nemmeno
si sognano. Ma se vai in edicola non vieni recensito
ed è quasi impossibile venire tradotti
in altre lingue. L'ideale sarebbe uscire prima
in libreria e poi in edicola in una collana
economica, come certi editori fanno.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Da un lato uscire dal genere con un romanzo
di ampio respiro e dall'altro restare nello
spionaggio usando l'esperienza maturata per
raccontare intrighi italiani. Ho già
fatto un primo tentativo nel racconto uscito
sulla antologia Legion di Segretissimo, in cui
pur usando il mio personaggio seriale di Banshee,
lo collegavo alla realtà politica italiana,
nella fattispecie agli anni di piombo. Mi affascina
l'idea di usare agenti del Sismi come personaggi
positivi, tipo Calipari, invece del solito stereotipo
d'operetta dei bombaroli stragisti e golpisti.
Penso per esempio a una storia che ponga la
questione del perché, per salvare certi
ostaggi, si mobilita l'intero paese pagando
a volte prezzi pesantissimi (e non parlo di
soldi, vedi il caso Sgrena o quello del giornalista
rapito in Afghanistan dove l'interprete è
stato lasciato a morire) mentre ci sono altri
ostaggi per cui non si muove un dito, come i
casi recenti in Africa. Qual'è il ruolo
dei servizi di intelligence in queste storie?
Ci sono ostaggi di serie A e di serie B? E se
sì, perché?
Non perdiamo di vista Giancarlo Narciso,
perché questa idea mi sembra molto interessante!
Per gentile concessione di
Giancarlo Narciso
e Gordiano Lupi
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