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LE INTERVISTE
DI PB
Morena
Fanti intervista
ERALDO BALDINI
Eraldo Baldini è
nato a Russi, in provincia di Ravenna,
nel 1952 e ora vive a Porto Fuori (Ra).
È scrittore, saggista e sceneggiatore.
Dopo essersi specializzato in Antropologia
Culturale ed Etnografia, ha pubblicato
numerosi saggi sulle culture tradizionali
e sul folklore. Contemporaneamente si
è dedicato alla narrativa, soprattutto
nel campo della letteratura noir, gialla
e del mistero. Nel 1991 ha vinto il Premio
Mystfest di Cattolica col racconto Re
di Carnevale. In campo narrativo ha pubblicato
tra le altre cose Mal'aria (Frassinelli,
1998); Faccia di sale (Frassinelli, 1999);
Gotico rurale (Frassinelli, 2000); Tre
mani nel buio (Sperling & Kupfer,
2001); Terra di nessuno (Frassinelli,
2001); Bambine (Sperling & Kupfer,
2002); Medical thriller (Einaudi, 2002)
insieme a Carlo Lucarelli e a Giampiero
Rigosi; Bambini, ragni e altri predatori
(Einaudi, 2003); Nebbia e cenere (Einaudi,
2004); Come il lupo (Einaudi, 2006). Ha
scritto anche un romanzo per ragazzi (L'estate
strana, EL, 1997) e uno per bambini (Le
porte del tempo, Walt Disney, 2001). Suoi
racconti compaiono in diverse antologie
di noir, di giallo e di mistero. Le sue
opere sono tradotte all'estero da importanti
editori.
Nei libri di Baldini le nuvole sembrano
un branco di pecore nere spinte dai cani e le
foglie nella brezza cambiano voce e paiono farsi
più nervose, come se sussurrassero segreti
che non si debbano raccontare.
Le cose acquistano anima e carattere come gli
esseri umani, e le persone sembrano perdere
la loro anima umana.
La scrittura di Baldini è spietata e
avanza senza tema di ferire.
E, sorprendentemente, leggendo non si rimane
feriti.
Perché in fondo, già sapevamo
di questa parte oscura della nostra anima ed
è proprio questo che ci affascina e intimorisce
nello stesso tempo.
Studioso di Antropologia Culturale e Etnografia,
Baldini si dedica alla scrittura creando le
sue storie inquietanti tra i nostri vecchi ricordi,
tra il sentito dire e le leggende dei boschi,
in un clima denso e nebbioso che lascia intravedere
e presagire il nero, il non conosciuto, il temuto
e lorrore che cè in ognuno
di noi.
Le sue storie, allapparenza semplici
molto spesso storie di vita contadina e di comunità
rurali -, stringono e spingono, attraggono e
intimoriscono nello stesso tempo, in un cerchio
di buio e timori sussurrati da cui è
difficile uscire. Sono storie che non si possono
lasciare finché non si arriva allultima
pagina. E anche allora, sono loro a non lasciarci.
Non del tutto. (M.F.)
Il lato oscuro dellanima
si fa scrittura un colloquio con Eraldo Baldini A cura di Morena Fanti
Stephen King dice che la storia da raccontare,
quella che uno scrittore si accinge a scrivere,
è un materiale informe da rifinire e
portare alla luce: un materiale che esiste già
dentro di noi. Questa frase mi ha fatto pensare
alle sue storie, alla materia grezza e a volte
antica, da cui lei parte per raccontarci chi
possiamo essere, chi abbiamo a volte dentro
noi. Quando lavora a una sua opera, pensa mai
alle storie che crea come se fossero vecchi
reperti da ripulire? Se dovessi usare una metafora, un paragone,
preferirei considerare le storie come fiumi
carsici che scorrono sotto (dentro?) di noi,
pronti ad uscire quando si scava un poco per
offrire loro un pertugio da cui emergere; fiumi
capaci persino di trovarselo da soli, il varco
attraverso il quale irrompere nella mente per
poi chiedere allo scrittore di avere forma.
Per la scrittura del suo romanzo Come
il lupo, in cui racconta di Elisa, una
bambina malata di epilessia, si è documentato
molto su questa malattia, sui metodi di cura
fino quasi a sentirsi un po medico
e sui sintomi della medesima, per poter
descrivere le crisi che aveva la bambina. Dopo
una preparazione così complessa, lazione
dello scrivere, diventa come un calarsi nella
parte, quasi lo scrittore fosse un attore che
recita un ruolo a teatro? Sì, in effetti mi sono documentato
molto sullepilessia, perché quando
si parla di malattia e di dolore non si può
improvvisare, non si può essere superficiali.
A quel punto, quando si scrive, un po
ci si cala nella parte, un po si cerca
di mantenere il distacco necessario
per essere una efficace voce narrante. In un
certo senso, comunque, come lattore anche
lo scrittore deve diventare a volte altro
da sé.
Il
lupo è una figura che ricorre spesso
nei suoi libri. Ha un puro significato simbolico
o deriva da radici storiche della nostra cultura? Entrambe le cose. E ovvio che i significati
e i ruoli simbolici del lupo, che è allo
stesso tempo forte e sfuggente, libero e confinato
lontano, amabile e temuto, sono importanti;
ma la di là di questi esiste un animale
che fa parte della nostra storia e del nostro
presente, un segno di continuità della
natura e della vita.
In Terra di nessuno i protagonisti,
quattro amici reduci della Grande Guerra, si
trovano in un bosco nell'alto Appennino e sono
coinvolti in un crescendo di eventi inquietanti
e il loro rapporto si altera fino a rovinarsi
del tutto e a far sì che i quattro sospettino
luno dellaltro. Forse i mostri che
crediamo di vedere e sentire sono sempre dentro
di noi? Sono dentro e fuori di noi. Nello specifico
del libro, il mostro vero è
quello della guerra, dalla quale chi vi ha partecipato
non torna mai completamente, non si libera mai
del tutto, tanto che i fantasmi oscuri della
paura, della morte, del dolore si ripresentano
implacabili.
Molti scrittori e tanti editori snobbano
i racconti, i primi forse perché pensano
ai racconti come ad una letteratura minore
e i secondi perché pensano vendano poco.
Lei, invece, sembra amare questa forma del raccontare.
E così? Sicuramente. Trovo che la forma racconto
offra potenzialità enormi, tutte da giocare
su unidea forte. Scrivere storie brevi
e allo stesso tempo efficaci e compiute non
è facile, e chi considera questa forma
come minore sbaglia. Io, sia come
scrittore che come lettore, adoro il racconto,
ed è davvero un peccato che gli editori
non la pensino, spesso, allo stesso modo.
Parlando di feste e folklore, una delle
cosiddette nuove feste è quella di Halloween.
Ci sono molte discussioni attorno a questa festa
che molti dicono importata e non
affine alla nostra cultura. Dal libro Halloween,
che lei ha scritto insieme a Giuseppe Bellosi,
si evince, invece, che questa festa ha sempre
avuto tradizioni importanti in tutte le regioni
italiane. Quanto cè ancora da svelare,
e da raccontare, del nostro folklore? Tantissimo. Oggi i nuovi modelli di vita
e la globalizzazione sembrano spazzare via non
solo tradizioni e culture ataviche, ma persino
la loro memoria e la loro comprensione. A ciò
contribuisce il fatto che gli studi etnofolklorici
languono, mentre sarebbero preziosi, perché
dentro le materie dellantropologia culturale
cè lessenza di tutte le discipline.
Io e Bellosi, dopo il libro su Halloween, stiamo
lavorando adesso ad uno sul ciclo festivo che
va dal Natale allEpifania, e credo che
i lettori non mancheranno di sorprendersi di
ciò che abbiamo trovato nella nostra
ricerca e che esporremo nel volume.
Tutti i lettori vorrebbero trovare, in ogni
libro che leggono, una buona storia sorretta
da una altrettanto buona scrittura, ma non sempre
ciò ci accade. A volte troviamo luna
oppure laltra. E più importante
saper scrivere bene o creare una storia forte
e fantasiosa? In un buon libro, le due cose dovrebbero
marciare di pari passo e sorreggersi luna
con laltra. Senza una buona scrittura
una storia può perdere il proprio valore,
e senza una buona storia la scrittura rischia
di restare un puro esercizio di stile.
Il romanzo Malaria inizia
con un dialogo tra Carlo Rambelli e la moglie
Anna, un dialogo così vero da farci respirare,
insieme al profumo di torta di mele e liquore
Strega, unaria di casa serena,
il tutto in perfetta antitesi con ciò
che si respirerà subito dopo e fino alla
fine del romanzo. Quanto è importante,
in un bel romanzo, saper scrivere buoni dialoghi? Il dialogo è una parte molto importante
in un testo narrativo, e deve essere il più
naturale e vero possibile, deve avere ritmo
e misura. In questo mi aiuta certamente anche
la mia esperienza di sceneggiatore. Un dialogo
stentato, didascalico o improbabile nel linguaggio
e nel tono può sminuire un romanzo, per
cui lo scrittore deve saper ascoltare, per poi
riuscire a dare una voce particolare ad ogni
personaggio.
Ho ancora una curiosità: la Borda
esiste davvero?
Quando un personaggio fantastico è stato
raccontato e temuto da popoli interi e da generazioni
di persone, esiste davvero nel senso che per
quel popolo, per quelle generazioni ha avuto
una fisionomia ed un ruolo. Faccio un piccolo
esempio: per i bambini di oggi Babbo Natale
esiste davvero perché ne
conoscono laspetto, lo attendono, gli
scrivono. Nella loro vita e nei loro pensieri,
dunque, è una presenza in qualche modo
concreta e vera. E la Borda... beh,
quella è meglio non incontrarla.
Per gentile concessione di
Morena Fanti
e Eraldo Baldini
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