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LE INTERVISTE
DI PB
Morena
Fanti intervista
MARCO SCALABRINO
Marco Scalabrino
è nato nel 1952 a Trapani, dove
tuttora risiede.
I suoi principali interessi culturali
sono lo studio del dialetto siciliano,
la poesia siciliana, la traduzione in
Siciliano e in Italiano di autori
stranieri contemporanei e la saggistica.
Ha pubblicato PALORI (Documenta 2000,
Palermo 1997), poesie in dialetto siciliano,
ha tradotto in Siciliano Nat Scammacca
e pubblicato POEMS PUISII (Arti Grafiche
Corrao, Trapani 1999), ha tradotto in
Siciliano le sillogi Okusiksak e Leone
Assiro di Enzo Bonventre pubblicate in
POESIE SCELTE (Palma Editrice, Cecina
LI 2000), ha tradotto in Siciliano testi
scelti di Duncan Glen pubblicati in THREE
TRANSLATORS OF POEMS by Duncan Glen (Akros
Publications, Scotland 2001), ha tradotto
in Italiano Feast of the Dead di Anthony
Fragola pubblicato col titolo Festa dei
Morti e altre storie (Coppola editore,
Trapani 2001), ha pubblicato TEMPU palori
aschi e maravigghi (Federico editore,
Palermo 2002) poesie in dialetto siciliano
con traduzioni in Francese, Inglese, Italiano,
Latino, Spagnolo, Tedesco, ha scritto
il racconto breve in dialetto siciliano
A SUA DISPOSIZIONI, tradotto in Francese
da Jean Chiorboli e pubblicato in Francia
(Albiana - CCU 2002), ha tradotto in Italiano
Eu vivo só Ternuras di Nelson Hoffmann
pubblicato col titolo IO VIVO DI TENEREZZE
(Arti Grafiche Corrao, Trapani 2002),
ha tradotto in Italiano Bagunçando
Brasília di Airo Zamoner pubblicato
col titolo SCOMPIGLIARE BRASILIA (Editora
Protexto, Brasile 2004), ha pubblicato
CANZUNA di vita di morti damuri
(Samperi editore, Castel di Judica CT
2006) in dialetto siciliano, con traduzioni
in Inglese, Italiano, Portoghese.
Collabora con diversi periodici culturali,
cartacei e in rete, nazionali e internazionali.
È componente della equipe regionale
del progetto L.I.R.e.S. promosso dal Ministero
dellIstruzione dellUniversità
e della Ricerca - Ufficio Scolastico Regionale
per la Sicilia, per lo studio del Dialetto
Siciliano nella Scuola www.lires.altervista.org
La poesia come nutrimento dellanima,
ma quando è lanima a nutrire la
poesia affondando le parole nella terra e cercando
le radici in un linguaggio che deriva dal nostro
mondo antico, allora il cerchio si chiude e
nessuno sa chi nutre chi.
La poesia di Scalabrino è la sua terra,
quella terra secca e aspra capace di sorprenderti
con improvvise fioriture gialle che ricoprono
i monti e annullano il resto del mondo.
I profumi senza un nome certo e i colori sconosciuti
altrove, sono individuabili a tratti, come nascosti
tra le parole del Poeta, parole che nulla concedono
e tutto regalano.
Devi affondare in quelle parole, te le devi
sudare per conquistarle, le devi ingoiare, finché
quelle parole saranno tue e tu sarai in loro.
Lanima vera è nel quotidiano non
nelle occasioni eccellenti, e credo che lessenza
profonda del quotidiano sia racchiusa da questi
versi tanto semplici a vedersi, quanto intensi
e sfaccettati a leggersi:
Cumpanaggiu *
Tu un accumpagnamentu
e ju un vattìu
tu lacrimi niuri
e ju cunfetti
tu la sira
e ju
ni li spartemu n tavula
pi cumpanaggiu.
(dalla raccolta Tempu, palori,
aschi e maravigghi)
* Companatico
Tu un funerale
e io un battesimo
tu lacrime nere
e io confetti
tu a sera
e io
li dividiamo a tavola
quasi fossero companatico.
Le opere di Marco Scalabrino rispecchiano
sempre ciò che lui è e credo che
la vera grandezza sia questa: essere per essere
e nulla più. Non scrivere perché
è di moda, per farci guardare, ammirare
e perfino imitare, ma scrivere perché
è tale la spinta interiore che se non
lascoltiamo ne possiamo essere sopraffatti.
Scalabrino è alla continua ricerca del
bello, della Poesia che nasce dalle parole altrui
e che si mostra in altri linguaggi e altre modalità.
Tradurre le opere di altri Poeti non significa
solo tradurre le parole, bensì significa
dare consistenza ai sentimenti espressi e pensarli
come propri.(M.F.)
Poesia, cumpanaggiu
da spartire sul pane della Vita Un colloquio con Marco Scalabrino A cura di Morena Fanti
La poesia è già dentro noi,
come un fossile da scoprire e ripulire dalle
scorie per dargli nuova luce e farlo brillare,
o è uneducazione da curare e migliorare?
In altre parole, si può indirizzare una
presunta vena poetica, o deve già esistere
nel nostro animo? Intrigante limmagine del fossile da
ripulire dalle scorie per farlo brillare, come
parimenti efficace quella, da altri usata, del
petrolio che sgorga irruente e grezzo dai pozzi
da raffinare. Ma, la Poesia, ben più
preziosa che il fossile e il petrolio, non si
lascia ghermire da penne men che degne: esige,
dal poeta suo partner, la piena consapevolezza
di essa, la febbrile incessante ricerca, la
devozione esclusiva. I suoi esiti unisco
la mia voce a tante ben più autorevoli
non sono dovuti al caso, alla gratuita
ispirazione, al falso credo del poeta nascitur;
sono viceversa provento di intelligenza, frutto
di faticosa conquista, ricompensa dellesercizio
giornaliero.
Per molti anni la poesia in dialetto è
stata snobbata dai critici e dai
lettori, come esempio di un modo desueto di
scrivere, un modo che poteva trasmettere solo
valori intrinseci al territorio e quindi non
interessanti se non per pochi addetti. Ora,
invece, si assiste al fenomeno contrario e la
Poesia in Dialetto è molto rivalutata.
Forse questo dipende da un nuovo modo di fare
Poesia e dal fatto che il Poeta tratta argomenti
reali e vivi. Esprimersi in Siciliano è
un modo per arrivare a mostrare sentimenti veri,
familiari ma spesso sconosciuti, un modo di
raccontare sentimenti ed emozioni in una lingua
che si fonde con i nostri pensieri e ne è
essa stessa parte? In effetti, la concezione del dialetto quale
codice dei parlanti di un ristretto consesso
sociale, un codice chiuso, non contaminato e/o
contaminabile, un codice sinonimo di sottocultura,
è stata in passato assai diffusa. Concezione
fondata sul pregiudizio, sulla conoscenza assai
approssimativa di quanto, invece, in esso cè
di bello, di inestimabile, di antico. A sfatare
tale asserzione, a ratificare che il dialetto
si è innalzato alla ricerca di contenuti
e di forme su più vasti orizzonti di
pensiero, sono intervenute, tra le altre,
le accreditate valutazioni storico-critico-letterarie
di Mario Sansone: <Dal punto di vista glottologico
ed espressivo non cè alcuna differenza
essendo la lingua letteraria un dialetto assurto
a dignità nazionale e ad un ufficio unitario
per complesse ragioni storiche>, e di Salvatore
Camilleri: <Il dialetto, per ispirazione,
toni e contenuti, può esprimere tutte
le complesse realtà, tutte le scienze,
in ogni loro essenza, potenzialità, sfumatura,
non in quanto tali ma come patrimonio culturale
che chi scrive consuma nellatto della
creazione.> Per venire adesso al cuore della
sua domanda, lassioma Dialetto = Mondo
è licona che apre alla lettura
della mia poesia, lassunto ovvero che
lessere siciliano è
la dimensione in cui i fatti della mia poesia
avvengono e che il dialetto è lo strumento
che tale dimensione realizza. Ciò
posto, la scelta del sistema di comunicazione
non può che essere dettata a priori:
il sentire siciliano. Il che significa
esprimersi con forme, con spirito, con immagini
profondamente siciliani e non già con
scialbe traduzioni dallItaliano, significa
affrancarsi dal preconcetto che il dialetto
debba unicamente rivolgersi alle piccole cose,
al folclore, al ricordo; il che significa inoltre,
nel mio caso, rendere vibrante testimonianza
del mondo di oggi nella articolazione dinamica
del dialetto di oggi.
Ognuno
sta solo sul cuor della terra. Ma, come
per Salvatore Quasimodo, la Poesia è
al nostro fianco e ci salva. E vero che
la Poesia ci può salvare? Se ci fossero
più anime poetiche, avremmo anche un
mondo migliore o è pura utopia pensarlo? Non ardisco attestare che la Poesia costituisca
la salvezza. E mio avviso,
tuttavia, che essa possa conferire una grazia.
Una grazia, in virtù della quale, arricchire
intellettualmente, spiritualmente, socialmente
lesistenza di quanti toto corde
la praticano.
La pulizia, il rigore del suo dettato poetico,
è frutto di un grande lavoro di ricerca,
o nasce dal suo carattere e dal suo modo di
leggere la Vita? La sua domanda mi offre il destro per affrontare
un tema che, tuttora, avvince buona parte degli
scriventi in Siciliano, quantomeno i più
avvertiti, coloro che cercano di porsi in maniera
seria al cospetto del Dialetto: quello afferente
alla sua scrittura. Ammesso che prima vi sia
stato, non vi è più un criterio
univoco di trascrizione del Siciliano e tutto
è demandato al gusto, al sapere, alla
disciplina degli scriventi. La questione, riproposta
da taluni poeti e letterati nel secondo dopoguerra
del Novecento, non ha sortito il florilegio
di studi auspicato. Nondimeno, in relazione
ad esempio a uno fra i nostri più grandi
poeti del Novecento appunto, Alessio Di Giovanni
che entrambe in epoche successive le frequentò,
gli esperti hanno individuato due grandi aree:
quella del metodo etimologico, che attiene allorigine,
alla derivazione, alla ricostruzione dellevoluzione
delle parole, alla quale per inciso io mi richiamo,
e quellaltra del metodo fonografico, ovvero
della trascrizione fonetica della parlata, benché
questa sempre diversamente modulata da ognuno
dei parlanti. Quanto alla mia poesia, essa punta,
sì, alla pulizia del segno, alla coerenza
ortografica, alle prescrizioni grammaticali
e sintattiche, ma, altresì, intende investire
sulla qualità della parola, sul peso
specifico di ognuna di esse, sulla attitudine
loro a cogliere i nuclei più vitali del
travaglio di pensieri e di sentimenti e discriminare
la realtà dalle apparenze, la concretezza
dai verbosi astrattismi. Il linguaggio pulsa
di locuzioni autenticamente siciliane, sammanta
di una rifondata contemporaneità (e frattanto
mette in risalto lantico vigore, la specifica
pregnanza semantica, il nobile lignaggio del
dialetto siciliano), perfeziona la mia emancipazione
lirico-formale, esprime assoluta aderenza alla
mia Weltanschauung. Talento, allora, consapevolezza,
sudati studi che si combinano al
fine di trasformare lesperienza
in coscienza.
Lei è Poeta, saggista e traduttore.
Quanto è difficile tradurre i sentimenti
di altri rimanendo fedele al loro pensiero e
dandogli, al contempo, una veste lirica conforme? La traduzione di poesia è unoperazione
delicata e complessa, che implica problemi teorici
e pratici non sempre di facile soluzione. Le
difficoltà non devono però
ha rilevato Salvatore Riolo indurre il
traduttore ad arrendersi di fronte a esse, ma
devono piuttosto costituire lo stimolo e il
punto di partenza per la ricerca di nuove e
più avanzate strategie traduttive. Perché
asserisce felicemente Paul Ricoeur
non solo i campi semantici non si sovrappongono,
ma le sintassi non sono equivalenti, landamento
delle frasi non veicola le stesse eredità
culturali. Ad onta del carattere conflittuale,
il traduttore potrà trovare la sua gioia
nella ospitalità linguistica,
nella quale il piacere di abitare la lingua
dellaltro è compensato dal piacere
di ricevere presso di sé, nella propria
casa di accoglienza, la parola dello straniero.
Importante è che vi sia concordanza concettuale.
Tanto che Alba Olmi considera che è lopera
stessa da tradurre a suggerirci i percorsi,
sottolinea che di una trasposizione di testi
si tratta e non di parole o frasi da una cultura
allaltra, esalta liniziativa personale
richiesta al traduttore. La traduzione pertanto
è re-invenzione in certa misura dellopera
prima, è una sorta di star-gate che ci
spalanca laltrui universo, è
Eugenio Montale docet uno dei possibili
modi di fare poesia originale.
Avvicinarsi alla Poesia di altri è
un ulteriore modo di amarla, come riconoscendone
luniversalità, indipendentemente
dalla lingua adottata per scriverla? Avrei voluto scriverla io! Allorquando ci
capita di esclamare ciò in relazione
alla poesia di un altro autore, si dà
prova, come lei felicemente introduce, di amare
la Poesia e se ne riconosce, ben oltre la latitudine,
la vocazione, lidioma adottato, luniversalità.
Nessuno procede da solo né
nella vita, né per i sentieri della poesia;
né mai poeta ha percorso la sua strada
senza avere a fianco altri compagni di viaggio,
altri poeti, senza ricevere e senza dare a quelli
che vengono dopo: sono parole di Salvatore
Camilleri tratte dal suo MANIFESTO DELLA NUOVA
POESIA SICILIANA. Quanto sente come suo questo
concetto, e in che modo lo mette in pratica? Lei cita un uomo, un letterato, un maestro
a me assai caro. Se Giotto non avesse incontrato
Cimabue probabilmente sarebbe rimasto un povero
pastorello, bravo solo a disegnare pecorelle
col gesso. Ogni vero artista, anche il poeta
dunque, nasce con la sua tendenza, ma non lo
sa. Per scoprirla, egli deve incontrarsi con
essa: i cenacoli, i concorsi, gli incontri letterari
possono rappresentare altrettante propizie circostanze.
Non tanto perchè tali occasioni consacrino
i poeti non sono di certo gli scroscianti
battimani di rito o le panciute luccicanti coppe
a laurearli tali quanto perché
esse fanno sì che i poeti possano riconoscersi,
scambiare esperienze, misurarsi gli uni gli
altri, possano, in aggiunta a ciò, porre
i presupposti per un rapporto che attecchisca
sia sotto il profilo artistico che quello umano.
E vero che in Sicilia, più
che nelle altre regioni italiane, cè
questo spirito, questo tendere agli altri nellArte,
che cerca il confronto e la discussione per
migliorarsi? Se è così, a cosa
pensa sia dovuto? I Siciliani non sono migliori né
peggiori di altri. Ciò premesso, in Sicilia,
come in ogni dove, cè parecchio
fervore carsico, sotterraneo. Il confronto e
la discussione cui lei fa cenno sembrano vieppiù,
negli ultimi anni, essersi trasferiti in RETE,
nei siti dellIsola e ovunque nel pianeta,
dove tanti generosi artisti siciliani hanno
trovato ospitalità. Realtà,
quella del WEB, più consona al concetto
di cittadinanza globale, in cui pure lartista,
il poeta, vive, respira, sta immerso, e della
quale non può ignorare problematiche
di nessun tipo e di nessun luogo: se il mondo
crolla, crolla per tutti, lui compreso.
Per gentile concessione di
Morena Fanti
e Marco Scalabrino
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