Cuba
resta per me un luogo dellanima, un
posto dove tornare per ricordare il passato
e programmare il futuro, una pausa alla convulsa
e frenetica vita italiana, un momento di sosta
per tirare il fiato. Ho scritto molto su Cuba
e ho ambientato tante mie storie tra questa
gente che adesso posso dire di capire, pure
se sono italiano. Non ho mai avuto nei confronti
dei cubani un comportamento da burino saccente
che si sente un uomo civile in mezzo ai selvaggi.
E mi dispiace quando sento un cubano dire:
No somos animales. Somos cubanos!.
Non ho nessun bisogno di sentirmelo ripetere
perché lo so perfettamente. Cuba è
per me un tuffo nel passato, un punto e a
capo, un momento di riflessione, una pausa
dovuta, un mojito ghiacciato da sorseggiare
con calma come faceva il vecchio Hemingway.
Cuba è un panorama di palme, banani
e gigantesche ceibas affacciate sul mare che
si piegano sotto la forza dun uragano
tropicale. Cuba è anche i suoi problemi
irrisolti che appena metto piede sullisola
diventano parte di me, non posso fare a meno
di vederli. Non sono Gianni Minà che
visita Cuba passando dalle segrete stanze
del Comandante en jefe, uno dei pochi luoghi
dove va tutto bene e non manca niente, neppure
il superfluo. Non sono neppure un esponente
dei comunisti italiani che rende visita allapparato
del regime. Per fortuna nessuno mi dice cosa
devo riferire una volta tornato in Italia.
Non è un vantaggio da poco
Larrivo
a Cuba
Il
primo impatto con i problemi di Cuba è
allaeroporto José Martí
dellAvana dove passo ben quattro ore
alla dogana per un semplice controllo passaporti.
Non ricordavo questa lunga e penosa prassi
burocratica e mi sento come un pericoloso
imperialista in attesa del giudizio di ammissione
nellultimo paradiso comunista. I poliziotti
della dogana sono ancora più zelanti
con i cittadini cubani che tornano in patria
e per loro il controllo documenti è
così scrupoloso da rasentare il ridicolo.
Chi nasce a Cuba non perde mai la cittadinanza
di origine, salvo rinuncia esplicita, ma allora
i problemi a rientrare aumentano perché
Cuba non riconosce un eventuale passaporto
straniero. Ne consegue che il cubano deve
tenere in regola il passaporto nazionale secondo
le leggi vigenti sullisola che cambiano
a ogni variare dumore di Fidel Castro.
Per ogni cubano che si presenta alla dogana
si perdono almeno venti minuti tra controlli
ossessivi, domande stupide e telefonate a
funzionari del Ministero dellInterno
per sapere se i bolli sono tutti in regola
e se le ultime disposizioni sono state rispettate.
Qualche volta per accelerare la pratica basta
una mancia al poliziotto, ma purtroppo ci
sono anche funzionari zelanti che credono
in quello che fanno (sempre meno) e che pensano
di difendere la Rivoluzione dagli imperialisti
di ritorno e dai vermi traditori della causa.
Una cosa davvero folle che vedo fare nei confronti
dei cubani è la selvaggia operazione
di apertura del bagaglio con relativa confisca
dei beni che non vengono portati sullisola
per uso personale. Un cubano che fa visita
ai parenti non può portare regali dallestero
e lunico modo per aggirare tale assurda
norma è quello di pagare alla dogana
il controvalore monetario dei regali. Per
un italiano la pratica dingresso a Cuba
è più facile, ma io ho qualche
timore dopo che a fine maggio il Miami Herald
ha pubblicato un articolo sulla mia attività
letteraria riguardante Cuba. Fidel Castro
non ha simpatia per chi scrive la verità
sul suo regime e chi gode buona stampa a Miami
non è ben visto a Cuba. In ogni caso
tutto si risolve con quattro ore di coda snervante
davanti allo sportello doganale. Pure io ho
portato un po di regali per la mia famiglia
cubana, ma sono italiano e nessuno mi apre
la valigia. A Cuba la condizione di straniero
è un privilegio, a parte la caccia
che ti dà la polizia appena commetti
uninfrazione al Codice della strada.
Lillegalità
come sistema di vita
Non
so davvero dove Gianni Minà vada a
prendere informazioni sui grandi miglioramenti
economici a Cuba. Forse quando viene sullisola
è ospite di riguardo a casa di Fidel
Castro o di qualche potente funzionario del
regime come Perez Roque. Forse parla solo
con i giornalisti del Granma e con i commentatori
di Cubavision, addestrati come scimmiette
a suonare la grancassa del regime. A Cuba,
come dice Carlos Varela, tutti vogliono
vivere nel telegiornale, luogo virtuale
dove va tutto bene, non manca niente e soprattutto
non serve denaro. Non comprendo come Gianni
Minà e molta stampa di sinistra si
ostinino a difendere una dispotica dittatura
come lultimo baluardo socialista. Qui
il socialismo è solo una facciata,
uno specchietto per le allodole dietro cui
nascondere le troppe cose che non vanno. A
Cuba ci sono enormi differenze sociali dettate
non certo dai meriti personali, ma solo dal
modo in cui un cubano riesce a inserirsi nei
giri più o meno legali del mercato
turistico. Tanto per fare un esempio pratico
facilmente verificabile, una jinetera (prostituta
per turisti) e il suo chulo (protettore) sono
due categorie privilegiate della Cuba castrista,
così come accadeva ai tempi di Batista.
Il governo ha reso quasi impossibile lesercizio
di ogni attività privata, le imposte
sono molto elevate e devono essere pagate
in maniera fissa, indipendentemente dal giro
di clienti che il cubano ha nella sua paladar
(ristorante familiare) o nella casa particular
(albergo familiare). Oltre allimposta
fissa va pagata una sostanziosa percentuale
sugli incassi. Per il cubano lunica
via percorribile resta quella della illegalità
e i traffici a margine degli alberghi di Stato
sono rigorosamente in nero.
Trascorro quindici giorni a Cuba come ospite
di due contadini di Cabañas, un paesino
vicino al famoso porto di Mariel, teatro delle
memorabili fughe del 1980. I miei padroni
di casa sono due mulatti che vivono in una
casa di legno abbastanza grande, che condividono
con un buon numero di maiali, galline, mosche
e zanzare. Da loro non si sta male, se ci
si adatta ai disagi della campagna cubana,
cè pure un bel patio rinfrescato
da enormi piante di almendra, avocado e banani.
Il padrone di casa è un pensionato
che guadagna cinque dollari al mese che non
basterebbero neppure per mangiare un giorno
e allora si ingegna trafficando con benzina
rubata, sigari portati via dalla vicina manifattura
e rum di contrabbando. Non può fare
altro. Per lui lillegalità è
regola di sopravvivenza. La moglie è
una mulatta enorme che mi ricorda Mami di
Via col vento, cucina benissimo unottima
comida criolla a base di pollo, aragoste,
maiale e riso con fagioli neri. Lei è
lanima duna paladar che sforna
abbondanti colazioni al prezzo di due dollari
e che per sei dollari mette in tavola una
cena che prevede aragosta come piatto forte.
Tutto in nero, come da regola. In campagna
vengono pochi turisti e i due cubani non possono
permettersi di pagare imposte allo Stato.
Per questo il padrone di casa ha scelto di
pagare il silenzio della polizia di Cabañas
che riceve una generosa mazzetta ricavata
dal prezzo del mio soggiorno. Per unattività
illegale rischiamo fino a dieci anni di galera.
Ma come possiamo sopravvivere se non rischiamo?
commentano i due cubani.
A Cuba lattività illegale più
praticata è il furto nei confronti
dello Stato per poi rivendere ai turisti.
Rubare allo Stato - padrone dispotico di tutti
i beni materiali - non è moralmente
riprovevole. Lo Stato non concede niente e
paga stipendi ridicoli che vanno da un minimo
di cinque a un massimo di trentacinque dollari
mensili. Tutti lavorano obbligatoriamente
per conto dello Stato perché chi non
lavora viene arrestato come individuo antisociale,
ma lattività svolta per conto
dello Stato non serve per campare in una società
basata sul tenore di vita di un turista europeo.
LAvana e Santiago sono le due città
più grandi dellisola e anche
le più costose, al punto che per un
cubano vivere in posti come quelli è
diventato un lusso. Il governo sostiene di
aver aumentato i salari, ma lo ha fatto in
modo del tutto insufficiente visto che la
paga minima è salita da sei a nove
dollari mensili. Lo stipendio massimo tocca
i trentacinque dollari e lo riscuote solo
chi è addetto alla sicurezza degli
alberghi e delle strutture turistiche. Medici,
insegnanti, ingegneri e infermiere non superano
i venti dollari, a meno che non siano destinati
a progetti speciali allestero e adesso
capita spesso, visto che vanno di gran moda
le spedizioni propagandistiche in Venezuela.
Per questo a Cuba rubare allo Stato non può
essere considerato reato e adattarsi allillegalità
è regola di pure sopravvivenza.
Favelas
cubane
Un
giorno decido di visitare un albergue avanero
nel barrio de La Yucca e mi vengono a mente
le favelas brasiliane. Il regime riunisce
negli albergues tutti coloro che per i motivi
più disparati rimangono privi di casa.
Può essere stato un tornado ad abbattere
un edificio fatiscente, ma non sono rari i
casi di sfratto perché la casa viene
requisita per altri scopi. Non è vero
che a Cuba non esistono gli sfratti abitativi
e che tutti hanno il loro appartamento. Tutto
questo è pura retorica di regime che
spesso viene ribadita anche su certa stampa
italiana del tutto inaffidabile. A Cuba lo
Stato è padrone di tutti gli alloggi
esistenti e può decidere arbitrariamente
a chi assegnarli e come modificare le varie
residenze. Lesigenza suprema è
quella della Rivoluzione e la libertà
individuale di scelta del domicilio non interessa
a nessuno. Il governo non ricostruisce le
case che crollano, preferisce la soluzione
degli albergues che da provvisoria ben presto
diventa definitiva. Il denaro che entra dal
turismo viene investito solo in nuovi alberghi,
ristoranti e villaggi, edificati senza regola
in combutta con le più selvagge multinazionali.
Il popolo non conta niente nellultimo
paradiso socialista e i senza tetto possono
vivere negli albergues come La Yucca, una
sorta di grande piazzalone recintato con filo
di ferro e palizzate e composto da una serie
di piccoli appartamenti in cemento o in legno.
Le abitazioni sono costruite a schiera, secondo
la tecnica del solar, e intere famiglie composte
da cinque o sei persone vivono in meno di
venti metri quadrati. Gli albergues non possono
essere definiti favelas solo perché
il governo è al corrente della loro
esistenza e sa con certezza chi ci vive. Al
tempo stesso però non si può
affermare che le persone che vivono là
dentro siano proprietari di una casa degna
di questo nome. Il governo invece sta pensando
di rendere definitiva tale sistemazione e
di far pagare un affitto a chi vive in un
albergue. Di costruire case vere e proprie
nessuno ne parla, tanto il cubano che vive
in un albergue è a tutti gli effetti
un nullatenente, un povero emarginato dalla
società che ogni giorno deve lottare
con i denti per mettere insieme il pranzo
con la cena. In campagna la situazione non
è migliore e il vanto del regime di
aver dato una casa dignitosa a tutti è
una delle tante menzogne che spesso in Italia
vengono amplificate. La maggior parte dei
campesinos vive in bohíos umidi e malsani,
piccole case di legno con il pavimento di
terra e il tetto di guano (foglie di palma)
che spesso diventano ricettacolo di insetti
dogni tipo. Nessuna di queste case possiede
un bagno e i contadini si adattano con la
tecnica dellescusado allaperto,
una fossa biologica tra una palizzata di foglie
di palma e canne di bambù. Queste sono
le vere conquiste della Rivoluzione Cubana.
Apagones,
libreta e pentole a pressione
Fidel
Castro, durante un discorso televisivo durato
alcune ore, ha annunciato che con la libreta
del razionamento alimentare concederà
ai cubani la cioccolata in polvere, una pentola
a pressione e la risiera elettrica. Tutta
propaganda e pura demagogia. Soprattutto perché
i problemi dei cubani non sono certo la mancanza
di pentole o di cioccolata, ma una situazione
economica sempre più insostenibile.
A Cuba sono tornati gli apagones (black-out
energetici) come dieci anni fa e la situazione
elettrica è a livello di guardia. In
campagna si resta per ore senza corrente e
pure nei quartieri popolari dellAvana
mancano luce, gas e acqua per intere giornate.
Provate a vivere ai Tropici nel mese di luglio
con quaranta gradi allombra e senza
corrente elettrica che poi ne riparliamo.
Congelatori che si fermano e cibo che si deteriora,
ventilatori e condizionatori bloccati, caldo
soffocante in ogni angolo della casa, mosche
e zanzare che prendono il sopravvento. Tanto
per complicare la situazione, quando manca
lenergia elettrica di solito viene sospesa
pure lerogazione di acqua e gas. Di
sicuro dove vive Gianni Minà durante
i suoi soggiorni cubani tutto questo non accade.
I grandi alberghi che ricevono ricchi turisti
stranieri non subiscono interruzioni elettriche
e neppure le case dei potenti del regime sono
a rischio di apagones. Paga il popolo per
tutti, è più che sufficiente,
come da regola base della Rivoluzione Cubana.
Televisione
e stampa cubana
Negli
ultimi anni non è cambiata molto la
situazione di televisione e stampa periodica
cubana. I canali televisivi sono raddoppiati
ma le cose che dicono sono sempre le stesse.
Cubavision resta lemittente principale
che parla solo di politica e organizza buffe
tavole rotonde che durano diverse ore e quasi
sempre vedono Fidel Castro ospite donore.
Piacerebbero a Silvio Berlusconi le mesas
redondas di Cubavision, perché al confronto
Porta a porta di Bruno Vespa diventa il massimo
dellinformazione pluralista e indipendente.
Qui parla solo Fidel, mentre un codazzo di
presunti giornalisti e di servi sciocchi del
potere annuisce sotto lo sguardo annoiato
di un pubblico obbligato ad applaudire. Telerebelde
è unemittente più guardabile
perché si occupa di sport, cinema,
musica e manda in onda pure ottimi filoamericani.
I due nuovi canali culturali sono una sorta
di università popolare per insegnare
in forma semplice lingue straniere, scienze,
storia e letteratura. Pure qui cè
tanta propaganda e dividere il grano dalla
crusca non è un lavoro facile, visto
che la storia della Rivoluzione Cubana la
fa da padrone e il regime cerca di confondere
le idee su quello che è diventata.
La politica resta la cosa più assurda
di un sistema televisivo a base di tavole
rotonde senza dibattito e prive di pluralismo,
dove tutti ribadiscono per ore il medesimo
concetto. Il tema preferito della mesa redonda
è quasi sempre Bush e limperialismo
nordamericano, ma si parla anche dellestradizione
di Posada Carriles, di Guantanamo e diritti
umani violati, della guerra in Iraq e soprattutto
dei cinque cubani che vengono trattati come
eroi della patria per essere finiti nelle
galere statunitensi con laccusa di spionaggio
internazionale. Tutto quello che può
servire a nascondere i reali problemi del
paese viene affrontato e sviscerato con dovizia
di particolari. La stampa è ancora
più ridicola. Granma, Juventud Rebelde
e Trabajadores sono smilzi giornaletti che
da ogni pagina trasudano propaganda. Papel
para limpiarse el siete, ironizzano i cubani.
E la traduzione non pare necessaria.
Un giorno ho letto un lungo e condivisibile
articolo sulla situazione irachena e sui prigionieri
di Guantanamo che vivono nellassoluto
disprezzo dei più elementari diritti
umani. Fidel Castro ha scritto che la
violenza genera solo nuova violenza e che
le grandi potenze dovrebbero cooperare per
risolvere i problemi degli stati più
poveri. Tutto vero. Ma non può
certo dirlo il capo di uno stato che nega
libertà di parola, di dissenso, di
movimento e di circolazione delle idee e delle
persone dentro e fuori dallisola. Non
può dirlo Fidel Castro che ha le carceri
piene di giornalisti e scrittori, colpevoli
solo di essere in disaccordo con la Rivoluzione.
Non può farsi portavoce di libertà
e garantismo chi riempie le galere di prigionieri
politici e li tratta senza alcun rispetto
per le regole umanitarie. Se poi vogliamo
parlare di guerre assurde non occorre scomodare
lIraq e le follie di Bush. Visto che
siamo a Cuba vorrei ricordare a Fidel Castro,
ai suoi soci del Granma e di Cubavision, ma
pure a Gianni Minà, che i cubani chiedono
ancora spiegazioni sulla campagna di Angola.
Tante madri cubane piangono i loro figli mandati
a morire per una guerra incomprensibile combattuta
a oltre novemila chilometri da casa.
Parlando
con i cubani
Durante
il mio soggiorno cubano cerco di parlare con
diverse persone di età ed estrazione
sociale diversa, ma da tutti ricevo le stesse
risposte sulla situazione economica e sociale.
Per i cubani la vita è impossibile,
si vive solo per mangiare, se si comprano
i generi alimentari non resta denaro per vestire,
i generi di conforto sono impossibili da ottenere,
non cè un futuro per i figli
e recuperare il minimo indispensabile per
sopravvivere è unimpresa disperata.
Riporto alcune opinioni omettendo i nomi degli
intervistati per una regola di buona sicurezza,
che conoscendo i metodi della polizia cubana
non pare eccessiva. Un ragazzo di ventitré
anni impiegato nei servizi di sicurezza mi
dice: Sono un privilegiato perché
guadagno trentacinque dollari al mese che
comunque servono a poco. Il cibo è
molto caro, le bevande pure e il salario non
basta neppure per mangiare, di vestire invece
non se ne parla proprio, vado avanti con le
uniformi che ci passa il ministero. Per fortuna
che recupero altri cinquanta dollari al mese
rubando dal magazzino le merende confezionate
e rivendendole per strada a un dollaro luna.
Se mi beccano rischio dieci anni di galera,
ma devo pur vivere e se fossi pagato il giusto
non lo farei. Io sono un gran lavoratore,
uno che non si risparmia e che è sempre
disponibile, però vorrei vedere i frutti
del mio lavoro invece di essere costretto
a rubare per sopravvivere. Mi accorgo che
a soli ventitré anni ragiono come un
vecchio, ma non cè futuro in
questo paese e quando non si ha fiducia nel
domani si invecchia presto. Oggi ho avuto
un incidente con un auto e ho danneggiato
la bicicletta in modo irreparabile. Non so
davvero come farò a comprarne una nuova
per andare a lavorare.
Un pensionato di sessantacinque anni che vive
in un albergue mi fa un discorso simile. Lui
ha vissuto la Rivoluzione sin dalla prima
ora.
Il problema più grave è
il costo della vita, perché ai tempi
del blocco socialista si trovavano generi
alimentari a basso costo. Adesso invece non
esistono più i prezzi politici e tutto
deve essere comprato in pesos convertibili.
Pochi prodotti vengono concessi con la tessera
del razionamento, ma con una libbra di riso,
quattro uova, un pugno di fagioli e un po
di caffè non si sopravvive.
Il pensionato parla di pesos convertibili
definendoli con il buffo appellativo di chavitos,
una finta moneta che i cubani hanno così
ribattezzato storpiando il nome del presidente
venezuelano Chavez. Il peso convertibile è
parificato al dollaro (oggi vale euro 1,07)
ed è entrato in vigore quando sono
cominciati gli accordi bilaterali tra Cuba
e Venezuela. A Cuba la fantasia popolare non
ha limiti.
Un contadino di Cabañas mi confida:
Oggi la situazione è molto dura,
forse come ai tempi del primo periodo speciale
(1990 - 93, nda). Solo che allora non si trovava
roba da mangiare e non cera denaro,
oggi si trova di tutto ma a prezzi altissimi,
fuori dalla nostra portata.
Il mio padrone di casa mi confida: Io
e mia moglie affittiamo una camera per dieci
dollari al giorno ai pochi turisti che si
spingono in campagna. Abbiamo due camere e
quando ci sono gli stranieri dormiamo insieme
sopra un divano. Arrotondiamo vendendo benzina,
sigari e rum di contrabbando. Con i miei cinque
dollari di pensione al mese andrei poco lontano
.
La moglie si raccomanda: Quando torni
in Italia fai pubblicità alla casa
e manda i tuoi amici che saranno accolti bene.
Io rispondo di sì ma lo so che non
sarà facile convincere un italiano
a passare una vacanza a Cabañas, tra
maiali vaganti, capre, mucche al pascolo,
galline, mosche e zanzare. Gianni Minà
non ci verrebbe di sicuro. Lui è abituato
alla suite presidenziale di Fidel Castro.
Vista la situazione mi propongo di lasciare
meno denaro possibile alo Stato, un vero padrone-ladrone,
e di comprare ciò che mi serve direttamente
dai cubani. A Cuba per strada puoi trovare
di tutto: rum, sigari, benzina, roba da mangiare
e la lista potrebbe continuare. Io risparmio
parecchi chavitos e loro qualcosa risolvono.
Compro una scatola di sigari per appena trenta
pesos, pure se lo so che sono rubati e che
in Italia questo si chiamerebbe contrabbando.
A Cuba è unattività illecita
necessaria.
Un trafficante di sigari mi spiega come fa
uscire la merce dalla fabbrica. Io lavoro
in una manifattura e ogni giorno indosso un
lycra aderente sotto i pantaloni da lavoro.
Quello è il mio sacco da riempire.
Appena posso infilo qualche sigaro nel pantaloncino
e li faccio uscire con me, tanto lo so che
i sorveglianti perquisiscono solo le tasche
e la borsa. Non basta rubare i sigari, devo
portare via anche il sigillo di Stato, la
garanzia e i pezzi di legno o cartone per
comporre la cassettina. Si tratta di un lavoro
molto rischioso e tutto si semplifica solo
se un addetto alla sorveglianza fa parte della
banda.
Se questa è la situazione cubana va
da sé che mi sento in colpa ogni volta
che sono obbligato a comprare un oggetto in
un negozio di Stato. Qui la morale si capovolge,
perché so bene che il denaro incassato
dallo Stato non ricade neppure in piccola
percentuale sulla gente e non serve a risolvere
i problemi quotidiani. E allora mi presto
al gioco del mercato clandestino, una delle
poche forme di sopravvivenza. Mangio in paladares
illegali, dormo in una casa non registrata,
compro sigari e rum di contrabbando, faccio
incetta di libri usati per le case dei cubani.
Dare una mano a questo popolo senza aiutare
chi li governa diventa un punto donore
per tutta la durata del mio soggiorno cubano.
Passa
luragano Dennis
Il
governo cubano, pur dispotico e totalitario,
presta grande attenzione alla sicurezza del
suo popolo, anche se non comprendo perché
non lo mette in condizioni di risolvere il
problema alimentare. Mi trovo a Cuba mentre
passa luragano Dennis e investe in pieno
la più grande delle Antille. Il ciclone
entra dalla provincia del Granma, passa da
Cienfuegos e prosegue per Matanzas, investendo
buona parte della provincia avanera. Fidel
Castro si presenta subito in televisione per
coordinare in diretta, con il solito paternalismo
da caudillo, il sistema di difesa civica.
Cuba è preparata ad affrontare gli
uragani e le zone a rischio vengono prontamente
evacuate, anche se sono inevitabili ingenti
danni nella Penisola di Zapata, a Cienfuegos,
Matanzas, Varadero e nella provincia di Ciudad
Avana. Il mare si solleva per oltre quattro
metri e provoca allagamenti nelle zone costiere.
AllAvana vengono evacuate intere zone
del Malecón e di Playa, quartieri a
ridosso delloceano, mentre i turisti
(bene molto prezioso) sono portati via da
Cayo Largo e da Varadero. La macchina di sicurezza
cubana pare davvero efficace anche se non
può evitare la morte di venti persone.
A Cabañas vivo due giorni dansia
che trascorro chiuso in casa a scrivere appunti
e ad attendere un tornado come fosse Godot.
Nessuno sa della mia presenza tra mucche,
maiali e zanzare e non possono evacuarmi.
Il mio visto dingresso recita lenorme
bugia che alloggio allHotel Riviera
dellAvana. In ogni caso non accade niente
e vedo solo tanta pioggia tropicale che inonda
le campagne del golfo di Mariel, accompagnata
da vento forte e da arbusti che cadono sotto
intense raffiche. Il vero disagio lo provoca
un apagon elettrico di oltre dodici ore che
mi fa passare uninfuocata notte tropicale
senza il conforto di un ventilatore, sotto
lassedio di mosche e zanzare. Il risveglio
dopo il passaggio delluragano Dennis
ricorda le nostre piovose giornate dautunno.
Cielo grigio coperto da nubi opprimenti, pioggia
insistente e vento che scuote altissime palme
e indifesi banani. Lalmendra del patio
mostra enormi foglie bagnate mentre auras
maligni allargano le ali al riparo delle fronde.
Dennis non ha fatto danni nei campi coltivati
di Cabañas, però ha lasciato
alle sue spalle uno strascico di tormenta
tropicale e un cielo in tempesta. Il gallo
canta al mattino con la stessa intensità
di ogni giorno e pare confermare la novella
per bambini che a Cuba tutti conoscono. Forse
sta ringraziando il sole di averlo aiutato
a pulire il becco e così è potuto
andare lindo e preciso al matrimonio di suo
zio Pirecco. Non è un giorno come gli
altri, però. AllAvana si parla
di danni ingenti per via della pioggia incessante
e alle inondazioni sul Malecón. Si
pensa già a ricostruire, come se in
questo paese non ci fossero già abbastanza
problemi. Fidel Castro parla a più
riprese dagli schermi televisivi e definisce
Dennis un uracan mercenario perché
è entrato a Cuba da Playa Giron, luogo
del famoso sbarco dei mercenari che volevano
arrivare allAvana. In un impeto di retorica
nazionalista il Comandante en jefe dice che
luragano farà la stessa fine
dei mercenari perché la Rivoluzione
non si arresta di fronte a niente. Il
giorno dopo leggo sul Granma che il leader
maximo ha rifiutato sdegnosamente gli aiuti
umanitari offerti da Stati Uniti e Unione
Europea per facilitare la ricostruzione. Un
cubano che legge il giornale insieme a me
commenta: Tanto mica è lui a
soffrire la fame
. Il Granma del
12 luglio titola in rosso: Mas solida y fuerte
la Revolución. Non è una barzelletta,
ma pura demagogia sulla pelle dei cubani che
soffrono molte ristrettezze economiche anche
per colpa delle insulse esternazioni di chi
li governa. Questa Rivoluzione infinita che
da tempo ha perduto ogni ragion dessere
è forte solo sulle colonne del Granma
e nelle tavole rotonde di Cubavision. E balle
simili possono convincere solo giornalisti
come Gianni Minà che vivono a stretto
contatto con il potere invece che in mezzo
alla gente. Per strada i cubani raccontano
una divertente barzelletta che ironizza sui
rapporti Cuba - Venezuele e su due grandi
personaggi della storia di questi due popoli
(Simon Bolivár e José Martí).
Cosa sta facendo Chavez?
Bolivarizza il popolo venezuelano!
E Fidel Castro?
Martirizza il popolo cubano!
Negli ultimi dieci anni la Rivoluzione ha
definitivamente perduto lappoggio del
popolo e si regge solo su un sistema dittatoriale
da stato di polizia che semina terrore e miseria.
Protesta
sul Malecón contro Fidel Castro
Mercoledì
13 luglio accade un fatto che ritenevo impossibile
per via dei metodi repressivi del regime cubano.
AllAvana un centinaio di persone vestite
di nero scendono da San Miguel del Padrón
in direzione del Malecón brandendo
cartelli di protesta. È lanniversario
dellaffondamento di una barca a motore
diretta a Miami che portava a bordo molti
giovani e alcuni bambini. La manifestazione
è organizzata dai familiari delle vittime
e dai dissidenti cubani per commemorare un
evento luttuoso di molti anni fa. Il corteo
dei manifestanti scandisce slogan contro Fidel
e contro il regime. La polizia non sa fare
di meglio che manganellare a tutto spiano
e i dimostranti rispondono con lanci di pietre.
Il regime corre subito ai ripari con le armi
della menzogna e organizza una finto corteo
di lavoratori obbligato a marciare contro
i dimostranti e in difesa della Rivoluzione.
Televisione e stampa non fanno parola dellaccaduto,
ma il passaparola tra cubani è fortissimo,
anche perché la televisione di Miami
mostra le immagini della rivolta e diffonde
la notizia. A Cuba possedere unantenna
satellitare è un reato ma molti sfidano
la legge e la installano, soprattutto chi
ha parenti in Florida che finanziano lacquisto.
Non venire allAvana mi dice
un amico. LAvana è in rivolta
commenta un altro. Pare che alla protesta
dei dissidenti si sia unito il malumore popolare
per i continui apagones elettrici e per la
mancanza di gas e acqua. A Cuba il malcontento
si tocca con mano, è sensazione palpabile
a ogni angolo di strada. La gente ne ha abbastanza
di fare sacrifici, di lottare per procurarsi
da mangiare e di vivere senza un futuro. Compaiono
cartelli irridenti che disegnano Fidel con
i baffetti stile Hitler, un altro raffigura
il Comandante con una pentola a mo di
cappello e un tappo sul sedere. Sotto cè
scritto: Dovè la pentola,
Fidel? Dovè la corrente? E il
cioccolato?. Il popolo è stanco
di stringere la cinghia e non comprende perché
deve farlo ancora.
Luoghi
comuni e Rivoluzione indifendibile
Sfatiamo
anche i soliti luoghi comuni che dipingono
Cuba come un posto dove sanità e istruzione
sono ai massimi livelli. La scuola insegna
soprattutto obbedienza al regime e retorica
da stato dittatoriale, mentre i libri sui
quali studiano i ragazzi ricordano molto i
testi approvati dal Minculpop di fascista
memoria. In campo letterario è il governo
che sceglie gli autori da far leggere e guai
se un professore cita in classe lesistenza
di scrittori come Reinaldo Arenas, Cabrera
Infante e Pedro Juan Gutierrez. Una scuola
che non è libera non può essere
una buona scuola. La sanità è
ottima solo per gli stranieri come Maradona
che si curano in ospedali come il Sierra Garcia.
Medici valenti vengono esportati in Venezuela
e curano delicate malattie in lussuose cliniche
internazionali. Ma provate a entrare in un
ospedale per la povera gente e vi accorgerete
che è sporco, privo di ogni requisito
di igiene, le stanze sono caldissime, umide
e male arredate. Non solo. Le corsie con i
malati sono prive di aria condizionata e se
un degente vuole un ventilatore se lo deve
portare da casa. Per non parlare delle medicine
e delle attrezzature mediche che sono inesistenti.
Fidel Castro colpevolizza gli Stati Uniti
e il loro criminale embargo per tutte le mancanze
di cui soffre Cuba, ma in realtà questa
misura odiosa e inaccettabile è forse
il suo alleato più forte. Lembargo
è la scusa che ogni giorno viene messa
davanti al popolo cubano per convincerlo a
fare sacrifici, pure se adesso tutti hanno
capito che il solo colpevole è il regime
e la sua fallimentare politica economica.
E poi - embargo o non embargo - dove vanno
a finire i miliardi di dollari che ogni anno
Cuba incassa dal turismo? Non certo in operazioni
sociali. Se gli Stati Uniti avessero tolto
lembargo a Cuba il regime sarebbe già
crollato sotto il peso della mancanza di giustificazioni
per una politica scellerata.
Il popolo cubano è stanco di lottare
per una Rivoluzione che ha smarrito i suoi
obiettivi, una Rivoluzione dalla quale pure
io mi dissocio definitivamente. Non ho alcuna
intenzione di difendere una dittatura totalitaria
spacciata per socialismo reale e resto dalla
parte dei cubani che sono molto migliori di
chi li governa. Sarebbe ora di cominciare
a parlare di una Terza Repubblica Cubana,
finalmente libera e democratica. Quel giorno
finalmente potremo cantare a squarciagola
le canzoni di Willy Chirino, un grande autore
cubano esule a Miami che in patria non si
può ascoltare, e gridare con lui: Cuba
libre y soverana!
Gordiano
Lupi
1 luglio - 20 luglio 2005
L'autore
Gordiano
Lupi
(Piombino, 1960)
Capo redattore de Il Foglio Letterario
e Direttore Editoriale delle Edizioni
Il Foglio. Collabora con Mystero e con
la Casa Editrice Profondo Rosso di Roma.
Collabora con Contro Radio di Firenze
per recensioni sul cinema italiano anni
Settanta. Pubblica racconti per X Comics,
Blue e Underground Press. Scrive soggetti
e sceneggiature per fumetti realizzati
graficamente dal disegnatore Oscar Celestini
(pubblicati su X Comics, Blue e Underground
Press). Di argomento cubano ha pubblicato:
Il mistero di Incrucijada (Prospettiva,
2000), Il giustiziere del Malecón
(Prospettiva, 2002), Nero Tropicale
(Terzo Millennio, 2003), Cuba Magica
conversazioni con un santéro
(Mursia, 2003), Un'isola a passo di
son - viaggio nel mondo della musica
cubana (Bastogi, 2004), Tomas Milian,
un attore cubano in Italia (Profondo
Rosso, 2004). Ha tradotto i romanzi
del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz:
Machi di carta (Stampa Alternativa,
2003), La Marina del mio passato (Nonsoloparole,
2003) e Vita da jinetera (Il Foglio,
2005).
Pagine
web: www.infol.it/lupi
E-mail
per contatti:
lupi@infol.it
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