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Rockstar
di Luigi Milani
Pubblicato su pb18
Anno
2006-
Lulu
Prezzo €
15-
292pp.
ISBN
9781847531520
Una recensione di
Carlo Santulli
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Votanti:
579
Media
79.36%
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Già nella mitologia antica, è difficile accettare che l'eroe possa morire: per esempio, Achille, l'eroe omerico, muore, ma solo perché gli è stata promessa dagli dei una fama eterna. Nel caso di quelli che in un certo senso, possono considerarsi gli eroi della nostra epoca, come per esempio i divi del rock (spesso capricciosi, sregolati ed in fondo soli, non diversamente dagli eroi antichi), semplicemente la morte non viene accettata con facilità dai fans, e spesso risulta avvolta in un alone di mistero, che giustifica una possibile, ma non meno arcana, ricomparsa post-mortem. Trattandosi di rockstar, il contatto postumo avviene per via musicale (bootleg, inedito, o pezzo remissato che sia).
Questo semplice dato di fatto della morte-non morte, che si applica a molte rockstar famose in vita, da John Lennon ad Elvis Presley, è alla base del bel libro di Luigi Milani, "Rockstar", costruito intorno alla figura di un chitarrista rock, anzi grunge, Philip(pe) Simmons, in cui non si fa fatica a riconoscere Kurt Cobain, frontman dei "Nirvana", Il riconoscimento è direi scontato, anche se l'autore non lo dichiara esplicitamente. Anzi, Milani si permette di mescolare un po' le carte: i Chaos Manor, gruppo di Simmons, hanno al loro attivo una serie di dischi di successo, tra cui "Unplugged in Seattle" (!) (ma Simmons ed il suo bassista Hughes mettono su una discografia in prevalenza con titoli parodiati tipo quelli del "Guerrin Sportivo"...), fino ad un memorabile concerto del 1993, che segna la fine effettiva del gruppo. Simmons ha un rapporto sentimentale complesso e drammatico, anche per problemi di droga e depressione, con una donna dalla personalità molto forte (che ovviamente non si chiama Courtney, ma potrebbe, almeno parzialmente, essere lei). Muore nel 1994, come Cobain naturalmente, in circostanze che definire confuse e misteriose a dir poco: c'entra la metropolitana londinese, in ogni modo. Ecco: da quel che vi ho detto fin qui, il senso dell'operazione di Milani sembrerebbe non eccessivamente chiaro, a parte la passione per il grunge e i "Nirvana". E confesso che temevo un po', dopo le prime pagine, di dover asssistere alla solita "tirata" su quanto è trasgressivo il rock, ecc. ecc. (si intuisce un certo scetticismo del recensore al proposito, dovuto forse al fatto di leggere troppi scritti "trasgressivi").
Ma per fortuna, c'è dell'altro (molto): una giornalista televisiva, Kathy Lexmark che, a parte il cognome da stampante, è tormentata da un capo che si chiama Boring, ma che più che noioso sembra perennemente in calore. Kathy è un personaggio piuttosto riuscito, e la sua personalità non si limita affatto al fisico, sicché per lunga parte del romanzo viviamo, e devo dire con una certa soddisfazione, il suo amore per un anziano fotografo di scena di origine italiana, Frank Colan. Il quale sembra sempre sul punto di lasciarci anche lui, come Simmons (e senza dischi postumi), finché non vediamo il suo flash scattare. All'improvviso.
E specialmente l'autore si diverte un mondo a fabbricare una vera e propria ucronia all'interno della vicenda di Simmons-Cobain: Kathy vola sulla Panam parecchi anni dopo che essa è fallita; i Chaos Manor, se esistessero, avrebbero preso il nome da un thriller interpretato anche da Raquel Welch nel 1963 (che mi sembrava un po' presto: ed in effetti il primo film della Welch è dell'anno dopo; ma nessuna paura, nemmeno "Chaos Manor" esiste...). Ah, ad un certo punto si parla pure di Alberto Moravia, e più avanti degli alieni di Roswell, e per qualche motivo finiamo in Nuovo Messico, dove ci sono autogrill abbandonati e ristoratori esageratamente espansivi. E c'è un talk show che, benché americano, sembra un po' troppo "coi baffi", per così dire. Kathy, anche lei, poverina, ha delle illuminazioni: all'inizio non sa dov'è Avezzano, luogo da cui il suo fotografo semi-italiano proviene (cosa giustificabile per un'americana, peraltro, a meno di non avere preso un PhD con una tesi su Silone), poi improvvisamente gli chiede se vuole andare in Abruzzo dai parenti. E poi si finisce coinvolti in un balletto delle celebrità, che fa molto finale di "Treno di panna", in cui David Bowie (presente anche lui tra gli altri) fa un'ottima figura, parlando di crisi di valori. Ma ci sono da qualche parte i Rolling Stones, Bob Dylan, ecc.
Il tutto molto godibile, insomma, direi, e credo si veda che anch'io, da recensore, mi ci sono divertito e non ho certo letto ad apertura di pagina: ci sono sbavature, certo, e non ho ritenuto di nasconderle, però c'è passione, e specialmente c'è una gran voglia di raccontare, il che predispone bene il lettore. Non vorrei dare l'idea però che non ci sia introspezione: il ritmo è lento e calmo, quando serve, e l'azione non è mai fine a se stessa (a parte forse uno scorcio su auto, pioggia e cassonetti, con presenza di un indiano, che faccio un po' fatica ad inserire nel contesto). "Meta-fiction", la definisce Milani: ed in effetti, pur in presenza di una trama efficacemente organizzata, si allarga spesso e volentieri lo sguardo sulla televisione, sul mondo musicale ed anche un pochino, se permettete, su quello dei sentimenti più complessi, che poi è qualcosa che, a modo suo, Cobain (o se volete Simmons) tentava di fare, da quei famosi quattordici anni in cui si scopre che la chitarra può servire a molto, se si ha qualcosa da dire.
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2007 pg. 204 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
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Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2010 pg. 200 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
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