[Proseguendo l'avventura letteraria iniziata con "Candidato al consiglio d'istituto", in questa raccolta l'autore si racconta: ne esce fuori un'opera che passa in rassegna l'Italia di ieri e quella di oggi. Il motivo conduttore è la speranza, che non deve mai mancare, neppure nei momenti più difficili.]
Sempre con un occhio di riguardo all’educazione e ai valori sociali fondamentali, lo scrittore cambia registro e prova a mandare un impulso positivo alla memoria collettiva tramite una serie di racconti di storie d’italiani, dall’Ottocento ai giorni nostri, dedicati al Centocinquantesimo Anniversario dell'Unità Nazionale e alle persone umili ed anonime della nostra cara Italia.
“Questa società non ha memoria. Ognuno di noi è debitore verso coloro che lo hanno preceduto, ma se si perde questa memoria, ne soffriamo tutti, perché l’abbandono delle nostre origini ci impedisce di capire (ed apprezzare) il presente e il futuro. Non ci rendiamo conto che, nonostante la fatica e l’ignoranza delle persone che ci hanno preceduto, è a loro che dobbiamo tutto. E loro, gli analfabeti, coloro che hanno fatto grande questo Paese, non avranno preso la laurea, ma non hanno di certo mancato l’appuntamento con il loro destino. Possiamo dire lo stesso di noi?”
Il periodo degli anni ’40 e ’50 è caratterizzato da tanti momenti importanti per l’Italia, sono anni di grandi sacrifici seguiti da successi economici e scelte fondamentali per il paese, anni in cui si forma l’immagine di un Paese solido, coeso, così diverso da quello di oggi, intrappolato in una ridda di problemi decisionali e organizzativi apparentemente irrisolvibili.
L’Italia di ieri e l’Italia di oggi: così diverse e così simili, attraverso la capacità del suo popolo di non arrendersi nonostante tutto, di aggrapparsi disperatamente alla speranza e, appunto, di non perdersi d’animo.
Tra un racconto e un altro si materializzano varie figure (la madre onesta, generosa, semplice e compassionevole; adolescenti incapaci di affrontare la realtà e genitori irresponsabili ed egoisti; un omicida pentito troppo tardi ecc.), unite dal filo tragico di un momento storico difficile e dagli sbagli cui cercano di rimediare tramite l’insegnamento, l’educazione ed il miglioramento delle proprie vite.
“L’insegnamento, la trasmissione del sapere conseguente all’educazione, produce in principio una cultura e subito dopo genera dei talenti.”
In assenza di una continua trasmissione della cultura e dei valori fondamentali del vivere, il vuoto è riempito dal divertimento fai-da-te e da azioni anti-sociali, a danno della società e, in primis del singolo individuo (anche se questo, a volte, neppure se ne rende conto). Frasi come “in Italia in galera non ci va più nessuno” o “mentre in tutto il mondo hanno fatto prima lo Stato e poi la cultura, l’Italia è l’unica Paese dove è accaduto il contrario”, sono il grido di dolore di coloro che non hanno mai smesso di lottare (gli invisibili “minorenti”) contro il sistema (i padroni maggiorenti).
“Il maggiorente è la persona influente presente all’interno di un determinato gruppo sociale, la cui autorevolezza non viene messa in discussione da nessuno. Allora, io che vengo sempre demolito dai maggiorenti, visto e considerato che non sono mai riuscito ad avere voce in capitolo nell’ambito della società, per una questione di dignità personale, vorrei essere chiamato per quello che sono: un minorente.”
La definizione di tutti quelli che almeno una volta nella vita - troppe volte per alcuni - sono rimasti scoraggiati e senza più fiducia nelle Istituzioni sta tutta nella parola inventata minorente. Parola che rende fin troppo bene l’idea dell’incapacità dell’essere umano di mettere in pratica iniziative, di sostenere una causa comune, di mettersi in prima linea per combattere e migliorare la condizione propria e altrui, davanti al muro imposto da un altro essere umano, più forte ed egoista.
Per fortuna, non tutti i minorenti sono persone silenziose e tristi, ci sono anche quelli che trasformano la loro inferiorità in un punto di forza e continuano a credere nell’equo, nell’educazione e nel rispetto.
“D’altra parte, la vita è un mistero: un mistero buono, nonostante tutto. C’è bisogno allora di non perdersi d’animo, ma soprattutto di avere consapevolezza dei propri gesti, in particolare di quelli che vengono posti in essere nella rabbia e nella disperazione.”