Le radici di tutti i possibili mondi futuri attecchiscono già nell’oggi, questo è chiaro, e, nella dozzina di racconti che compongono la raccolta Memorie dal Futuro, si ha l’impressione di essere confrontati con molti, addirittura troppi elementi del tempo presente. Questo o quel paesaggio in rovina e questa o quella situazione grottesca possono benissimo trovare posto nell’oggi. ‘Trovano’ posto nell’oggi, spesso. Riconosciamo gli scorci, riconosciamo il contesto e la circostanza: un po’ perché ci pare di averli visti in qualche film, ma massimamente perché, con le debite distanze di secoli e di carico di tragedia, siamo già stati protagonisti e/o visitatori di una di queste dimensioni.
Che, ci tengo a sottolinearlo, non appartengono tutte a un tempo a venire. Anzi: come nel caso di Il messaggio (più fantasy che SF), l’atmosfera è spesso malinconica, quasi inerente a un’America e a un’Europa crepuscolari, marca Anni Cinquanta.
Ma atteniamoci alla fantascienza: i luoghi sono quelli che conosciamo, non ci sono dubbi; solo lievemente mutati o come guardati attraverso uno specchio distorto. Come dopo un’indicibile catastrofe.
Anche sfogliando le pagine che trattano di vita “sociale”, di interazione tra umani, abbiamo un forte senso di déja-vu. Purtroppo. Purtroppo, sì, perché il futuro (il futuro vero e quello immaginato da Emiliano Angelini) non riserva nulla di piacevole per l’homo sapiens.
Parlo a bella posta al singolare (“futuro” anziché “futuri”) poiché tutte le tessere del puzzle formano una sola realtà e, se è vero che la realtà è varia e complessa, è possibilissimo immaginare ogni singolo racconto come il capitolo di un unico romanzo distopico.
Per me Angelini non è un novello Bradbury, come molti hanno sostenuto; per me è il Kafka dell’odierna letteratura fantascientifica. La sua intelligenza traspare non solo dalle trovate fulminanti, ma anche dall’abilità con cui riesce a esprimere concetti, a raccontare una storia senza sciupare una parola più del necessario. Non per niente è ritenuto uno dei migliori autori che abbiano partecipato al Trofeo Rill ed è stato tra i co-vincitori del premio SFIDA, indetto dalla stessa associazione!
Potrebbe senz’altro lavorare come sceneggiatore per il cinema...
L’ultimo giorno buono dell’anno (titolo ispirato a una canzone dei Cousteau) trasuda amara, cinica poesia. E il quadro dipinto dallo scrittore pescarese ci fa riflettere a quanti pochi anni (e non anni-luce!) dista l’estinzione del nostro pianeta e dell’humani generis.
Migrazione è un’altra storia che così bene sa esprimere il distacco, la lontananza. Siamo esseri minuscoli nell’universo, eppure capaci di distruggere l’unico posto accogliente di cui abbiamo conoscenza. Ci saranno razzi per portare nello spazio i nostri discendenti, ma parecchi saranno costretti a rimanere quaggiù, nell’ex Eden trasformato in Inferno.
Liberaci dal Male è sicuramente il racconto che più me lo ha fatto accostare a Kafka. Un Kafka moderno, sicuro. È narrazione condita con particolari piacevolmente orridi. Ma, attenti! Non si parla di futuro qui, ma di ieri prossimo. Dei giorni nostri, addirittura. E il piacere diventa... dispiacere.
Stesso discorso vale per il racconto Bogey: mondo presente. A propos di cinema e di scrittura cinematografica...
L’immagine riflessa è un vero horror thriller. Ma, per classe ed eleganza, degno di un H. G. Wells.
Morte prematura è il mio racconto preferito. Troppo bello per rivelarne anche un solo particolare.
Memorie della sabbia ha un’ambientazione esotica, similmente a Liberaci dal Male, ma la storia è profusa del senso di mistero e di cose irrimediabilmente perdute così come lo è, ad esempio, L’ultimo giorno buono dell’anno.
E passiamo a Bilancio familiare, uno dei racconti migliori e anche più conosciuti di Angelini. Breve quanto basta e raggelante sia per rapidità d’esposizione sia per il contenuto. Il mondo, ragazzi miei, sta andando in questa direzione. Facciamocene una ragione!
“Il Patriarca. Così lo chiamavano. Nessuno conosceva il suo vero nome. Forse, ironizzava qualcuno, neppure lui era più in grado di ricordarlo.” Il protagonista di Le cose che perdemmo nel fuoco (altro titolo suggestivo!) ne passa di cotte e di crude... No, nessun dramma di sangue: appena un “incubo culturale”. Con la partecipazione straordinaria di un grande maestro delle arti figurative.
Ufficio Rettifiche Genesi si inserisce nello stesso filone di Bilancio familiare. Rende tristi e nel contempo fa venire voglia di ribellarsi alla scienza più malvagia, alla perfida burocrazia, a...
Il racconto dal titolo Il messaggio è genuinamente, assolutamente bradburiano. Sembra di camminare, insieme alla protagonista, su un pianeta di ombre che incombono invadenti... mentre invece, per altre persone, si tratta di un pianeta di luce.
La stazione - pagine finalmente venate di speranza - evoca in una certa qual maniera le celebri Cronache del dopobomba...
***
Anche se è uno “scrittore pigro” (come pare che abbia affermato lui stesso), cercate di procurarvi tutti i papiri che portano la firma di questo scrittore. Potreste ‘sentire’ di aver scoperto un Philip K. Dick nostrano e, se no, avreste comunque tra le mani un “Original Angelini”.