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L' azzurro del mare
di Roberto Morpurgo
Pubblicato su SITO
Anno
2007-
Joker
Prezzo €
12-
96pp.
ISBN
Una recensione di
Carlo Santulli
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Votanti:
1320
Media
79.17%
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Da un lato può sembrare un peccato che le poesie non si imparino più a memoria, nemmeno a scuola, anche perché, nello svolgersi della poesia moderna, la musicalità reale e quindi più profonda non manca, come in questa raccolta del filosofo milanese Roberto Morpurgo, e penso a quanto ci guadagnerebbero queste poesie da una recitazione par cœur, quindi perfettamente assimilata e metabolizzata, in certo senso. Non è musica pienamente tonale, ha le sue regole, ma, essendo tante e non sempre immediate, come in un comportamento probabilistico, si scindono spesso in parametri puramente empirici. E allora, correndo qua e là per il testo, si rivelano rime/non rime ("eco/geco" in strofe susseguenti o "mani/gerani" in lontane e richiamantesi), con abili spostamenti d'accento ("vini/acini"), di assonanze ("lupi/nubi"), bisenso con enfasi ("frali sassi"), allitterazioni anche intrecciatesi in versi equidistanti ("cupe/sciamano/scialuppe").
E dalla struttura, a prescindere dalla maggiore o minore pregnanza del risultato del singolo componimento (confesso di aver preferito "L'uomo e il mare" e "Cammino perché", per la capacità, quasi da cortometraggio in bianco e nero, di far scorrere le immagini fotografandole), si passa con facilità alla necessità di queste poesie: nel momento in cui, per esempio, l'insistenza sui toponimi rivela l'aspirazione a situare il pensiero poetico, e nella natura, in particolare nell'atmosfera, si ripercorre il desiderio che essa professi sentimenti più profondi e forse più reali dei nostri: scelgo a questo proposito due lacerti poetici che trovo molto indicativi: "Lacrima il cielo/longanime sui tetti/biondi" e "E mi fa bianca/ruggine di cielo".
Insomma, trovo qui un piano di lettura molto pre-ermetico e ungarettiano, in certo senso, come richiama l'attribuzione incerta degli aggettivi al sostantivo (una caratteristica reale, ed atavica, che essi purtroppo hanno spesso perso nella prosa, come pianetini catturati, anche se mantengono in molto discorrere di tutti i giorni). Un tipico esempio (un incipit) è "Mi abbaglia la terra/che incespica l'onda/luminaria di scogli/perduti"), dove l'incertezza si fa fisica e riesce ad esprimere il confine tra continente e mare. E c'è per confronto un altro piano, molto più calato nelle cose, e che presentisce una specie di terza via, tra l'arcano e il mito, rappresentato da Roma, ma forse anche dal "trono sepolto nelle acque" di Itaca, e la modernità un po' caricaturale degli "enormi tacchi" che ballano il tango in una periferia milanese, che più che da bere sembra uscita da qualche favola grottesca di Buzzati.
E la terza via potrebbe essere il "fiume di mare" del serpentino lago di Piediluco, inatteso come una sorpresa: più in generale, la terza via è la ricerca e l'uso di una nuova lingua capace di esprimere pieni e vuoti dell'anima, con naturalezza, come è giusto per la poesia, ma anche con la speranza che nuovi significati emergano ad ogni approfondimento, come è forse d'obbligo per un contemporaneo, che vive in un mondo tanto complesso (dove ogni semplificazione è forse un tradimento...). Mi sembra che Morpurgo sia su una strada molto interessante a questo riguardo, e la sua raccolta è assolutamente godibile, e regge sia la lettura ad apertura di pagina che quella ripetuta e più sistematica, che, sicuramente, la recitazione.
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2007 pg. 204 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
Prezzo Amazon 8.31 euro
Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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Prefazione / Indice / Scheda
Ghigo e gli altri di Carlo Santulli
2010 pg. 200 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
Altre informazioni / L'autore
Pochi autori, come Carlo Santulli, sanno giocare con le parole, intarsiandole in piccole storie che si snodano tranquille (mai lente) attraverso una realtà quasi ordinaria e che, pure, riescono ad affascinare il lettore costringendolo a leggere fino all'ultima riga. Personaggi stupiti, a volte impacciati, si aggirano tra le pagine di questo libro, alle prese – come tutti noi – con le incongruenze e le follie del vivere quotidiano, non si abbandonano però all'autocommiserazione, non si ribellano, non cedono a tentazioni bohemien e, se cercano una via di fuga, questa è piuttosto interiore che esteriore. Un cammino, a piccoli passi, che li porterà, forse, verso un punto di equilibrio più stabile. Irraggiungibile (ma reale) come un limite matematico. Siano essi alle prese con una Quinta Arborea, un mazzo di chiavi che si trasforma nel simbolo di un'esistenza, un Clostridio tra i Pirenei, o passeggino, semplicemente, per le strade di una sonnolenta Roma anni trenta.(Marco R.Capelli)
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