Marco ha vent’anni. Taciturno e insicuro, si innamora delle ragazze, le idealizza, ma poi non riesce a farci l’amore. Gianni di anni ne ha quarantatre. Cinico marpione e donnaiolo incallito. Lui di donne ne ha decine. Ma tutte per una notte sola. Il mattino dopo, infatti, comincia a scrutarle con una precisione chirurgica, notando e registrando ogni più piccola imperfezione fisica, fino al disgusto. No, neppure quella è una donna all’altezza. Due mondi contrapposti, due modi di affrontare la vita diametralmente opposti, ma un’unica identica paura. Quella dell’abbandono. La paura di mettersi in gioco perché ciò comporta un prezzo troppo alto. Il rischio di soffrire. (dalla quarta di copertina)
A volte capita, nell’esatto svolgersi dell’esistenza, che una voce, un grido, ci facciano girare la testa indietro per cercare chi ha chiamato
A volte capita che nessuno abbia chiamato.
Torniamo, così, a guardare avanti, dimenticando che qualcosa abbiamo lasciato alle nostre spalle.
Lo psicologo Carl G. Jung, così scriveva a proposito del lato oscuro della vita cosciente dell’uomo:”…ognuno di noi è seguito da un’ombra. Meno questa è incorporata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa”.
Quel qualcosa lasciato dietro le nostre spalle è proprio quell’ombra che non vogliamo conoscere, non vogliamo guardare in faccia. E che proiettiamo sugli altri, per evitarne l’incontro penoso e duro. Perché tale incontro è con noi stessi, con questo doppio.
Nel romanzo di Mosetti, ogni personaggio, ogni situazione ha la “sua” ombra.
Il mondo dei suoi personaggi è complicato. L’ombra si appropria della luce , e viceversa.
In questo gioco seduttivo, incalzante quale emerge dai racconti dei personaggi, paradossale, la vita stessa dei personaggi rincorre il proprio passato, senza dimenticare il proprio futuro.
Il presente a volte tace, a volte urla il proprio modo di esistere.
Gli attorti delle rappresentazioni si rendono conto di trovarsi su un palcoscenico, tanto che il loro modo d’essere va ben al di la del ruolo loro assegnato.
La terza dimensione che l’ombra procura ad ognuno di loro, ne fa degli esseri umani a tutto tondo, evitando ogni tentativo di disumanizzazione.
“Nonostante me”, sebbene io ci sia, esista, viva.
Mosetti tratta i suoi personaggi come pazienti diatesi sul lettino dell’analista.
L’analisi pervasa dalle intemperanze di Gianni, dall’incapacità di Marco di soddisfare la sua partner, non è per nulla scontata. Anzi, offre seri spunti di riflessione, di approfondimento.
Quella riflessione, quell’approfondimento vengono portati in avanti, da quel siparietto che, in forma di lettera, inframezza alcune vicende.
Non è un caso che il nonno si faccia carico di rappresentare, fuori dell’ambito familiare, quanto in esso vi accade: egli è la memoria storica della famiglia, l’architrave sulla quale poggia l’intero corpo di relazioni genitoriali e filiali.
Compie un’operazione legata alla narrazione, con l’intento di elaborare un aiuto per il riconoscimento di quei momenti che rappresentano il buio; una zona d’ombra di fronte al fondamentale tela dell’esistenza, in tutte le sue fasi ed articolazioni.
Marco e Marta sono legati inscindibilmente tra di loro. C’è complicità, amore, ma anche rabbia frustrazione, distacco.
Parallelamente, calato nello stereotipo sociale che vuole l’uomo cacciatore e la donna la preda, Gianni fa bella mostra del suo carattere, delle sue doti amatoriali.
Mosetti corregge il tiro, allora: Gianni si differenzia da Marco, e questa differenziazione lo fa diventare portatore di un valore e di un significato che va sottratto al cono d’ombra che invece investe Marco.
Senza scomodare non più di tanto Freud, ci troviamo di fronte ad una “genialità” totale, cioè ad uno sviluppo completo di una organizzazione sessuale, erotica, consapevole, e totalmente imbrigliata; per nulla conciliata con l’eco frammentaria di Marco.
A questo punto l’ombra che i due proiettano dietro le proprie spalle comincia a perdere spessore, e da densa e scura che era, comincia ad ingrigire, a scoprirsi meno compatta.
Le ombra stanno per riunirsi dietro un unico “io”.
Un futuro è pronto a spalancarsi davanti.
Cronaca dell’oggi, studio antropologico, quasi un romanzo di formazione, un libro da viaggio.
E’ il tentativo di una riconciliazione con se stessi?
La velata delicatezza con la quale Mosetti tratta, fa vivere e parlare i suoi personaggi, sono la cifra della preziosità dell’esperienza umana che qui si tocca e che interessa ogni uomo che prenda sul serio la propria coscienza.
Mosetti apre nel cuore della condizione umana una lacerazione costitutiva si una richiesta di aiuto. Egli dipinge con i colori della familiarità un mondo, e con esso, i suoi partecipanti, sempre tesi alla rivolta, che altro non è se non lo scarto fra le parole e i fatti.