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L' ultimo segreto di Atlantide
di Fabio Battisti
Pubblicato su PB16
Anno
2005-
Beta Edizioni
Prezzo €
16-
244pp.
ISBN
8887598797
Una recensione di
Marco R. Capelli
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Votanti:
930
Media
79.89%
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Attendevo con molta curiosità di leggere questo “Ultimo segreto di Atlantide” di Fabio Battisti. Fabio è da molto tempo un collaboratore di Progetto Babele e da molto tempo ne conosco ed apprezzo le qualità di narratore. Non sapevo, però, come se la sarebbe cavata confrontandosi con una narrazione di più ampio respiro. Il primo romanzo è un po' come il primo amore: può andare incredibilmente bene... o incredibilmente male!
Come già sottolineato nella colonna qui a fianco, il romanzo d'avventura ha una lunga tradizione in Italia, in tutte le sue forme, contaminazioni e derivazioni, da Salgari a Padoan. Tradizione che, sfortunatamente, oggi sembra essersi perduta contrariamente a quanto succede nel mondo anglosassone - con la luminosa eccezione di autori quali Evangelisti o Manfredi e pochi altri. In particolare se consideriamo la produzione degli autori esordienti, troviamo grande abbondanza di romanzi sperimentali, pseudobiografici, di “costume” o di “denuncia” (qualunque cosa voglia dire), ma è sempre più raro leggere una bella storia, avventurosa, coinvolgente, divertente.
Sciogliamo allora il dubbio iniziale, pur con qualche difetto “di gioventù”, questo libro di Battisti è esattamente questo: un buon romanzo d'avventura, piacevole, coinvolgente e divertente.
Fabio, giovane archeologo che lavora come perito per un'importante compagnia assicurativa, viene rimandato al paese natale per valutare un misterioso reperto da poco riportato in patria dal famoso ed eccentrico dottor Rinaldi, anch'egli archeologo e, un tempo, mentore di Fabio.
L'oggetto è in realtà un ben ben o piramidion egizio, ovvero una scultura a forma piramidale destinata ad essere posta come cuspide sulla cima di una piramide ed adorata come sacra.
Solo che questo ben ben è decisamente particolare, in quanto antichissimo. Troppo antico. Addirittura precedente ad ogni civiltà nota agli archeologi. Se a questo aggiungiamo misteriosi tentativi di furto, strane e sinistre minacce e Maria, vecchia fiamma di Fabio che il destino riporta sulla sua strada, beh, mi pare che gli ingredienti per un romanzo d'avventura ci siano tutti.
Ed, in effetti, Battisti svolge con diligenza il suo compito, la trama è abilmente sviluppata con un ritmo quasi fumettistico (e non è un difetto), i colpi di scena sono plausibili e studiati con cura e, soprattutto, si apprezza il tentativo di dare ai personaggi uno spessore psicologico che trascenda la stretta funzionalità narrativa.
L'unico difetto che mi permetto di far notare (per eccesso di pignoleria e perchè sono ancora di quelli che credono che una critica costruttiva sia il miglior favore che si possa fare ad un giovane autore) è una certa rigidità nei dialoghi che risultano, a tratti, un po' asettici, uniformando le voci dei vari personaggi.
Vizio di gioventù che, certamente, Battisti saprà correggere nei prossimi lavori e che nulla toglie alla godibilità di questo romanzo. Se amate Martin Mystere, Peter Kolosimo e Von Daineken, allora L'ultimo segreto di Atlantide è il romanzo che fa per voi. Se, invece, non sapete chi siano questi signori, nessun problema, il libro di Fabio Battisti è un ottimo punto di partenza per scoprirlo.
Una recensione di Marco R. Capelli
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Agitare con prudenza.
Altre informazioni / L'autore
In questo libro, troverete molte finestre aperte su stagioni e paesaggi diversi di un mondo immaginario eppure, in un certo modo, coerente. Un teatrino di personaggi sperduti, testardi, a volte brutali, mossi dalla consapevolezza di una mancanza, di un vuoto al quale non sanno dare un nome preciso ma che sognano confusamente di colmare. E questa necessità li spinge a viaggiare, a cercare, a rovesciare il tavolo, a cambiare tutte le carte della mano, contro ogni logica, perché o si trova una scala reale o non ha senso giocare. E tanti saluti a chi si contenta di vincere con una doppia coppia.
Siano essi geniali (e molto distratti) ingegneri, brutali e giganteschi barbari imprigionati in un mondo a metà fra Howard e Lord Dunsany, ombre nel deserto, impiegati non del tutto disposti a piegarsi, vecchi e bellicosi contadini toscani o fantasmi, a loro modo piuttosto concreti.
Completano il tutto un paio di divagazioni giovanili, che ho incluso più che altro per nostalgia, come fossero quei pezzi che si trovano a volte nei musei, quelli che nessuno sa davvero cosa fossero o a cosa servissero ma sembra brutto lasciarli in una cassa sul retro. Così li si espone con una avvertenza in caratteri piccoli: ritrovamento non catalogato, uso incerto. Agitare con prudenza.
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