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Le evangeliste di Bruges
di Adriana Assini
Pubblicato su SITO
Anno
2004-
Editore Tracce
Prezzo €
10-
160pp.
(collana Premio lett.naz.Nuove scrittrici 03.Narr.) ISBN
9788874331864
Una recensione di
Salvo Ferlazzo
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Nella città di Bruges una strana compagnia di donne si riunisce dopo il Vespro, lasciandosi dietro le spalle un mondo attraversato da sospetti, fermenti, segni concreti di uno scisma, quello d'Occidente, che avrebbe provocato, come di fatto accadde, gravi ed insanabili lacerazioni all'interno della chiesa. A tutto ciò si aggiunga il tentativo che le crociate fecero per difendere il primato di un magistero ormai destinato a sicuro, momentaneo scisma.
Le sette ereticali pullulavano in ogni parte del mondo cattolico, e le forze politiche assieme a quelle religiose erano impegnate quasi interamente ad arginare, per quanto possibile, questo fenomeno.
Eppure, queste donne avvertono il bisogno, quasi fisico, di riunirsi, vedersi, parlarsi, in uno sforzo di inarrestabile condivisione delle loro esperienze fuse in un unica, forte esperienza.
Nel libro della Assini, è presente, oltre che ad una solida conoscenza dei fatti di quel tempo dentro ai quali si calano le vicende di Bruges, anche un forte simbolismo numerico.
Se a quanto riferisce S.Agostino " il numero quattro regola tutte le azioni terrene e da un particolare valore al numero sei, giorno della creazione, e al numero sette, giorno del riposo; col numero otto si vuol significare il giorno della resurrezione dei morti, seguito dalla condanna degli ingiusti".
Ecco il numero otto diventa simbolo del Nuovo Testamento, contrapposto al sette, simbolo del Vecchio Testamento(v. il famoso affresco del Botticelli, la "tentazione di Mosè".
Otto donne pronte a tutto, pur di confrontarsi con gli altri.
Otto donne, la "compagnia della conocchia", che "...da Natale alla Candelora, vedeva riunitein convivi notturni e clandestini, un nugolo di matrone dedite al fuso...".
Convivi nati chissà quando, che si ripetevano inalterati negli anni, permettendo alle adepte di scambiarsi liberamentequei rimedi, credenze e segreti che una delle compagne riportava sulla pergamena, e che tutte chiamvani I "Vangeli".
Si scopre così che quel libro "dalla veste nera" aspettava di essere letto. E così avviene.
Si scopre che l'elemento principe, il catalizzatore di tanti rapporti umani, diventa il proverbio.
Lucien ragiona, parla con il suo ospite alimentando uno scambio interculturale intimo, contestualizzandone la portata.
L'uso a volte eccessivo del proverbio, dirige l'obiettivo di chi legge sulla condizione degli uomini a quell'epoca. La loro solitudine di fronte alla morte, ai rapporti sociali, familiari. Anche di fronte al destino, alla furbizia, all'ipocrisia degli altri.
Nasce spontanea, quindi, l'esigenza di suggerire anche tanti consigli. E questi fanno del proverbio una figura aperta che può ricoprire molte situazioni.
Lucien e gli altri rivelano una padronanza tale che non si può dubitare del loro radicamento in quelal cultura, con la quale intrattenere una stretta simbiosi e di cui contribuisce a mantenere e rendere eterni i valori.
Lo scrittore J. Couvin scriveva:" i proverbi segnano i tempi forti di una comunità. Sono come degli spigoli vivi del pensiero di chi parla". Viene fuori così il carattere prescrittivo dei proverbi, la sollecitazione ad un comportamento adeguato, in una società di diritto consuetudinario. E la sua contestualizzazione ne fa un buono strumento pedagogico.
Tuttavia queste donne, consapevoli del loro potere, delle loro capacità di gestire il loro sapere, le loro nascoste conoscenze, vivono una vita normale, da donne "...creature senz'anima, bestie da soma, vasi da riempire per dare seguito alla loro stirpe...". Dolorosa constatazione. Resa ancor più dolorosa se si considera il momento storico in cui la vicenda si svolge. Un periodo durante il quale una certa conoscenza, spinta un pò più oltre, poteva significare il rogo. Il primato della chiesa, quello andava difeso fino alle estreme conseguenze.
Queste donne avrebbero sfidato persino il rogo per difendere la loro autonomia, l'inestimabile tesoro della loro conoscenza.
Una rivincita cercata con ogni mezzo, difesa anche a costo della vita.
Anche in mezzo alla furiosa battaglia tra operai, tintori, follatori da un lato, e le truppe del Conte, dall'altro, queste donne, ognuna di loro, si rende conto che quel messaggio andrà comunque difeso.
una disubbidienza sotterranea, un disubbidienza morale che non viene da una sorta di pigrizia mentale. Tutt'altro. Essa viene dall protesta morale, da una forza che fa dire di "no" nel momento in cui vengono identificati segnali di pericolo.
Il racconto si svolge lungo un percorso storico-narrativo di forte impatto sociale.
L'autrice, con notevole abilità, narra che anche allora c'era una specie di spionaggio industriale che spingeva alcuni operai a vendere alla concorrenza i segreti della colorazione delle stoffe. Con questo episodio si attualizza un tema sempre pronto a diventare oggetto di indagine, di discussione.
E la nostre evangeliste? Vivono in quel di Bruges dove la storia politica si intreccia con i sommovimenti per così dire "sindacali. Esse procedono con la razionalità che è richiesta; e se qualcuna si lascia trasportare dalla passione amorosa, dalla condivisione di un lutto,"...un rapido scambio di saluti, sufficiente però a rinnovare con un'occhiata d'intesa, la reciproca promessa di vedersi quella sera stessa...", il richiamo della più anziana alle consorelle, le spinge a continuare in quel comune apprendimento di ciò che tra loro chiamavano i Vangeli della Compagnia della Conocchia.
Esse, in effetti, entrano ed escono dai fatti narrati, come padrone, signore a volte presenti, altre no, per significare la loro appartenenza a quel gruppo, rafforzando il sentimento identitario., che proprio da quella appartenenza viene deciso.
Non vi sono smarginature nel loro co-esistere, tanto che i diversi territori esistenziali diventano permeabili ma non tanto da permettere ospitalità possibili ma altre.
Le loro identità sono plasmate dall'apartenenza, per cui vivono la loro libertà individuale, costrette entro confini.
Un bel romanzo, che spinge alla ricerca storica per comprendere la natura di quei fatti, e nello stesso tempo invita ad una seria riflessione sul senso di apartenenza e di identità.
Una recensione di Salvo Ferlazzo
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