Come nascono le storie? Spesso affondano radici nella famiglia e nella guerra.
Dopo aver ignorato la copertina del libro di Mansueti, che non rispecchia le pagine che la seguono, ci si addentra nella Storia- e si occupa il posto da cui si sbircia con l’occhio di un reporter. Mansueti può a ben diritto dire”C’ero anch’io”. Scostando le pesanti cortine di giganteschi avvenimenti, si fanno chiare le piccole realtà vissute da Altiero, il protagonista. Si tratta di quelle realtà che i libri di storia non registrano mai. Sono cose accadute, e non che potrebbero accadere. Non è per questo un’ invenzione, ma un memoriale. Mansueti non crea personaggi, ma parla di persone, nomi, fatti di carne ed ossa. Cioè parla del vero. Quando Altiero è costretto a fermarsi per un ricovero repentino in ospedale, si accorge di essere in una stazione esistenziale che gli impone un arresto, che bloccando la routine di sempre, concede tutto lo spazio al pensiero che si ciba di memoria la quale dilata il tempo e permette una corsa nel proprio ritroso. Il passato si spiega attraverso tutte le vicende che lo hanno riguardato; come la guerra vissuta nella condizione di bambino, attraverso le due donne che aveva scelto di sposare e a tutti i progetti che seminavano il futuro. Con il sostegno ed il cardine delle teorie di grandi pensatori, Mansueti assembla fatti e spunti per mettere sempre al centro l’uomo. Uomo- personaggio di mondi piccoli e locali ma anche universali. Scrivere è manipolazione, trascrivere quindi non basta, bisogna manipolare la realtà. “L’arte va fatta sembrare spontanea ma richiede un certo sforzo” è questa una frase di R. Carver, raccontare deriva da un dramma, che deve essere prodotto dall’uomo. La storia quindi deve essere un prodotto dell’uomo, e Mansueti sembra essere riuscito in questa impresa.
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Nota dell’autore, ricevuta il 09/07/2019
Gentile direttore,
Desidero, innanzitutto ringraziarLa per aver ospitato sulla sua rivista letteraria on line: PROGETTO BABELE, la recensione al mio romanzo: C’E’ UN TEMPO PER GIOIRE, UN TEMPO PER PATIRE, di Margherita De Simone che ho letto con molto interesse e, devo sottolineare, anche con molto piacere. Vorrei ringraziare anche Margherita De Simone per il suo garbato, acuto, perspicace e sapiente commento. Non sapendo dove indirizzarglielo, La prego di farglielo pervenire per mezzo del suo giornale on line. Mi corre l’obbligo, però, nel contempo spiegare due aspetti del mio romanzo che credevo di aver chiarito nell’ùltima pagina, ma non sembra che ci sia riuscito. Il primo riguarda la copertina, forse un po’ emblemàtica, ma credo molto pertinente. Rifacendomi a la spiegazione che Giovanbattista Vico dà, della copertina a la sua Scienza Nuova, da lui stesso disegnata: “noi qui diamo a vedere una tavola…., la quale serva al leggitore per concepire l’idea di quest’opera avanti di leggerla, e per ridurla più facilmente a memoria, con tal aiuto che gli somministri la fantasia, dopo di averla letta”, ritengo che del titolo, che parafrasa i versi del terzo capitolo del Qoelet, sia ben rappresentato “il tempo per gioire”, nella figura del bambino sorridente, in primo piano, che guarda davanti a sé. E sullo sfondo, cosa migliore della “Pietà” di Michelangelo può rappresentare “il tempo per patire”, il tempo del dolore? In secondo luogo desidero far presente che la mia òpera non è un “memoriale”, perché il memoriale presuppone una raccolta di memorie di fatti vissuti dall’autore stesso. L’autore, in vece, non si è mai trovato in una circostanza descritta nel romanzo sebbene abbia conosciuto in situazioni diverse tutti i luoghi nel libro descritti. L’autore, per esempio, non ha vissuto da bambino i fatti della guerra, perché non era ancora in grado di elaborarli in tal modo, ma li ha assimilati e rielaborati da adulto, dai racconti ascoltati di persone di famiglia e di conoscenti. Non è rimasto vedovo, per sua fortuna, e non si è quindi risposato come è descritto nel racconto. Soprattutto, però, non ha mai sposato una donna mussulmana. Ci sono, è vero, dei riferimenti biografici, come ad esempio; il malanno che l’ha colpito, la sua attività pubblica giovanile, le sue vicende professionali, ma sono soltanto un pretesto e sia i fatti, sia i personaggi, non ve n’è uno che corrisponda a quanto realmente è stato nella vita dell’autore. È tutta una fantasia, sebbene tutto possa essere avvenuto.
La prego di voler ospitare nella sua rivista questo mio chiarimento e con l’occasione la saluto molto cordialmente. Manrico A.G. Mansueti
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