Il Verme di Gionata Soldatini, non ha la stessa incisività di DUS - DOPO UNA SBRONZA, ma - seppur diversamente - è in grado, attraverso il contenitore minimo di una parola rarefatta e profumata, di aprirci lo spazio di un amore senza amore, in quanto privo di corresponsione e felice realizzazione.
L’Autore identifica gli stati d’animo raccontati, con le essenze profumate che in qualche modo dovranno aiutare Gaston a stare bene, a dimenticare o ricordare, evocando in lui e in noi che lo leggiamo, sensazioni intime uniche e contrastanti.
Gaston rappresenta l’innamorato illuso, deriso, mesto e contrito, di una storia in cui i veri vermi non sono solo i lombrichi che alleva. I vermi sono alcuni personaggi e sono anche i sentimenti negativi dominanti in una Società che inquadra e rifiuta, e in un dinamismo sentimentale che non si realizza mai così come noi lo vorremmo. Alla fine, il quadro ricamato contempla una visione in cui squallide sono persino le persone che vengono amate ma non riamano o non sanno amare e basta.
La figura della donna del cuore appare, infatti, come antitetica all’eroe del racconto, in quanto non solo non lo riama, ma lo usa e lo disprezza. Da qui l’idea di un universo femminile sempre più contraddittorio - per la serie: chi è causa del suo mal pianga se stesso - che si ritorce vilmente in sé, senza riconoscere i veri fiori, o le forme arbustive più vicine ad essi, e che si accontenta di cogliere belle rose senza profumo alcuno.