Quando la scrittura si alza, si alza un vento che sa dire molte cose, inchinarsi dinanzi alla vita e far entrare la morte, con la stessa grazia, e con la cortesia di sempre, chi sa essere ospitale, nonostante a piombare in casa, sia semplicemente una tragedia.
Ma deve essere una scrittura sapiente, affinché si possa essere accoglienti con l’ospite doloroso, con credibilità, quasi in assenza di pianto ed in totale rinuncia all’edulcorante della retorica.
Perché insomma sia un vento loquace e narrativo ad alzarsi, ciò che soffia deve essere una scrittura leggera come questa di Emanuele Serra, che non si impone per autorità ma si installa con brivido, nel gesto più semplice che la parola fa, quando si presenta con onestà di sensi e di scene, quando non solo si mette a dire la vita ma si fa tutt’uno con essa e non la estrae da qualche cassetto di utensili e tecniche, bensì se la tiene addosso, come un parassita che porta salute e porta verità.
Un gesto di tal pregio, è la scrittura di Emanuele che, in Quando si alza il vento, racconta la storia di una donna alle prese con la sconfitta e l’ardua sentenza che le viene imposta: imparare a diventare adulta, in pieno dolore, attraversando le assenze, le porte chiuse, i ricordi maneggiati con cura a più riprese, fino all’ultima impresa, quella più difficile, affrontare la morte provando a lenirne lo status, provando a sostituirla con un po’ di vita residua.
La storia di questo vento è di quelle che il vento stesso, per pudore, a volte nasconderebbe, in luoghi intatti dal dolore, se mai questi esistessero.
Ma non esistono, almeno non per noi, che siamo creature finite a cui è stato detto di imparare a soffrire, almeno con la stessa qualità con la quale abbiamo dovuto imparare a vivere.
Ed allora il vento si alza, durante una lettura che procede rapida ed intensa, attraverso luoghi narrativi densi come fotografie e sospesi come arie solo immaginate; si alza e muta il clima, altera un colore, suggerisce un pensiero, fa sorridere per il miracolo che compie la letteratura d’autore, ogni volta che si impenna nella vita e la supera quasi, per inventiva, per l’immediata capacità che ha, di stringere in un pugno di pagine l’intensità di un miracolo.
Lei, protagonista del suo essere lei, è appunto lei, ha avuto una vita difficile, al limite della sopportazione, piena di limpidi momenti di gioia in cui già l’ombra della morte si allungava sulle cose e scoloriva le scene; una vita, ancora, piena di dolorosi intervalli in cui la morte è venuta ad annunciarsi senza il timore di spaventare una ragazzina; la vita di una lei, che è quella di una qualunque lei che scopre nell’amore la forza creativa ed insieme distruttiva di un dio che si diverte a scombinare i pezzi di un’esistenza. E’ una lei che conosce l’amore sempre per via di rinuncia, che quando ama si ammala, che quando si ammala scopre l’amore, che quando dà vita per amore, la sua stessa vita comincia ad essere amabile.
Solo apparente, in questa processione di emozioni, silente e sacra, come quella dei santi in cammino lungo il corso di una qualunque città, è il tema della scelta: solo apparentemente lei, dovrà scegliere fra la vita e la morte; perché in realtà, poco prima che il vento cessi e si adagi come un velo sulla terra, non avviene nessuna scelta se non quella fra la vita e la vita, fra l’amore e l’amore stesso, fra lei e sua figlia, che in fondo, continua ad essere propaggine di lei, ramo del suo stesso cuore.
L’epilogo, dunque, è inatteso, sorprendente l’interpretazione che questo autore fa del senso di ogni redenzione.
Se redenzione ci si aspetta, in questo mondo, o in qualunque modo, dal male che abbiamo subito, l’autore ci indica un modo per essere meno attendisti e forse più coraggiosi; un modo di vivere la revanche che è lieve come il perdono per la vita stessa, che è leggero come il vento di una stagione che non aggredisce ma è come una tela tersa sulla quale, semplicemente si mostra l’indimostrabile.
E la morte viene a fare compagnia alla morte, ecco l’epilogo di forza che installa il nostro autore, dove la somma delle negazioni, per contrasto, fa fiorire una presenza, un sintomo di positività, che può ancora chiamarsi vita.
E’ una storia scritta da un uomo, che ha la delicatezza di raccontare una storia di donna, con quello spirito ibrido che solo i grandi scrittori possono vantare; è la storia di una donna che ha la volontà pragmatica di vivere la sua esistenza costellata di lutti e rinunce, con la determinazione e la salda fermezza di un uomo.
L’autore e la protagonista si scambiano i sessi, con quella fluidità dei punti di vista, con quell’affetto che si instaura tra un creatore e la sua creatura, tali da rendere questa storia una vicenda universale, una di quelle che forse, solo per caso, sono accadute per davvero; una storia che, però, non per caso, si è calata in una scrittura, orientata ed orientatesi, come questa di Emanuele Serra, capace di fare di ogni catarsi tragica uno schizzo sorridente di penna. Anzi, di vento.