Non è facile addentrarsi nel “mondo perfetto” in cui l’autore colloca l’esistenza di Elisa, giovane donna attraente che conduce però una strana esistenza molto appartata, anche se dotata di tutte le comodità, all’interno di un’elegante villa di cui è la sola abitante, e dove svolge anche la sua attività di traduttrice e scrittrice.
Unica altra presenza, quella efficiente e discreta di Mario, un taciturno domestico tuttofare ormai avanti negli anni, che svolge in maniera irreprensibile tutte le incombenze pratiche necessarie alla vita quotidiana.
Rimasta orfana da bambina, Elisa non ha parenti, non ha amici, non ha un amore e non sembra nemmeno averne avuti in passato, ma appare banalmente appagata da questa vita dallo stile quasi monacale, finché l’incontro casuale con Lorenzo, affascinante costruttore di mezza età, sembra improvvisamente incrinare i suoi blandi ritmi personali.
In breve tempo la villa silenziosa sembra aprirsi all’ingresso di nuovi personaggi, ma per tutti loro aggirarsi in quelle stanze acquista un significato particolare, e finisce per mettere in moto un complesso meccanismo di rimandi a tracce di un passato nascosto, che forse non sarebbe nemmeno il caso di riportare alla luce.
La narrazione è costruita in gran parte su lunghi dialoghi tra i personaggi principali, ma a tratti l’autore sembra perdere un po’ il filo, rendendo incerta l’attribuzione delle singole frasi alle differenti parti del dialogo, così come l’uso esasperato di alternanze fra tempi diversi non aiuta la comprensione degli eventi.
Il linguaggio è essenziale, ma con qualche aggettivo un po’ abusato (un sorriso non può essere sempre “simpatico”) e forse poco intonato al genere sostanzialmente “noir”della narrazione: proseguendo nella lettura, scopriamo infatti a poco a poco che quasi nulla è come poteva apparirci all’inizio, per giungere infine a una conclusione sconcertante e del tutto imprevedibile.