Apro questo romanzo e resto sin dalle prime colpita per la pulizia del testo. Buono l’editing, buona l’impaginazione e la grafica testuale. Cose che il lettore tende a dare per scontate, ma che di solito, di fronte a testi della piccola editoria, come ho lungamente avuto modo di vedere, non sono poi così scontate. Quello che però poi mi ha lasciata perplessa è stata la trama scarsamente interessante, svolta in maniera banale, anzi non svolta per nulla…
Il titolo lasciava presagire qualcosa di più del mero racconto dell’incubo che Luigi si trascina da tempo, che lo riporta nella sua città natale, fondendosi a un presente sempre molto vago, arrangiato unicamente su dialoghi piani e ridondanti.
Anche la sinossi del testo lasciava presagire dell’altro, ovvero che ci fosse qualcosa di profondamente inquietante nell’animo del protagonista, ma tale e tanto inquieto esce fuori solo nelle ultimissime pagine e sfido il lettore, anche il più assennato, a non annoiarsi prima di essere quasi alla quarta di copertina. Dov’è il libro?, viene da chiedersi.
Il tema trattato è certamente delicatissimo e lo sprezzo per Luigi aumenta di pagina in pagina solo perché è troppo neutro, come personaggio, da risultare o finto o ipocrita, e forse è entrambe le cose, tant’è che alla fine si scopre cos’è che ha fatto e cosa è tornato a fare, ma nel mentre, io non trovo il romanzo. Vedo solo una lunghissima serie di dialoghi incolori, che fanno sì che la storia non si avveri ma si trascini fino a quelle fatidiche righe finali… fino alla rivelazione dell’orrendo segreto dell’uomo, unito all’orrendo gesto di cui si macchierà di nuovo.