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LE POESIE DI AMEDEO BRUNI
A cura di Pietro Pancamo
pipancam@tin.it


Bruni satireggia con violenza ironica gli usi di una società moderna che nel progresso ha trovato solo metodi nuovi (e più divertenti) di corrompersi e gozzovigliare.
Il poeta altro non è, in questo bailamme di vizi a catena, che un "giullare claudicante" e folle, sempre nascosto (ma anche in agguato) fra le brume della pazzia. E da qui (dal suo rifugio nebbioso che confina con l'esilio) il poeta osserva, capisce, giudica.
Umberto Saba diceva: "Guardo e ascolto (…) in questo è tutta / la mia forza (…)". E Bruni gli dà retta, puntualmente. In più, orna i propri versi di un ghigno acre, marcato, dardeggiante che (con dovizia di sentimenti? No: risentimenti!) va dritto al cervello dei lettori, insegnando a ciascuno (a me, a te: a noi) che l'ironia è, molto più della calma, la virtù dei forti.
Diamo dunque il benvenuto, in questa rubrica, ad un poeta forte, incisivo che (attraverso echi futuristi) affastella immagini in snella successione, proiettandole a rincorrersi, e rimbombare concitate, in un'assenza quasi assoluta di articolazione sintattica.
E' infatti, quello di Bruni, un discorso dissestato: non a caso procede a balzi e sbalzi, salti e squarci, lampi e visioni, imitando volutamente il delirio dei folli, appunto. Le loro allucinazioni. Le loro verità… ripudiate!

© Pietro Pancamo


PUNTO DI FUGA

Sprofondò Costantinopoli armonia femminile
l'angelo imperioso, tumefatto corporeo
arcuata rupe bronzea
rimase prostrato sul lembo del cespo.
Genesi incompiuta
lancinante mosaico levantino
lo spettatore incastonato nelle clavicole accese una sigaretta
mentre nelle sale retrocesse
patetici incroci di sguardi
si smarrirono nella vacuità
di una corona debordata da angoli infranti.
Il tripudio religioso di quei giorni
enfatizzò i profeti
la favola di corte divenne orfana di coerenza.
Il testimone famelico s'immerse in un boschetto di vergini
in lontananza
scorse alberelli intarsiati di realismo,
a stento trattennero il flagellato
mentre i superstiti furono condotti sul reliquiario.
Sotto un nicchio pestai la virtù.
Il suono di un liuto divenne punto di fuga.



OCCASO

In quale strano occaso
di sfumature scure
il mio senno fuggì
per lontani infiniti di passato
in cerca del suo posto di fuoco.
Da quale nuova pazzia
fu invaso il mio sterile corpo.
Oh poeti
che di vizi fragili
fate virtù
anche per voi la vita
è romita dimora
in questa valle silente.

 

SI ACCALCARONO

Si accalcarono
forme sintetiche e riprovevoli
adattando l'amore a tutti gli amori
schiudendo il guscio del significato
visibilio di un occhio marino
pirata di contrade.
Vidi ciò che in lettera non fu mai pronunciato
ciò che sguardo negò
nei sensi nella fermezza,
decadendo il regno approfittò per fuggire.
Fu la coincidenza dei miraggi
nella contemporaneità meccanizzata
confabulato di chimere
dal braccio fermo
indicativo e sdegno
dall'occhio rugiade
dal guazzo asserito.
Verbi clandestini! Inni ribelli fluirono nelle metropoli.
Ogni mistico segregato
nel pensiero anacoreta
dalle vie sconosciute ai teatri decorosi
dai focolari premuti ai timbri dell'idioma
si lasciarono sopraffare
dall'aria inclemente
di un dolce temporale.
Spuntò il sole e tutto divenne lucente

 

Amedeo Bruni

 

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