Liberi di venire, liberi di andare
Eravamo veloci e sapevamo rubare.
Sapevamo tradire a rate e senza lieto fine.
Sapevamo aiutare un amico senza prendercene
il merito.
In sordina.
Sapevamo vincere senza avversario e perdere
tutto in un pomeriggio.
Sapevamo saltare la scuola e la chiesa, sapevamo
sbandare da soli nel buio, e tornare all'attesa.
Sapevamo guardare e imparare a memoria.
Sapevamo toccare.
Sapevamo soffrire d'amore e di altre invidie
del cuore.
Sapevamo bere.
Sapevamo prenderci gli insulti, sapevamo farli
fruttare.
E prendere calci e nemici, cadere nel mucchio
e sparare, e sudare e soffiare.
Spalancare le labbra e baciare.
E forse lo sappiamo ancora fare.
Liberi di venire, liberi di andare.
Wolf
Qualcuno la chiama primavera
Non ho mai creduto ai gatti neri o agli ombrelli
inopportuni.
Ma alle coccinelle sì.
Sono nel patio del "Pesce d'oro"
e bevo un caffè.
E' il vento toscano a farmi compagnia.
Morbido e discreto.
La grappa mi guarda ferma dall'angolo del
tavolino.
Ma non ha nulla da dirmi.
Il lago, visto da qui, sembra quadrato.
E' un aquilone a riportarmi al pensiero sferico
e la ghiaia smette di sembrarmi spigolosa.
Il verde è più verde, oggi.
Scrivere su un un tovagliolo bianco mi acceca
più del solito.
Qualcuno la chiama primavera.
Quando lei si avvicina nemmeno me ne accorgo,
da principio.
Poi, sulla spalla di jeans logoro, sento il
peso della sua leggerezza.
Quindi esprimo un desiderio.
E il desiderio si avvera subito dopo.
La grappa è ottima.
L'eco di una carabina le schiude le ali.
Quel giardino rosso lucido, di fiori tutti
neri, mi passa davanti in silenzio.
Non è spaventata.
Ma la vita le ha insegnato che quando qualcuno
spara bisogna alzarsi e non cadere.
Mi saluta in fretta.
Sta già organizzandosi per altre fortune.
Buon lavoro, coccinella
Wolf