Il momento tanto temuto era ormai giunto: ancora
un minuto, forse due, e riluttante avrebbe voltato
le spalle a ciò che rappresentava la
sua giovinezza.
Un vento leggero accarezzava la terra, flettendo
l'erba del prato tanto da ricordargli le carezze
che dava agli affezionati gatti domestici.
Il destino gli lasciò alcuni legami con
il teatro della sua fanciullezza prima e dell'adolescenza
poi, ma questo poco incideva sulla sua riluttanza
ad abbandonarlo.
La frenesia del resto della famiglia assomigliava
ad una meticolosa fuga. Gli altri ultimavano
i preparativi, lui finiva di riordinare i ricordi.
Come per i bagagli, non si poteva portare via
tutto, ma solo le cose ritenute migliori
le
prime passeggiate vigilato dai nonni, la neve
spazzolata da Gennaio sugli abeti, i compleanni
festeggiati all'aperto, i Supertela calciati
con gli amici che si avvicendavano a causa delle
spine, la breccia vicino alla magnolia sulla
quale si sbucciò il ginocchio, la corsa
dietro le lucertole con quelle code che, staccate
dal corpo, sembravano manifestare una vita propria
tutto
quello che era visibile al di fuori del perimetro
domestico era stato un buon compagno di giochi,
amico discreto e fidato, od entrambi.
Il suo impegno per rimanere era stato encomiabile,
ma inutile. Il lavoro per un padre di famiglia
è il lavoro, e nel complesso la sua volontà
valeva quanto il classico due picche. Poco più
di niente, e da qualunque angolazione non abbastanza.
Il suo status di studente universitario, regolarmente
iscritto a Roma, sdoppiò il suo due di
picche, trasformandolo in un jolly nelle mani
del padre: la relativa vicinanza alla sua facoltà,
la possibilità di non perdersi i corsi
pomeridiani
discorsi ineccepibili, l'essenza
del jolly.
La sua simmetria con "Il ragazzo della
Via Gluck" di Celentano superava le distanze
del tempo, gettandogli addosso un pizzico di
ironia sul momento della partenza. L'unico.
Ancora un minuto, forse trenta secondi. No,
non riusciva ancora a farsi una ragione. Nemmeno
il flash di aver baciato Maria dietro l'abete
poteva bastargli. Tanto meno bastavano le camelie
e la rievocazione dei suoi boccioli. Trovandoli
per terra tentava di risistemarli sulla pianta,
magari aiutandosi con lo scotch. Ecco, forse
provava a fare altrettanto con la sua esistenza
e quel luogo. Per lui, il bocciolo che si stava
staccando, non esisteva lo scotch od il nastro
adesivo adeguato. Niente. Ci voleva un pensiero
a parte per il giardino, per quella terra che
giunto a quasi vent'anni riconosceva come sua
un
filo comune la univa al viale e la casa, proiettandola
fino ai prati e le colline circostanti. Li intendeva,
più che una proprietà, come una
simbiosi.
L'idea della nuova abitazione stentava a prendere
posto tra i suoi progetti: una casetta niente
male visitata un paio di volte, posta in un
quartiere vivibile, che in ogni caso non reggeva
il paragone.
Le distanze si sarebbero calcolate con un mero
calcolo aritmetico: tre quarti d'ora da stazione
Termini, un'ora di binari da lì a Priverno-Fossanova
ed infine dieci minuti - un quarto d'ora di
macchina od autobus, inconvenienti permettendo.
Due ore grezze, una distanza parzialmente colmabile
durante alcuni fine-settimana. Il punto medio
ideale di incontro, per due diciannovenni, diventava
la stazione di Campoleone. Un peccato che Maria
non vi avesse più parenti.
Rischiava di non essere più la sua terra.
La prossima volta, ritornando lì, sarebbe
stato un ospite. La terra sarebbe stata ancora
quella, la simbiosi no. La distanza incolmabile
di una nuova vita altrove stava diventando realtà,
e capì che forse alla sua collezione
mancava ancora un ricordo: l'ultimo.
Si chinò fino a toccare il terreno con
la mano, attutito dai folti fili d'erba. La
terra stava sussurrando qualcosa, e lui lo sapeva.
Qualcosa di talmente semplice da apparire evanescente,
subliminale. Non aveva fretta di tradurne il
senso: c'era tutta la vita per capirne il contenuto.
Dieci secondi, il tempo di rialzarsi e di sorridere.
L'ultimo richiamo dei genitori non assomigliava
più ad un fardello.
Mentre partiva, si accorse che il delicato pensiero
di un elementare, lontano arrivederci avrebbe
fatto il resto: la terra sarebbe rimasta lì,
ad aspettare i suoi pensieri, i suoi ricordi,
fino a quando avrebbe voluto.
La terra era ancora sua.
© Fabio Battisti
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