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recensioni
TUTTA
QUELL'ACQUA
di Luigi Bernardi
Dario
Flaccovio Editore
Collana Tempora
153 Pagine
Settembre 2004
Giornalista,
scrittore, traduttore, editor, talent scout,
consulente editoriale, romanziere, saggista,
studioso di cronaca nera il curriculum
letterario e la biografia di Luigi Bernardi
sono impressionanti.
Niente di strano che sappia come scrivere un
buon libro. Anzi, di più, un libro al
di fuori dei generi canonici, un testo ibrido,
non catalogabile, ma avvincente.
Nonostante la tecnica, la valenza artistica,
i virtuosismi letterari, e le strategie narrative
di una vecchia volpe dell'editoria italiana,
in questo romanzo "difficile" di Bernardi
si legge anche la passione, il cuore, l'impeto
interiore senza dei quali nessun libro "è
un buon libro".
Una scenografia azzardata, dai contorni imprecisi
e appena accennati, fa da sfondo a una storia
tutto sommato "non nuova". L'incontro
di due esseri umani a metà, che per un
lungo doloroso momento credono di completarsi,
portandosi un passo avanti verso la salvezza,
per poi perdersi senza alcuna speranza l'attimo
dopo.
Ne poteva uscire un'opera indefinita, magari
banale. Ne scaturisce invece una storia potente,
vorticosa e trascinante. Come un giallo o come
un noir della più pura classe.
Eppure Tutta quell'Acqua non è né
un giallo né un noir, e sebbene non sappiamo
bene cosa sia, constatiamo che davanti a noi,
in quelle centocinquantatre pagine, scorrono
due intere esistenze, alle quali ci appassioniamo
e ci leghiamo indissolubilmente, fino all'ultimissima
riga.
Esiste forse qualche altra cosa che conti in
un libro? Si può ragionevolmente richiedere
qualcosa di più a un autore? Assolutamente
no. Perché il fine ultimo della narrazione
è stata raggiunto, e con validissimi
mezzi espressivi.
Tutto da ammirare, e da gustare fino in fondo,
questo ultimo lavoro di Luigi Bernardi, edito
dalla Flaccovio Editore per la collana Tempora.
Vanni e Bianca sono due personaggi lacerati,
confusi, indecisi, tendenzialmente in retromarcia
rispetto al mondo che li circonda. Lo scenario
circostante di una guerra indefinita, dai contorni
vaghi e sfumati, non fa che appesantire e accentuare
questo loro senso di estraneità.
Un dramma contenuto è la miccia che
innesca la loro conoscenza, la scintilla generatrice
del loro contatto, inizialmente non voluto,
fortuito, del tutto casuale, anzi quasi respinto.
Una deflagrante esplosione di violenza è
la chiusura finale che li accompagna verso una
fine praticamente annunciata, il compiersi di
un destino tanto inevitabile da sembrare quasi
desiderato.
Inappuntabile sotto multi punti di vista, questo
romanzo cattura come un serpente ammaliatore.
Chi di noi non riconosce se stesso in qualcuno
dei piccoli "vizi" emotivi di difesa
psicologica che il protagonista attua nei confronti
della pressante realtà che lo circonda?
E se il dramma di Bianca è più
profondo, visceralmente motivato da un trauma
gravissimo, di natura non immaginabile, anche
in lei si possono ravvisare tratti comuni alla
quotidiana realtà di molte donne, che
concentrano in un unico incontro tutte le loro
possibilità di riscatto e di affrancazione.
Il classico avvicinarsi di due entità
allo sbaraglio, di due vascelli sperduti nelle
tempesta, ci porta inesorabile al fulcro della
vicenda, dove tutte le carte si giocano, neanche
a farlo apposta, attorno al panno verde di un
tavolo da biliardo.
E' lì che tutti gli eventi si compiono,
le identità si completano, i protagonisti
si confrontano, ed è sempre in quel momento
che si presagisce la sconfitta.
Nonostante una lieta aria di primavera emotiva
lasci intravedere altri scenari, mutuamente
possibili, la storia si avvia progressivamente
verso una fine tutto sommato accettabile, se
pur dolorosamente dura da concepire.
Pertanto, quando abbandoniamo i nostri protagonisti
al loro destino, ci rendiamo conto che, come
accade nei classici della letteratura, il decorso
clinico non poteva essere che questo, e che
i due alla fine periscono di una sorta di morte
annunciata.
Lascia l'amaro in bocca, ma si fa ricordare,
questa storia lacerante di incomprensione e
dolore, a cui il sapiente scenario bellico fa
da sottofondo in un giusto tono di contrappunto,
senza oscurare eccessivamente né appesantire
una storia che già da sola avrebbe vissuto
di vita propria.
Una confezione raffinata, insomma, un piccolo
gioco di acrobazia da parte di un autore tutto
sommato smaliziato, e fortemente evoluto, che
schiaccia l'occhio al suo pubblico, facendosi
perdonare anche qualche piccolo trucco di prestigio
avvenuto proprio sotto i nostri occhi.
Ma fa parte del gioco anche questo, perché
non c'è trucco senza inganno.
Alla fine l'unica cosa importante, come diceva
Oscar Wilde, è che non esistono libri
buoni e scritti cattivi, ma più semplicemente
libri scritti bene o scritti male, e Tutta quell'Acqua,
oltre ad essere intrigante ed atipico, è
anche e soprattutto, scritto benissimo.
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