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Delfino
di S.Bambaren


a cura di Claudio Palmieri

Sperling & Kupfer 1997
Pagine: 96
Costo: 10.50 Euro
ISBN 8820024381


Prima di parlarvi di questo libro devo farvi due domande:
Avete letto "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach?
Avete letto "Il piccolo principe" di Antoine Marie Roger de Saint-Exupéry?
Bene, se avete risposto sì a queste due domande allora posso dirvi che avete praticamente già letto gran parte de "Il Delfino" di Sergio Bambarén.
Certo non posso dire una cosa del genere senza giustificarla, quindi vediamo perché sostengo questa "folle" tesi.
Nella prima parte del libro di Bambaren si parla di un delfino, Daniel Alexander Dolphin, che, solo tra quelli del suo branco, si spinge oltre le convenzioni. Non passa le sue giornate a rincorrere il pesce e non si limita a nuotare per nutrirsi. Egli nuota per il piacere di farlo, mangia quando ha fame e ciò che vuole è riuscire a nuotare sempre meglio fino ad essere pronto per poter cavalcare l'onda perfetta. Per far questo si spinge oltre i limiti della laguna che i saggi, gli anziani, hanno stabilito come invalicabili per la sicurezza dei delfini del branco. Lì, da solo, fuori dalla massa, può migliorare la sua tecnica per cavalcare le fantastiche onde che si frangono sulla barriera corallina
Bene signori queste è la trasposizione in soggetto di delfino della storia in soggetto di gabbiano de "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach. Pari pari.
Nella seconda parte Daniel Alexander Dolphin, che ha ormai imparato che la vita non è tutta nel branco e non si svolge tutta nella laguna della isola dove fino ad allora era vissuto, si spinge verso il mare aperto e comincia a nuotare nell'oceano sconfinato. In questa sua avventura, guidato dalla voce possente del mare, egli incontra dei personaggi che gli danno insegnamenti sulla vita. Qui signori, il libro di Bambarén ricalca, senza però arrivare alla stessa carica emotiva, "Il piccolo principe" di Antoine Marie Roger de Saint-Exupéry. Stesse intenzioni, ma niente a che fare con la splendida pienezza emotiva che troviamo nel libro di de Saint-Exupéry.
Nella terza e ultima parte, Bambarén si lancia finalmente nella rivelazione dei principi fondamentali del suo pensiero:
"Se le nostre azioni fossero sempre ispirate al meglio la nostra vita acquisterebbe più significato, [...]"
"[...] Daniel Alexander Dolphin era riuscito a trovare l'onda perfetta e incontrandola aveva scoperto il vero scopo della vita: dare un senso a ogni suo istante, seguire i sogni, perché così sarebbe stato felice."
"Il segreto di un'esistenza piena e felice sta nell'imparare a distinguere tra i tesori veri e quelli falsi. [...] Invece abbiamo costruito un mondo di falsi tesori, abbiamo accettato senza batter ciglio di vivere per pescare, senza sosta, e così facendo abbiamo rinunciato ai nostri sogni."
A questo punto che dire? Niente di nuovo sul fronte occidentale, mi pare!
Bambarén in questo libro ci dice delle cose molto semplici, cose che un padre, il quale magari abbia letto i due libri citati all'inizio, abbia una anche minima esperienza di vita e sia particolarmente ispirato da un bel tramonto, riuscirebbe a dire a sua figlia con maggior profondità. Quelli elencati poco sopra sono concetti che abbiamo sentito tante volte che potremmo dire, usando una brutta espressione, sono "emozionalmente inflazionati". Bambarén però ce li ripropone mescolandoli con le avventure di Daniel Alexander Dolphin, il quale, da delfino, queste cose le ha appena scoperte.
Così, facendo affidamento sull'identificazione del lettore con un'anima candida, tabula rasa su cui vengono incisi questi principi fondamentali, Bambarén stimola i nostri sentimenti in modo da usare essi stessi per riempire queste "verità fondamentali" di profondità e carica emotiva. In altre parole, Bambarén basa l'efficacia delle sue parole non sul loro significato intrinseco che ai più è già noto (Carpe diem non ce l'ha insegnato lui per primo), ma sullo stato d'animo di chi legge per dare così origine ad una sorta di autogerminazione emozionale.

In questo modo, se il lettore è disposto a prestarsi al gioco di Bambarén, cioè a dimenticare ciò che già sa e farsi trasportare dall'onda perfetta, egli può trovare ne "il Delfino" un libro pieno di grandi verità, un libro che dice qualcosa di nuovo, un libro capace di dare degli insegnamenti di vita. Ma se il lettore non è un adolescente e se si sofferma anche solo un momento a pensare con spirito critico a ciò che ha letto, egli, con le dovute e sempre presenti eccezioni, arriverà a concludere che questo libro, oltre che essere fisicamente sottile, è carente di spessore anche dal punto di vista dei contenuti.
L'impressione che ho avuto leggendo il libro di Bambarén è stata quella di trovarmi davanti ad un'opera costruita a tavolino. Non che altri romanzi non siano tali. Ogni storia narrata è frutto di uno studio quasi scientifico, di un'organizzazione profonda e di una strutturazione meticolosa. La differenza è che, se per altri casi questo accade per strutturare la narrazione attorno a ciò che l'autore ci vuol dire, in questo libro credo che si sia partiti dall'obiettivo finale e da questo poi si sia risaliti a ritroso per edificare la struttura adatta per raggiungerlo. Dicendolo diversamente: alla fine della lettura de "Il Delfino" ho pensato che l'autore sia partito dalla stesura di una lista di frasi di una certa efficacia emotiva (quelle sul significato della vita, su cosa è giusto e cosa non lo è, su quali sono le lezioni da imparare vivendo) e in seguito vi abbia imbastito attorno una storia per la quale, tra l'altro, ha tratto ispirazione (e forse qualcosa di più) da altri libri.
Concludo dicendo che questo libro è da leggere se lo si riceve in regalo. Io l'ho acquistato e questa è stata una di quelle volte in cui credo che avrei fatto meglio ad investire i miei soldi in una buona bottiglia di vino (vero spirito per lo spirito!). Quindi, se voi siete veramente decisi a leggerlo allora vi consiglio di chiederlo in regalo (in tal caso esso acquisterebbe di certo un significato emotivo) oppure, se nessuno ve lo vuole regalare, di farvelo imprestare (detto tra noi, se non fosse illegale, credo che anche una buona fotocopia andrebbe bene). Ultima, e ritengo più intelligente, alternativa è, se non l'avete ancora fatto, quella di leggere i due libri che ho citato all'inizio


L'incipit

I primi raggi del sole mattutino filtravano dolcemente attraverso la ragnatela di nuvole che diradandosi lasciavano intravedere un atollo remoto di incontaminata bellezza, un vero gioiello incastonato nel manto azzurro del mare. (...)


Claudio Palmieri, Febbraio 2003
claupalm@yahoo.it


 


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