a cura di
Claudio Palmieri
Einaudi 2002
Pagine: 52
Costo: 7.50 Euro
È
l'ossessione che porta la follia o la follia
che porta all'ossessione? Questa è
la domanda che mi sono posto dopo aver cominciato
a leggere questo piccolo romanzo di Tahar
Ben Jelloun. Infatti, il protagonista, un
pianista marocchino baciato dal successo,
ha un'ossessione,
quella di essere sporco e di emanare un
puzzo orribile. Egli si lava, una doccia
al mattino ed un bagno rilassante alla sera,
ma quell'odore non lo abbandona mai. La
sua compagna ed il suo medico gli spiegano
che, in realtà, non ha nessun cattivo
odore, ma questo non basta a farlo star
meglio. Lui sa che quell'odore c'è
ed è dovuto ad una malattia, una
Malattia Amichevolmente Trasmissibile, una
malattia che ha contratto stringendo una
mano, o abbracciando una persona malata
e contagiosa.
Il rimedio per questa malattia che lo fa
sentire così lordo non è qualcosa
di convenzionale. Non è una doccia
con un detergente speciale e neanche una
crema dermatologica o un profumo. Egli sa
che per perdere quell'odore il rimedio e
una visita all'hammam, ed in particolare
a quell'hammam di Fez dove si trova Bilal
il massaggiatore nero.
Così il nostro protagonista che da
anni risiede in Francia, lascia tutto e
da solo va a Fez per poter ritrovare l'antica
usanza dell'abluzione presso l'hammam e
poter giovare del massaggio purificatore
di Bilal.
La prosa di Tahar Ben Jelloun scorre fluida
ed il libro si legge in un paio d'ore. Ma
nonostante la sua brevità i contenuti
di questo romanzo sono interessanti. La
dedica dell'autore di per sé è
già una sferzata che ci arriva prima
di iniziare l'attacco dell'incipit: "Ai
traditori che si riconosceranno". Poi,
leggendo oltre, si arriva inevitabilmente
a chiedersi quanto ci sia di autobiografico
in quella cinquantina di pagine. Pagine
che descrivono il mondo dell'artista affermato
che si trova attorniato da personaggi mascherati
da amici sinceri che troppo spesso sono
solo invidiosi e interessati. E da questi
"traditori-untori" che il protagonista
fugge arrivando a Fez dove trova finalmente
le risposte alle sue domande.
Nella Fez descritta ne "L'hammam"
gli anziani si lamentano di come ciò
che era la loro città non esista
più; ben poco è rimasto come
prima. La città non ha più
l'identità di una volta e solo qualche
pazzo è convinto ancora di poter
salvare ciò che era e oramai non
è più. Lo stesso protagonista
trova che la sua casa natale, posta nella
città vecchia, è oramai diventata
un'abitazione popolare in un sobborgo. Questo
cambiamento della città si rispecchia
in un più generale cambiamento della
società, in cui oggi le cose buone
sono oramai andate perdute e i "malvagi"
hanno la meglio. Oggi "le persone conoscono
la paura, ma non il rispetto" dice
un anziano al nostro protagonista; non ci
sono più ideali e i "traditori",
coloro che urlano e schiamazzano, coloro
che vivono di invidia e sotterfugi, hanno
vita facile. Da questi personaggi bisogna
stare lontani. Evitare di frequentarli,
non farli entrare nella propria vita e,
se ciò fosse malauguratamente già
successo, allontanarli e dimenticarli. Dimenticarli
per guarire.
La lettura di questo libro di poche pagine
ci lascia molto. Ancora una volta Tahar
Ben Jelloun ci dimostra le sue qualità
di grande narratore e in più ci mostra
come si possa esprimere tanto in un testo
così breve.
Claudio Palmieri, Maggio
2002
cpalmieri@progettobabele.it
L'incipit
È da molto che sogno di andare
all'hammam. Faccio la doccia ogni mattina,
ho una cura quasi ossessiva della mia igiene
personale, eppure mi sento sporco. Mi manca
l'hammam. Più che nostalgia dell'infanzia,
anni avvolti nel vapore e intrisi di immagini
sfocate, un tempo in cui l'innocenza ci
permetteva di accompagnare le nostre madri
in quei luoghi di ambigua intimità,
il bagno moresco o bagno turco, come lo
chiamano gli orientalisti, è uno
spazio privilegiato, una specie di segreto
che ogni bambino marocchino custodisce gelosamente
nella propria memoria. Un bambino non è
mai del tutto innocente, ma chiude gli occhi
e fa come se nulla di veramente grave potesse
accadere nella luce velata che da' ai corpi
delle donne forme stravaganti e traboccanti
di desiderio. con il passare degli anni
quelle immagini ingrandiscono e assumono
proporzioni inquietanti. Certe scompaiono,
altre riemergono in sogni perplessi. Per
alcuni, tutte le donne che si lavano in
quella semioscurità sono delle orchesse,
per altri esiste solo la propria madre e
non vedono che lei.