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Editore Lampi di
Stampa Collana Letteratura
Italiana
251 pagine br. - prezzo euro 16.00
ISBN 8848802230
Nella
Milano di fine '800, il conte Galeazzo
di Belgirate, che finora non aveva dato
altra buona prova di sé che nel
gioco ed in un'inutile storia con una
soprano, decide di por la testa a partito,
e di sposare sua cugina Maria, recente
vedova dopo un matrimonio breve ed infelice
con un "ottimo giovane, il quale,
prima di prender moglie, aveva voluto
fare come fan tutti , senza aver la
gran salute da spendere come hanno parecchi
altri". Probabilmente Galeazzo
sottovaluta il passo che sta per fare,
perché sua cugina "era rimasta
buona, ma le sue arcuate sopracciglia
nere (una delle quali si spingeva un
pochino più in su dell'altra
verso i capelli) rivelavano subito che
un filo di stramberia le era già
entrato nel capo". Maria, con concretezza
tutta lombarda, gli propone una prova
d'amore abbastanza singolare: quella
di fingersi per cinque giorni un viandante
perso nella campagna mantovana, e di
chiedere ospitalità proprio a
quella famiglia di mezzadri che coltivano
i loro possedimenti di famiglia, i coniugi
Gervasi, detti Stentone, della Casanova
di Coronaverde. Anzi, dovrà chiedere
un lavoro per quei giorni, proprio a
quella gente, che da buon padrone assenteista,
Galeazzo non conosce neanche di vista,
presentandosi come Lazzaro degli Abeti,
un nome che il conte aveva scelto qualche
anno prima per Carnevale. Tra la preoccupazione
per i giorni che lo aspettano e la voglia
di superare la prova, Galeazzo si fa
lasciare in quelle campagne, vestito
poveramente (o almeno lui così
crede) e si presenta in incognito (anche
se l'accento lo tradisce come milanese).
Questo è il tema sviluppato con
arguzia da Alberto Cantoni ne "L'illustrissimo",
un romanzo del 1904. Cantoni si muove
con abilità tra la satira del
padrone assenteista e lo scontro dei
suoi usi cittadini con quelli dei suoi
"dipendenti" di campagna.
Il conte Galeazzo è costretto
a muoversi con estrema cautela, attento
a non tradirsi ed a far sì che
nessuno abbia sospetti. Inoltre incontrerà
una serie di donne, molto diverse da
quelle a cui era abituato, tra cui la
Giovannona, una ventenne, furba, grande
e grossa, che non viene sfiorata neanche
per un attimo dal pensiero che il "milanese"
sia quel che sostiene di essere: "-Non
è mica cattivo -saltò
a dire Giovannona sempre più
stizzita - ma capirà, bisogna
dirgli dove ha da metter le mani e dove
i piedi. Sa tanto lui di campagna quanto
sappiamo noi di galanteria-".
E' chiaro che alla fine si dovrà
arrivare ad un chiarimento, anche perchè
Maria vuole evitare che Galeazzo si
comprometta troppo in quel di Coronaverde,
ma non prima di una serie di equivoci
molto goldoniani, e di aver ritratto
una serie di personaggi paesani, come
Don Angelo il curato che parla in difficile,
e che: "Batteva le doppie, parlava
a filo per maggiore, minore e conseguente;
traduceva Virgilio e Cornelio Nepote,
quello a digiuno e questo dopo cena
ed entrambi con la scusa che erano mantovani
per patria ambidue [...]".
C'è un po' di manzonismo in tono
minore ("Siamo in quella punta
della provincia di Mantova dove il Po,
raccolte dalla opposta riva le torbide
acque dell'Enza, si getta a un tratto
verso settentrione, discendendo per
ampio letto fino allo sbocco dell'Oglio.
E' questo, per così dire, l'ultimo
addio che il regal fiume volge repentinamente
alla catena delle Alpi di dove è
uscito, per poi riprendere come l'aquila
romana il suo cammino contro il corso
del sole, e così avviarsi difilato
al mare."), un po' di polemica
coi toni troppo cupi del verismo ("Cercando
pazientemente dovunque, non è
mai molto difficile di trovare e dei
galeotti non ancora presi e delle male
femmine non ancora bollate, ma a che
pro' mostrarli tanto quando non rappresentano
che delle eccezioni?") un po' di
romanzo sociale e parecchio umorismo,
ed è senz'altro un romanzo godibile
ancor oggi, a quasi cent'anni dall'uscita
("L'illustrissimo" è
l'ultimo romanzo di Cantoni, pubblicato
postumo nel 1904), mostrando una nettezza
di scrittura ed un tratteggio dei caratteri
molto interessante.
L'incipit
Come era bello (una buona ventina
d'anni fa) quel ricchissimo conte Galeazzo
di Belgirate! Alto, con un torace da
titano ribelle, con le mani bianchissime,
con gli occhi azzurri e malinconici,
pareva nato apposta per farsi voler
bene e dalle brune che pregiano gli
uomini gentili, e dalle bionde che rintracciano
i forti. Ma due brutte cose gli impedivano
di far valere quella sua gentilezza
e quella sua forza, così ben
secondate dal cuore onesto e dalla mente
sottile: era pigro e fantastico. Mai
che un amor vero e profondo, che una
fervida e provata amicizia avessero
rotto la pace di quella sua anima tranquilla
e disutile. Generoso senza avvedersene,
finiva sempre per far più e meglio
degli altri quando la fortuna, troppo
gentile, lo pigliava per il vestito
e gliene porgeva l'occasione, ma che
egli si fosse mai dato cura di correrle
incontro o almeno di porsene in traccia,
oh questo poi no! (....)
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