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Mario
Michele Pascale Editore
136 pg. - 12 euro
ISBN 88-88258-33-7
Questo
sofferto, compatto romanzo è un esempio
in più di come molte cose interessanti
che si scrivono vengano pubblicate assolutamente
fuori dai circuiti più riconosciuti ed
individuabili. Si tratta in questo caso di fantascienza,
il genere che, forse più di tutti, consente
di attraversare i territori del pensabile. Il
romanzo si apre con la relazione in merito alla
scoperta di Maktra, l'ultima particella della
materia: "Maktra è e non è.
Non possiede informazione, non possiede massa,
non possiede energia. Non ha un tempo, non ha
un luogo in uno spazio, può essere ora
qua e là, e può non essere, nello
stesso tempo, né qua né là,
seppur sempre presente in ogni processo di evoluzione.
Maktra è l'archetipo del Caos, è
la sua anima. Il nostro corpo, il nostro mondo,
l'Universo poggiano da sempre sulla caotica
esistenza di una particella che non ha un perché,
non segue una logica, non possiede qualità
alcuna. Per puro semplice imponderabile caso
fa sì che qualcosa si aggreghi e si stabilizzi
per successiva selezione una volta ogni migliaia
di miliardi di miliardi di miliardi di combinazioni "
Facciamo appena in tempo ad assorbire l'inquietudine
destataci da questa sconvolgente acquisizione
e ci ritroviamo in un'atmosfera alla Simenon,
memori grati di certo peregrinare di Maigret
per vicoli, bistrot e donne perdute. A rabbrividire
nella fredda notte autunnale, mentre la TV trasmette
interminabili dibattiti sulla fine della religione,
è Francesco, disoccupato divorziato,
con una figlia quindicenne che vede poco e che
lo odia.. L'incontro con una donna, Margherita,
che sembra trasmettere calore ma che rivela
presto, nella sua mordacità, qualcosa
di folle, prelude alla conoscenza di Lucia,
il cui passato è stato funestato da uno
stupro e che viene protetta e amata da Margherita
in un morboso transfert. Ne consegue un rapporto
a tre che evolve in una vera e propria violenza
sessuale nei confronti di Francesco, diretta
da Margherita, in onore di Lucia e nonostante
l'opposizione di quest'ultima. La narrazione
privilegia solidi, ibseniani dialoghi mentre
allo sfondo collettivo sono dedicati pochi ma
efficaci cenni; intuiamo un mondo che, scoperta
l'inesistenza di Dio, accertato il presunto
suicidio del papa, pare tornare all'homo homini
lupus di hobbesiana memoria, fino ad assestarsi
su una "normalizzazione" militare,
nell'impoverimento collettivo e in una globalizzazione
ora davvero conseguita. Francesco non segue
l'affermarsi del nuovo ordine a causa del fatto
che, picchiato da un barista per esser stato
testimone involontario di un delitto e infine
colpito da una statuetta di bronzo da Margherita,
resta sette mesi in coma. Al risveglio si trova
dunque di fronte al fatto compiuto, con la sensibilità
ancora intatta, incapace di adattarsi e di capire.
Arriverà tuttavia ad una catarsi, ritrovando
il suo vecchio lavoro di restauratore di dipinti,
fornitigli stavolta da un generale che li ha
salvati dalle devastazioni, e un rapporto pacificato,
che potrebbe aprirsi all'amore, con Lucia.
Si è tentati di sostenere che l'unico
punto debole del libro, l'anello che non tiene,
è proprio l'assunto di base: la scoperta
della supposta particella Maktra come prova
dell'inesistenza di Dio. Jevola si ispira evidentemente
alle ultime acquisizioni della fisica, che paiono
proprio sul punto di confermare che il mondo,
e perciò noi stessi, siamo costituiti
in ultima analisi dal nulla, da incontri e scontri
tra particelle le cui posizioni e continuità
d'esistenza obbediscono a criteri probabilistici.
E' in effetti tutto da vedere se questo negherebbe
la possibilità di credere o, piuttosto,
la libererebbe una volta per sempre dagli impacci
ancora eccessivamente eurocentrici e cristiano-centrici
con cui la concepiamo. La teosofia in genere,
ma anche la "cristiana" (o, per meglio
dire, "cristica" ) antroposofia di
Rudolf Steiner sostengono l'esistenza di altre
dimensioni oltre quella fisica, le cui ultime,
infinitesime particelle altro non sarebbero
che una soglia. Chi ha bazzicato, anche solo
per "fantascientifica" curiosità,
nei secolari saperi esoterici sa dunque di piani
materiali via via più sottili fino a
per noi inconcepibili piani spirituali, in una
suggestiva compenetrazione di realtà
che può farci tornare alla mente le matrioske
russe. Ma pur non volendo credere a queste cose,
restando vincolati ad una kantiana saggezza,
resta improbabile lo sgomento che Jevola ipotizza
nell'umanità alla notizia della scoperta
di Maktra. E' un po' come la "morte di
Dio" di Nietzsche o la "fine della
storia" di Fukuyama, a cui le persone di
cosiddetto buon senso, non tramortite dai libri
(interessante l'osservazione di Francesco all'accanita
lettrice Giada: "Beh, aver letto mille
libri devi avere una foresta nel cervello")
non hanno mai potuto prendere sul serio. Ma
ovviamente tutto questo non è importante,
anche se andava argomentato per essere stati
comunque chiamati in causa nel nostro rapporto
col mistero. Jevola stesso lo sa, aprendo uno
spiraglio al dubbio alla fine del romanzo (la
domanda di Lucia: "ma Dio, esiste veramente?").
Ciò di cui il nostro scrittore aveva
bisogno era un pretesto forte per scrivere una
intensa storia di tensioni tra personaggi tormentati,
espressionisticamente immersi in uno stato cupo
di sospensione, di indefinita ma forse irrimediabile
perdita.
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