Questo libricino in formato economico, a prima vista, può sembrare un po' scarno ma, se si va al di là dell’apparenza, scopriamo al suo interno pagine ricche di umanità.
Lo possiamo paragonare proprio al protagonista, Carmelo Musumeci, promotore della raccolta firme contro l’ergastolo ostativo; col quale anche la sottoscritta collabora da anni.
Musumeci è un detenuto, uno di quelli col “fine pena mai”. In carcere da più di venti anni sta portando avanti la sua battaglia che lo ha portato da “delinquente” a una persona che si è laureata, è cresciuta ed è cambiata. Una persona messa al margine, proprio come potrebbe apparire questo libretto, così discreto, che passa quasi inosservato. Eppure, se lo si legge con attenzione, scopriamo quanto possa donare.
Giuseppe Ferraro è un docente di filosofia della morale alla Federico II di Napoli.
In questo libro troviamo le lettere che nel tempo si sono scambiati l’ergastolano e il filosofo; lettere personali, ma che qui trovano una ragione d’essere proprio per quello che hanno da insegnare al prossimo: l’umanità, la riflessione, la capacità di trovare una ragione di vita anche laddove pare non ci debba più essere via d’uscita.
Sono molti i temi toccati: oltre la reclusione in sé, le gabbie che tutti noi racchiudono. Il suicidio, il senso della vita, le giornate vissute nel carcere da una parte e tramutate in senso sociale dal filosofo.
Perché anche un ergastolano è una persona che ha desideri e speranze, anche se pare non ne abbia più diritto.
Ci sono pagine di denuncia, di fatti che noi troviamo a latere nelle pagine di cronaca, ma che, per chi le vive quotidianamente, fanno parte della propria giornata.
La società ha un dovere fondamentale, ed è quello del recupero. Non basta acciuffare il colpevole, toglierlo dalla società e lasciarlo a sopravvivere laddove non possa più nuocere, senza fargli comprendere il suo errore, senza redimerlo. Senza dargli una speranza di cambiamento e di propositi.
Troppo spesso la gente dimentica che dietro all’errore c’è un essere umano, troppo facile è eluderlo così da fingere che non esistano anche gli sbagli, di sicuro alcuni atroci; ma che comunque fanno parte del nostro essere uomo.
La frase che più mi ha colpito e che condivido appieno è questa: “La pena deve essere un diritto, non una condanna, non una punizione”.
Un libro che consiglio vivamente di leggere, perché è stupido fingere che non esistano determinati problemi; ciò che rende grande ogni uomo è la sua capacità di riflettere, di capire, di seguire un percorso che lo porti anche a confronto con problemi che crede lontani da lui.
La prefazione è stata curata da Francesca de Carolis che dice: “Il professore e l’ergastolano, dunque. Che non è, come si può immaginare, un colloquio fra maestro e discepolo o, chissà, fra consolante e afflitto. Si tratta piuttosto di un confronto, continuo, serrato, con la vita”.