GLI
AUDIOLIBRI DI PB
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Nella
vita di uno scrittore, ci sono a volte dei temi
che ricorrono, come metafora di sentimenti più
complessi, oppure semplicemente come utili e
molteplici rappresentazioni di una realtà
vissuta e sperimentata in prima persona. E'
il caso delle cronache da Perengana per Roberto
Vacca, che nel corso di oltre quarant'anni rappresentano
uno scenario nel quale si svolgono vicende di
vario genere, che toccano tutti gli aspetti
della vita perengana, dall'amministrazione della
giustizia all'innovazione tecnologica, dalla
televisione di stato all'economia: si tratta
di fantapolitica con intento satirico, in questo
senso non un genere nuovo da Jonathan Swift
in poi, in un solco tracciato addirittura dagli
utopisti rinascimentali, come Thomas More, Bruno
e Campanella.
La differenza però con la fantapolitica
tradizionale è che Roberto Vacca può
non soltanto presentare le ridicolaggini di
un paese mal organizzato ed anche peggio governato,
ma anche proporre delle soluzioni non utopistiche,
da buon ingegnere dei sistemi, soluzioni basate
ovviamente su quello che potremmo definire il
"buon senso" ingegneristico. E, a
parte il fatto che la mia considerazione per
gli ingegneri e per la loro versione di "buon
senso" può essere (ed è)
leggermente più opaca e sbiadita di quella
di Vacca, bisogna ammettere che le vicende di
Perengana ed i tentativi del protagonista di
migliorarne le condizioni di vita, spiegano
bene le cose che non funzionano in Italia. Certo,
è un bella sfida tentar di spiegare con
la stessa metafora l'Italia degli anni '50 e
quella di oggi, e non riuscirebbe se le cronache
perengane non fossero divertenti: in realtà
lo sono, anche se il loro spirito non si differenzia
da quanto Vacca fa nella sua produzione diciamo
"di servizio", nel senso più
nobile del termine, come per esempio "Anche
tu fisico" e "Come imparare più
cose e vivere meglio". L'idea dell'autore
è di spiegarci le mosse che sarebbe logico,
forse ovvio, fare, ma che per qualche motivo
(spesso molto meno logico) pochi fanno: non
pretende di narrarci delle cose del tutto nuove,
ma vorrebbe convincerci che molto di quel che
sappiamo, o potremmo apprendere, non lo utilizziamo.
Nelle cronache perengane l'arma è la
satira, ed è chiaro che la spiegazione
fantapolitica può essere personale, individuando
per esempio una delle ragioni dell'arretratezza
del nostro paese, cioè di Perengana,
negli anni '50 nel clericalismo e nell'integralismo.
Personalmente ed onestamente, mi sento obbligato
a dare un'altra lettura alle cronache perengane,
per una serie di ragioni: non vedo il clericalismo
alla base della nostra presunta arretratezza
del dopoguerra (eh sì, sono cattolico),
non credo che proporre ad un paese mediterraneo
di diventare più anglosassone sia realizzabile
né auspicabile, ho delle enormi incertezze
sul fatto che veramente l'Italia debba investire
nella ricerca, quando è un paese che
si sta deindustrializzando a passi da gigante;
per non parlare dell'idea della repubblica presidenziale,
che vedo come un incubo, e mi fa pensare più
all'Argentina o ad Haiti che alla Francia. Non
a caso, in un recente commento, l'autore si
trova ad ammettere che la satira non è
servita, perché l'Italia è, se
possibile, peggio di prima, se vista da Perengana:
la mia modesta interpretazione è che
l'Italia va in una propria direzione, unica
e difficilmente modellizzabile; forse ci si
dovrebbe concentrare a capire perché
ci va, ma questo è un altro discorso,
e forse c'entra la psicologia dell'Italiano
medio più che l'ingegneria dei sistemi.
D'altronde anche Perengana, alla fin fine, è
un paese ricco d'arte e di cultura, dove si
viene in vacanza volentieri, perché il
clima è mite, e si mangia bene, a partire
dalla soppetta do indihente, piatto tipico perengano.
Ci piaccia o no, il nostro paese è proprio
questo.
Tolto tutto questo, cioè il versante
politico, rimane quello della fantasia, e leggendole
così come, per le ragioni suesposte,
mi trovo costretto a fare, le cronache perengane
restano una lettura affascinante: il gusto della
contaminazione linguistica specialmente, con
questa strana lingua tra latino, spagnolo e
maltese, con qualche traccia di portoghese,
e l'invenzione di personaggi bizzarri, con una
loro logica contorta, ma a modo loro coerenti,
o meglio coerenti a quello strano modo di sviluppo
che Perengana ha scelto per sé.
Alcuni scritti perengani, riletti nel tempo,
fanno quasi sorridere, come può sorridere
qualcuno che conosca il finale di una storia
di cui legga soltanto il preambolo. Per esempio,
lo scritto sulla televisione ci ricorda in controluce
la cosiddetta riforma della RAI che nel '75-'76
doveva introdurre una diversa televisione, più
libera, più moderna: in realtà
la modernità si limitò alle gambe
delle ballerine o poco più, mentre nella
realtà i partiti si impadronirono definitivamente
dell'azienda. E la stessa impressione si ha
quando Vacca accenna a problemi annosi, come
l'evasione fiscale o le lungaggini processuali:
anche qui, la fantapolitica è rimasta,
tristemente, molto fantastica e poco politica.
Ecco, invece il nostro paese si è sviluppato
dal punto di vista informatico, cosa che Vacca
ancora solo dieci anni fa auspicava, senza essere
molto ascoltato. Invece, i cosiddetti problemi
strutturali sono ancora tutti al loro posto.
Ed è il momento in cui la fantapolitica
diventa storia in controluce, vista attraverso
lo specchio di Alice nel paese delle meraviglie,
dove però di meraviglioso c'è
solo il nostro fantastico immobilismo (blokeadella,
per dirlo in perengano) ed inazione di fronte
al "buon senso", che rivela in controluce
tutte le storture del modo di vivere italiano,
che sono in fondo, a ben guardare, le storture
della maggior parte dell'umanità. Anche
per questo, credo, esiste la fantascienza.
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