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recensioni
La vita che
corre: mitologia dell'automobile
di Attilio Brilli
EDITORE
IL MULINO 1999
pag. 160 € 10,00
ISBN 815068821
"L'automobile
ha resuscitato lo spirito romanzesco del viaggio,
la capacità di stupirci, il gusto dell'avventura
e della novità che rendevano vivo il
cammino dei nostri progenitori che si muovevano
in carrozza" cosi' scriveva Edith Wharton
nel 1905 e, coerentemente, nel suo libro, Brilli
- docente di letteratura americana all'Università
di Siena - ci fa da guida in un avventuroso
viaggio in un mondo popolato da scrittori e
dalle loro automobili, di volta in volta amate,
odiate, idolatrate.
Nata in Europa, l'automobile si fa presto americana,
quando, iniziandone la costruzione in serie
nel 1911, Henry Ford la trasforma nella protagonista
assoluta del "sogno americano" ("L'automobile,
ovvero l'unica cosa che un americano ami davvero",
scrisse Faulkner). Ben presto attorno all'automobile
si sviluppa una nuova letteratura di genere
picaresco che va dagli esordi d'inizio secolo,
quasi una nuova epopea di frontiera, fino all'"On
the road" di Kerouak e della Beat Generation.
Molti romanzi americani, dal Grande Gatsby di
Francis Scott Fitzgerald a Furore di John Steinbeck,
hanno un'automobile al centro della loro trama.
"Qualcuno dovrebbe scrivere un saggio
sugli effetti estetici e fisici esercitati dalla
Ford T sugli americani. Ci sono state almeno
due generazioni che ne sapevano più del
motore della Ford che del potenziale generativo
umano, più del planetario di ingranaggi
del cambio che di quello del sistema solare.
( ) Gran parte dei bambini del tempo furono
concepiti nella Ford T e non pochi vi vennero
addirittura al mondo. Il concetto anglosassone
di abitazione ne ricevette un colpo dal quale
non si Sarebbe più ripreso". John
Steinbeck 1945
Automobile come prima alcova dei giovani americani,
dunque, automobile come elitario strumento di
suicidio, da Albert Camus a James Dean, ma soprattutto,
automobile per andare alla ricerca dell'insolito
o del pittoresco. Strumento che amplifica il
piacere del viaggio nella misura in cui ne riduce
o elimina le difficolta' fisiche. Ed infatti,
moderni esploratori si sentono Barzini nelle
piane inospitali del Volga e Marge e Demolger
mentre percorrono con le loro vetture le mulattiere
del Montenegro o dell'Andalusia, precursori
di una lunga schiera di vagabondi motorizzati
che si mettono per via al termine della Grande
Guerra.
"Alla macchina devo la scoperta di un
Lazio favoloso, i paesini arroccati sui cocuzzoli
di zone zollose, la campagna, le aie assolate
con i ricordi della malaria, il favoloso Maccarese
che sembrava il Giappone medievale dei film
di Kurosawa Devo poi ai miei vagabondaggi
in automobile in città, in campagna,
al mare, i personaggi, anche i dialoghi, perché
spesso mi fermavo ovunque mi trovassi e prendevo
appunti. Quel fluttuare, quel vagare senza meta,
con le cose, i colori, gli alberi, i volti che
sfilano silenziosi oltre i vetri, ha sempre
avuto il potere di collocarmi in un punto indefinibile
di me stesso, dove immagini, sensazioni e presentimenti
nascono in maniera spontanea". Federico
Fellini 1983
In tempi piu' recenti l'automobile diventa
il modello delle paure e delle paranoie contemporanee,
e' il caso di un famoso racconto di Julio Cortàzar,
dove migliaia di automobili che si trovano bloccate
a sud di Parigi in un gigantesco ingorgo diventano
una metafora di una societa' moderna dove la
velocita', culto ed ossessione, si evolve sino
a trasformarsi nella propria antitesi: la paralisi
completa.
E' questo il futuro dell'automobile? "Se
solo pensiamo alla saturazione delle strade,
ai tassi di inquinamento atmosferico,
la nostra risposta non può che essere
affermativa", ammette Brill che però
aggiunge: "l'auto contemporanea richiede,
per essere apprezzata, una strategia di dissimulazione,
vuole essere vissuta come se fossimo in un'altra
epoca, in un'impossibile, romantica solitudine.
Così sarà possibile riplasmare
un viaggio che offra ancora una volta fascino
immaginativo, riscoprire la differenza che c'è
tra l'usare e il guidare la macchina, tra il
tempo che passa e la vita che corre".
( tratto dall'art. di R.Gonzaga
apparso sul "Corriere del Ticino"
04/05/99 )
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