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Riflessi
gotici nei fumetti di Bonelli
A cura di Giampaolo Giampaoli
"Giuda
ballerino", direbbe Dylan Dog se dovesse
portare a termine un'impresa di notevoli dimensioni.
È quello che mi sto accingendo a fare:
infatti, quale maggiore impresa del descrivere
il fantastico e l'horror presenti nella sterminata
panoramica dei fumetti bonelliani? Eppure sono
convinto che esiste un filo conduttore, una
evoluzione avviatasi dai primi esprimenti di
Bonelli papà e figlio sulle testate western
e proseguita con l'assoluta maturazione del
tema con Slavi e allievi vari. Perché
il fantastico, positivo o malvagio che sia,
nei fumetti bonelliani c'è sempre stato.
E per fare in modo che questa componente fosse
efficace e consona ai gusti del pubblico, il
riferimento cinematografico è stato d'obbligo.
Un nome per tutti, quell'enigmatico Mefisto
che tanto ha dato da fare a Tex e ai suoi compagni,
ma il western bonelliano macchiato di nero per
eccellenza è stata senz'altro la serie
di Zagor. Al di là di costanti apparizioni
fantastiche seminate variamente nella lunga
saga dello Spirito con la Scure, come non riconoscere
lo scienziato pazzo in Hellingen o l'antico
druido portatore di magia nera in Kandrax: due
classici del vecchio cinema horror. Non per
niente Zagor è uno di figli del sommo
Sergio Bonelli (vi ricordate, si faceva chiamare
con lo pseudonimo di Guido Nolitta, ma quasi
venti anni fa ha svelato la sua reale identità),
insieme al non altrettanto interessante Mister
No. Da qui il palese interesse dell'editore
per il macabro ed il fantastico, evoluto nelle
testate più recenti. Una scelta che ha
portato grande fortuna alla maggiore casa editrice
di fumetti italiana, che si è diversificata
nelle sue nuove produzioni dall'esperienza non
poco riuscita del noir anni Sessanta/Settanta,
da Diabolik a Criminal e come non ricordare
l'altro meraviglioso personaggio di "Max
Secchi", la pericolosa e conturbante Satanik.
I
successori di Bonelli hanno seguito la lunga
e variegata strada tracciata dal cinema horror,
dagli anni Settanta in poi. Una vasta produzione,
purtroppo a volte non proprio di eccezionale
qualità, ma ci sono stati anche i capolavori,
come (non lo dimenticheremo mai) Shineing. Scelta
seguita dallo strepitoso successo del battistrada
dell'horror bonelliano, quel Dylan Dog, eccezionale
e non emulabile indagatore dell'incubo, che
ha sommerso i suoi lettori con una produzione
sterminata di albi speciali, edizioni book,
almanacchi e così via. Ma chi è
Dylan Dog? Credo che a questa domanda sia difficile
rispondere, come non è mai semplice giudicare
un prodotto artistico (ed un fumetto può
vantare questo appellativo, quando è
fatto come deve essere fatto), specialmente
se si parla di significati. Se Diabolik, Kriminal,
Satanik e di seguito tutte le loro brutte copie
segnarono una svolta nei personaggi a strisce
degli anni Sessanta nel segno della liberalizzazione
tematica, senza dubbio Dylan Dog ha rivoluzionato
il fumetto italiano (o per lo meno quello bonelliano)
dalla metà degli anni Ottanta. La svolta
non si è attuata solo per l'assoluta
sinergia con il cinema horror, ma anche verso
un nuovo tipo di eroe, un po' meno invincibile,
un po' più "quotidiano", vicino
ai lettori nei sentimenti che prova, non per
ultime le sensazioni di carattere sessuale.
Dog è sensibile al fascino delle belle
donne, anzi consuma lautamente il sesso e l'aspetto
materiale spesso in lui prevale su quello sentimentale,
tanto da farne un play boy un po' confusionario
che, ammettiamolo, incarna gran parte dei desideri
di ogni uomo. L'indagatore dell'incubo non è
il nemico assoluto del male. Come non riconoscere
nei suoi momenti di "fifoneria" un
po' di quel Dario Argento dei primi capolavori,
che dietro le telecamere non nascondeva di essere
pronto a sobbalzare per una porta che scricchiola.
Ma forse è un accostamento troppo audace?
Insomma, Dylan è un eroe che non ci aspetteremo
di trovare come protagonista assoluto di una
serie, magari come personaggio principale di
un film horror alla vecchia maniera, che però
ha saputo conquistare ugualmente il cuore dei
suoi lettori, specialmente da quando ne è
stata data una versione tutta rimaneggiata nel
film "Della morte, dell'amore" di
Tiziano Sclavi (autore di due discrete pellicole,
tanto per sottolineare in modo più inciso
il suo legame con il grande schermo, e di una
decina di romanzi).
Nella serie i riferimenti cinematografici si
sprecano pagina dopo pagina, i lettori fanno
a gara per cogliergli e conquistare l'ambito
titolo di esperto della celluloide. Dimenticarsi
di seguire le tracce cinematografiche è
impossibile. A ricordare questo dovere al lettore
c'è sempre l'in
: non saprei neanche
come definirlo. Intendo l'assistente dell'onirico
indagatore, Groucho, palesemente ispirato al
componente della banda dei fratelli Marx. Ho
chiamato Dylan onirico indagatore e non lo ho
fatto per caso: sono d'accordo con chi ha sostenuto
che il personaggio di Sclavi effettivamente
non si allontana facilmente dalla sua Londra
affascinante e misteriosa, ma viaggia ugualmente
moltissimo, con la mente, nelle orride regioni
del male. Negli anni sono stati molti gli sceneggiatori
che si sono fatti le ossa sulle pagine di Dog,
tra cui merita di essere menzionato Claudio
Chiaverotti, perché autore di un'altra
fortunata serie fantastica bonelliana, che a
prima vista con l'indagatore dell'incubo sembrerebbe
non avere niente a che fare, ma attenzione.
Alludo al solitario e malinconico cavaliere
di ventura Brendon D'Arkness (i suoi unici amici
inseparabili sono il cavallo Falstaff e l'androide
Christopher), protagonista di una saga ambientata
in un Medioevo prossimo, che come quella di
Sclavi affascina un ampio pubblico di vario
livello culturale. Infatti, sia Dylan sia Brendon
sono protagonisti di storie che possono essere
apprezzate mediante vari livelli di lettura:
da un approccio un po' superficiale, per il
lettore che cerca di trascorrere solo una mezz'ora
di relax, a una analisi più attenta del
testo e non solo per quanto riguarda i riferimenti
cinematografici, ma anche per i profondi significati
che si cerca di trasmettere. Quindi, credo che
da questo punto di vista la scuola di Sclavi
abbia veramente dato molto a Chiaverotti. Per
il resto il suo personaggio forse è addirittura
un "anti Dylan Dog". Brendon rivendica
a pieno il ruolo dell'eroe bonelliano forte
e coraggioso, nel suo profondo senso di giustizia
c'è qualcosa che ricorda il buon Zagor,
nel suo irriducibile successo con le donne non
consuma mai sesso solo per il piacere di farlo,
anzi spesso finisce per provare verso le sue
ragazze un forte sentimento e a volte è
proprio questo sentimento che lo spinge a rinunciare
al trionfo della carne. Acme dell'avventura
brendoniana nel mondo della passionalità
amorosa è il legame con la guerriera
Anja.
Insomma, Brendon è il personaggio consono
a chi non vuole assolutamente rinunciare alle
caratteristiche basilari dei vecchi eroi bonelliani,
ma allo stesso tempo desidera compiere un passo
avanti, verso un nuovo modo di fare il fumetto
(mi dichiaro appartenente a questa spero numerosa
schiera di lettori). Anche nella serie di Chiaverotti
i riferimenti cinematografici, come è
d'obbligo, si sprecano, miscelandosi armoniosamente
nelle storie. L'altro eroe bonelliano del soprannaturale
di recente nascita è il protagonista
di Dampyr, una serie indirizzata ad un pubblico
maggiormente selezionato rispetto alle due precedenti.
I suoi autori, criticati in partenza per aver
realizzato un eroe classico che si limitava
a darle ai cattivi, hanno successivamente alzato
notevolmente il livello culturale del loro fumetto,
facendone a tutti gli effetti un prodotto letterario.
Infatti in Dampyr non ci si limitava, come in
altre produzioni bonelliane, al riferimento.
In questa saga la letteratura è materia
portante delle storie, che acquistano un andamento
narrativo spesso da romanzo ottocentesco (ispirato
a Kafka e ad altri scrittori praghesi), ma la
letteratura diventa a volte addirittura parte
delle storie stesse. Ne è un esempio
la prima doppia avventura di mister Draka uscita
in questi mesi sul vampiro Varney, dove si rivisita
con attenzione non solo letteraria ma anche
storica, una delle vicende classiche del romanticismo
inglese: il patto stipulato tra i coniugi Shelley
e Byron, al fine di narrare a turno presso la
villa del grande poeta una propria storia. Da
lì ha preso origine il caro mostro di
Frankenstein. Insomma, Mauro Boselli e Maurizio
Colombo con il loro mezzo vampiro (Draka è
nato dall'unione di uno di questi esseri con
un'umana) hanno dato ai lettori un personaggio
originale e accattivante, in grado di metterli
seriamente alla prova. L'horror ed il fantastico
appaiono, infine, anche in altre serie della
Sergio Bonelli Editore, ma qui mi sembra che
queste componenti tornino ad assumere un ruolo
marginale, anche se sono presenti con maggiore
frequenza di quanto accadeva in Tex e Zagor.
Mi riferisco alla fortunata saga di Berardi
(già papà di Ken Parker), dove
la protagonista Julia Kendal dà intelligentemente
la caccia a serial killer ed assassini vari,
ma anche a Napoleone, albergatore e poliziotto
capace di scorgere il soprannaturale che c'è
negli uomini che incontra.
E questo è tutto. Concludo ricordando
quanto sia importante, specialmente per la formazione
dei giovani, la lettura dei fumetti. A dirlo
è uno che è arrivato alla cultura
umanistica e alla lettura in generale, iniziando
proprio da bambino e da adolescente dai fumetti
di qualità, non per ultimi quelli di
Sergio Bonelli, giustamente apprezzati in tutto
il mondo. E come dicono spesso gli autori bonelliani,
"buona vita a tutti".
© Giampaolo Giampaoli
g.giampaoli@inwind.it
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