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Ci
sono gli animali nella letteratura? Ci sono
gli animali nella letteratura di fantascienza?
Questa domanda all'apparenza è banale:
come tutto quel che fa parte della nostra realtà
concreta o immaginaria, anche gli animali -
realmente esistenti o totalmente inventati -
compaiono di frequente nelle opere letterarie
di ogni epoca.
Dedichiamo appena qualche riga agli animali
nella letteratura cosiddetta non di genere.
Ci sono - per esempio - le lontre dell' "Anello
di Acque Lucenti" di Gavin Maxwell, come
Mijbil, la lontra giocherellona e curiosa che
appartiene ad una razza rarissima, intitolata
col nome dello stesso Maxwell che proprio con
Mijbil la scoprì; c'è Bauschan,
il cane meticcio bracco di Thomas Mann, il quale
ha tratto serena ispirazione per pagine notevoli
e persino illuminanti dalle passeggiate lunghissime
con questo animale.
Animali visti e vissuti e trattati come animali
da parte di questi loro sensibilissimi compagni
umani capaci di comunicare a noi con la scrittura:
nessuna delle loro abitudini è stata
stravolta, e allo stesso tempo affetto, rispetto,
perspicace attenzione e ascolto curioso sono
sempre stati le fondamenta per un rapporto intenso
e gratificante - anche quando magari non troppo
prolungato nel tempo, a causa delle avversità
impreviste del destino.
La fantascienza invece si è occupata
di animali visti, vissuti e trattati come 'altro'.
Gli animali possono essere simboli di ricchezza
come per il "Cacciatore di Androidi"
di Philip Dick: in un mondo troppo angosciosamente
simile al nostro, gli animali sono quasi del
tutto estinti. L'uomo ne sente la mancanza e
ne crea così copie artificiali, da tenere
come animali da compagnia. I pochi animali ancora
'autentici' sono posseduti da pochissimi privilegiati
e come i loro possessori sono costretti a vivere
in un ambiente totalmente artificiale. Gli androidi
non sono che il naturale e consequenziale sbocco
di questa situazione. Non a caso contano pecorelle
elettriche per addormentarsi!
Un parallelo fin troppo facile con la nostra
realtà lo si trova nella clonazione.
Non sono passati molti anni da Dolly: la clonazione
di animali in varie forme e varianti è
ormai fin troppo frequente; e di recente lo
stesso scienziato che fabbricò la pecora-clone
ha diffuso la notizia che ha ottenuto la autorizzazione
governativa per la clonazione umana - ma solo
a fini terapeutici (!). Che epilogo immaginate
voi?
Le frontiere scientifiche sono allo stesso tempo
emozionanti e pericolose come le frontiere dello
spazio o della geografia. Un'altra frontiera
è quella chirurgica degli xeno-trapianti
o degli ibridi. Non vi viene in mente l'Isola
del Dottor Moreau di Wells? Un racconto esso
stesso ibrido tra fantascienza e horror gotico:
gli animali innestati e ibridati con metodi
vivisettori, alla fine si ribellano al loro
creatore.
Al giorno d'oggi le ricerche chirurgiche su
questo tipo di trapianto annunciano di continuo
entusiastiche conquiste e traguardi, ma volutamente
trascurano l'elevata mortalità degli
animali trapiantati e in certo qual modo calpestano
la sensibilità e la speranza di chi in
un trapianto d'organo (umano) davvero ripone
ogni sua speranza.
Ad oggi, al massimo, un babbuino ricevente il
cuore di un maiale è riuscito a sopravvivere
cinque mesi, sotto l'effetto di immunodepressivi
e sedativi, ovvero in condizioni incompatibili
con una qualità della vita appena accettabile.
Non sappiamo se l'alternativa reale si trovi
nelle cellule staminali, come sostenuto anche
da molti esponenti politici internazionali,
né lo scopo di questo articolo è
quello di entrare in simili dibattiti ad alto
tasso scientifico, etico, emotivo. Qui si vuole
fare solo una più che fulminea carrellata
di esempi di animali e fantascienza - ma se
nel percorso getteremo qualche seme di riflessione
o discussione, ciò potrà solo
farci piacere.
Altri animali fantascientifici sono i delfini
e gli scimpanzé descritti da David Brin
nei suoi romanzi spaziali. Delfini senzienti,
coscienti e parlanti, in grado di manipolare
tecnologia e astronavi, oltre che di esprimersi
sia nella loro lingua (il "trinario delfinese",
simile al modo poetico degli haiku giapponesi),
che nell'inglese o nelle lingue galattiche aliene.
Nell'universo briniano l'intera galassia è
popolata da razze evolute che a loro volta ne
hanno elevate altre, divenute loro 'clienti'
e protette per periodi lunghi interi eoni, fino
all'affrancamento che permetterà loro
di divenire a loro volta patroni elevatori di
altre razze.
Gli umani, all'apparenza orfani di patroni che
li abbiano elevati, sono gli ultimi arrivati
in una galassia dove il prestigio si valuta
sulla base delle razze collegate alla propria
- sia come patrone che come clienti. È
un esempio di fantascienza spaziale molto avvincente
e tecnologica, autenticamente 'made in California'!
L'ottimismo la pervade sempre, tra le righe
dell'avventura. Non ci viene nemmeno in mente
che l'elevazione è un processo lungo,
laborioso, orientato artificialmente.
Risaltano invece la profonda lealtà degli
animali elevati nei confronti dei loro elevatori.
Nel caso degli umani, in special modo, i sentimenti
di gratitudine e affetto da parte di delfini,
scimpanzé, cani e poi oranghi, sono molto
acuti.
Proprio i cani sono i protagonisti di "Anni
senza fine", poetico/profetico romanzo
di Clifford Simak. In un futuro lontanissimo,
l'uomo non è neppure un ricordo, ma un
mito; di lui si trovano labili tracce nella
lingua e nelle usanze, e in una strana malinconia
che affiora a volte nel fondo della mente dei
Cani. Dai racconti mitici apprendiamo poi le
tappe che hanno caratterizzato la storia possibile
dell'umanità: l'abbandono delle città
per la campagna, la partenza verso altri pianeti,
e poi verso le stelle; la perdita di una filosofia
marziana che avrebbe permesso la sopravvivenza
dell'uomo sulla Terra, il tentativo dei Webster
di far sopravvivere la civiltà umana
ad ogni costo, anche al costo di creare artificialmente
delle modificazioni in esseri diversi, come
i Cani appunto e le formiche. La Terra, nel
mito ormai, vedrà prima la comparsa di
robot, che sono non solo essenziali ma addirittura
responsabili
delle sorti del pianeta, e poi di Mutanti che
troveranno la porta per trasferire nel Mondo
delle Ombre l'umanità rimasta, che scivola
inesorabilmente su una strada che era riuscita
ad abbandonare. Anche i Robot se ne andranno
e solo alcuni uomini irriducibili rimarranno
in uno stato molto simile alla morte in attesa
di un futuro remotissimo, in una città
chiusa. Alcuni coraggiosi emigrati su Giove
si trasformano in esseri adatti a vivere sul
pianeta più grande del Sistema solare,
scoprendo con sorpresa che potranno vivere come
organismi basati su elementi come ammoniaca
e idrogeno piuttosto che acqua e ossigeno. La
Terra verrà abbandonata al suo destino:
sarà il regno dei topi che, refrattari
ad ogni modificazione,
forgeranno il loro destino, "e se il loro
destino era quello di rimanere semplici topi,
non ci sarebbe stato niente di sbagliato che
così fosse."
Il Robot Jenkins, sopravvissuto ai millenni
e, in fondo, responsabile di molti degli avvenimenti
passati, lascia per ultimo la Terra.
Il respiro di questo romanzo, sul quale non
per caso ci siamo attardati, segue il ritmo
degli eoni. Pressoché filosofico, mostra
e racconta quel che è l'essenza naturale:
il divenire, l'incessante ma lunghissimo mutamento
di forme di vita, prospettive, ambienti. Gli
uomini non sono da sempre sulla Terra, né
per sempre la popoleranno.
La Terra stessa può essere assimilata
ad un essere vivente, un animale simbiotico
di longevità per noi inconcepibile. Esseri
viventi di proporzioni planetarie o addirittura
solari, come appunto in "Solaris"
di Stanislaw Lem o nei romanzi cosmogonici di
Gregory Benford non sono infrequenti nella fantascienza,
nei suoi romanzi che meglio la avvicinano alla
speculazione filosofica più affascinante
e stimolante.
Tuttavia la Terra come organismo vivente ci
coinvolge di più, letteralmente e fisicamente:
è la cosiddetta "Ipotesi Gaia",
che persino Isaac Asimov esplorò in alcuni
dei suoi ultimi romanzi. La biosfera è
un continuum spaziotemporale dove i singoli
viventi si succedono senza sosta, come cellule
di un organismo assai più vasto e complesso,
la cui consapevolezza è maggiore e diversa
della mera somma delle consapevolezze dei viventi
che la compongono, dal più primitivo
procariote fino all'uomo.
Noi uomini allora siamo diventati quasi come
una malattia invasiva per il pianeta - è
il punto di vista di molti ambientalisti estremi.
E siamo in grado di torturarla e vivisezionarla.
Come? Con le trivellazioni petrolifere, con
i disboscamenti delle foreste e lo scioglimento
dei ghiacciai polari, con gli esperimenti atomici
sotto gli atolli oceanici, con l'emissione di
sostanze gassose, liquide e solide velenose.
Oppure potremo essere come organismi simbiotici
utili al corpo vivente che ci ospita. Ecco dove
può trasportarci la speculazione fantascientifica!
gsavoini@email.it
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