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"Fedora" di Sardou/Giordano
ed il giallo nell'opera
a cura di Carlo Santulli




Anche se il giallo nasce in Italia solo negli anni '30, elementi polizieschi sono presenti in varie forme d'arte già da prima. Nelle opere del drammaturgo francese Victorien Sardou, per esempio, la suspense ed il colpo di scena sono ingredienti essenziali. Chi ha dimestichezza con l'opera ricorderà in Tosca di Giacomo Puccini la finta, poi risultata vera, fucilazione di Mario Cavaradossi, vendetta postuma di Scarpia, esempio di capo della polizia corrotto e corruttore, con la sua coorte di sgherri dai nomi (Spoletta, Sciarrone) degni di un film di Thomas Milian. In più Scarpia emanava tutta una falsità ecclesiastica, che faceva preoccupare molto Puccini, considerando che la prima di Tosca ebbe luogo proprio a Roma, dove l'aristocrazia "nera" era assidua del Teatro Costanzi. I librettisti di Puccini avevano capito che l'essenza del dramma era in quell'intreccio di amore, dissidi politici, corruzione ed elementi di giallo ante-litteram, tanto che aveva notevolmente "asciugato" il dramma di Sardou da tutti i riferimenti ambientali di origine francese, riducendolo a due atti, riportati poi in extremis a tre solo per evitare che "Tosca", essendo troppo corta per "fare serata" da sola, fosse abbinata ai "Pagliacci" dell'amico-nemico Leoncavallo.
Un altro dramma di Sardou, più o meno con gli stessi elementi, un assassinio, stavolta misterioso, oscure trame politiche, un'indagine della polizia, una donna protagonista, è "Fedora", che ebbe un successo ancora più clamoroso negli anni '80 dell'Ottocento, specie ad opera di Sarah Bernhardt. A Parigi nel 1889, a vedere l'opera era un giovane musicista foggiano, Umberto Giordano, che rimase tanto entusiasta dell'intreccio da contattare il commediografo per trarne un libretto d'opera. Le trattative si prolungarono per quasi dieci anni, durante i quali Giordano aveva scritto varie altre opere, tra cui il successo mondiale di "Andrea Chenier". Finalmente nel 1898, al Teatro Lirico di Milano, la "Fedora" di Giordano venne presentata, con notevole successo, dovuto soprattutto alle interpretazioni di Enrico Caruso e Gemma Bellincioni.
Gli elementi di giallo sono diffusi un po' per tutta l'opera, in particolare il primo atto è costruito con tutte le caratteristiche di un film poliziesco: l'arrivo di Fedora Romazoff, affascinata dall'entrare per la prima volta nella casa del fidanzato Vladimiro Andrejevich, che domani sposerà, e la sua attesa speranzosa del suo arrivo. Gli eventi però precipitano, la polizia irrompe nella casa, perchè Vladimiro è stato ritrovato ferito, ad opera di uno sconosciuto; la testimonianza fondamentale è quella del cocchiere Cirillo Nicolajevich: "Ei mi disse/andiamo al tiro./Andammo: attesi un quarto d'ora./Fulmineamente nel silenzio/s'odon due spari/Ascolto: nulla, più nulla,/ tranne i lunghi latrati". Quel che è certo è che Vladimiro ha avuto una lettera da una vecchia misteriosa, lettera che naturalmente non si trova più, cioè era in un cassetto e poi è sparita. I sospetti si appuntano su un giovane, Loris Ipanov, che abita proprio di fronte, ma che è fuggito: Fedora cerca di seguire ciò che accade vedendo "quelle ombre che s'inseguono/dall'una all'altra stanza", come le suggerisce il diplomatico De Siriex, ma la sostanza è che Loris è fuggito. Fedora dà una festa, nel secondo atto, con l'idea, giallo nel giallo, di smascherare Loris, che è segretamente innamorato di lei (beh, nemmeno tanto segretamente, visto che lo dichiara dopo pochi minuti nella giustamente famosa romanza "Amor ti vieta", inserita come un inciso in una discussione tra Fedora ed il capo della polizia). Quel che Loris non sa, però, è che Fedora è a conoscenza dal capo della polizia che Loris e la sua famiglia, in particolare il suo fratello Valeriano, appartengono ad un gruppo di nichilisti: è caratteristico l'orrore, con cui ella pronuncia la parola "nichilista", anche reso musicalmente con una serie di note tenute. Anzi, Fedora è d'accordo col capo della polizia per farlo arrestare dopo la festa, in quanto (vistosa incongruenza del libretto) ha giurato di vendicare la morte di Vladimiro sulla sua croce bizantina nel primo atto, benché in effetti in quel momento ella non sapesse della sua morte, ma solo del suo ferimento. Poi, molto in accordo col suo carattere di vedova passionale ed esagerata ("donna sull'orlo di una crisi di nervi" l'ha definita Michele Girardi), ed in modo molto funzionale sul palcoscenico, Fedora, apprendendo che si tratta di un delitto d'onore (Vladimiro, da buon testimone di nozze, le aveva insidiato la moglie) e non politico, decide di proteggere Loris ed, improvvisamente amandolo, di andare a vivere con lui in Svizzera. La caratteristica interessante è che tutto avviene durante la festa, col sottofondo di un pianoforte che suona un falso, ma molto realistico, notturno di Chopin, eseguito da Boreslao Lazinski "maestro polacco, nipote e successore di Chopin", che come si saprà nel terzo atto, oltre ad essere un pianista, è anche una spia egli stesso. Durante il notturno, la polizia aspetta un segnale di Fedora per imprigionare Loris. Vivranno insieme felici e contenti? No, troppo tardi, la trama ordita da Fedora per sbaragliare i nichilisti si ritorce contro di lei (aveva chiesto di essere delatrice segreta della polizia, ma si sa, i segreti...), Valeriano è imprigionato e muore nell'alluvione della Neva, ed anche sua madre, latrice della misteriosa lettera nel primo atto, muore di crepacuore alla notizia. Loris impulsivamente la maledice e Fedora si avvelena col veleno nascosto nella croce bizantina, con la quale lei si pavoneggiava durante la festa (commistione qui di elementi religiosi e superstiziosi) nè il tardivo ed un po' opaco pentimento di Loris vale a salvarle la vita.
Un giallo in piena regola insomma, con doppie identità, fuga all'estero, veleno, trame politiche, indagini della polizia, testimonianze, lettere misteriose, che non sembra scritto più di un secolo fa. Passando dall'opera teatrale di Sardou a quella musicale di Giordano/Colautti, l'erotismo della vicenda della quasi quarantenne innamorata del giovanotto Vladimiro e poi dell'ugualmente più giovane Loris viene molto annacquato, a tutto vantaggio della trama gialla, con l'aggiunta di quella generica religiosità che aveva contribuito al successo di tante opere contemporanee di "Fedora" ad incominciare da "Cavalleria Rusticana" e "Pagliacci". In più, il giallo si tinge di politica, ed é inserito nel filone della Storia, quella vera: non a caso durante il ballo del secondo atto si ha la notizia dell'attentato che costerà la vita allo zar Alessandro II. Anche se in questo Sardou tende all'approssimazione e, come nella Tosca, qualunque giacobino é un volterriano (da Voltaire, che c'entra fino ad un certo punto), così qui ogni populista é un nichilista (anche perché la parola suona così bene declamata o cantata…). Al fascino dell'operazione contribuisce anche la musica di Giordano, che in alcuni tratti, specie nel primo atto, sembra molto una colonna sonora cinematografica (Giordano scriverà anche musica per film negli anni '30), con la solita tendenza dell'autore foggiano a far "cantare l'orchestra" ed all'uso disinvolto di temi diversi, purché funzionali alla vicenda. Proprio il primo atto che colpì gli ascoltatori di fine '800, secondo Massimo Mila, per alcune "avventate stranezze", come "un'inchiesta poliziesca iniziata con effetti di autentica suspense nella frammentazione del discorso strumentale in esitanti assolo di violino e clarinetto, e poi continuata su un fugato degli archi, significante l'arruffato dipanarsi delle indagini". Una volta tanto, il libretto fa un buon servizio alla drammaturgia: breve, conciso, con appena qualche concessione ai brani solistici, rende "Fedora" un'opera ancor oggi interessante (e, caratteristica importante per me, povero studente, all'epoca, tutta "Fedora" sta in una cassetta da 90 minuti).

© Carlo Santulli
c.santulli@rdg.ac.uk

BREVE BIBLIOGRAFIA
P. Alvera, Giordano, Treves 1986
AA.VV., Umberto Giordano, a cura di M. Morini, Sonzogno 1968.
M. Girardi, Fedora, una prima donna sull'orlo di una crisi di nervi (disponibile su Internet)
V. Sardou, Fedora, tradotta da V. Bersezio, Treves 1925



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