Se,
come abbiamo detto la puntata scorsa l’argomento
principale degli haiku può riassumersi
nella ricerca del respiro della natura, al di
fuori di convenzioni letterarie e la sua proiezione
in dimensioni senza tempo, nella parallela ricerca
dei sentimenti che nascono dentro di sé
stessi, tale impostazione non poteva non riflettersi,
all’interno della struttura compositiva,
nell’utilizzo di una tecnica evocativa.
Non esiste una vera e propria codifica di
tale tecnica, ma tradizionalmente le forme
stilistiche usate sono le tre seguenti:
- esposizione del concetto scelto nella sua
interezza, utilizzando il corpo interno dell’intero
haiku per esprimerlo.
L’uno nell’altro
si specchiano
I verdi smaglianti
Di due colline gemelle.
(M. KIURAI)
- utilizzo della metafora, normalmente di
carattere elementare e descrizione del suo
significato (nella traslitterazione s’adotta
la separazione con un trattino fra le due
parti del componimento)
Non c’è
nulla –
I campi e le montagne
Rubati dalla neve
(N. JOSO)
- esposizione del concetto e descrizione
del suo significato (nella traslitterazione
si usano, dopo l’esposizione del concetto,
i due punti).
Sera:
fra i fiori si spengono
rintocchi di campana.
(M. BASHO)
I prossimi numeri saranno dedicati ad alcuni
dei più importanti hajin ed alla loro
influenza culturale sul tempo in cui sono
vissuti. Ma lancio fin d’ora una proposta.
Sicuramente, molti lettori sono, al tempo
stesso, fervidi compositori di haiku. Potrebbe
esserci lo spazio per pubblicarne uno o due
per ogni numero di progetto babele. Chi è
interessato può inviare le sue composizioni
al mio indirizzo di posta elettronica: aldo_ol@yahoo.it.