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L'occhio
rosso di Marte brillerà nel prossimo
mese di ottobre nel nostro cielo e sarà
la "stella" più luminosa del
firmamento. Perché Marte il 30 di ottobre
sarà a 69 milioni di chilometri dalla
Terra, nel punto di massima vicinanza per i
prossimi dieci anni. Capita ogni due anni e
cinquanta giorni che Marte si trovi esattamente
"dietro" alla Terra, poi i moti orbitali
dei due pianeti fanno sì che si allontanino.
Ma ognuna di queste "opposizioni"
(si dice "opposizione" perché
Marte in quel momento è esattamente opposto
al Sole rispetto alla Terra. Nell'allineamento
abbiamo quindi Sole, Terra e Marte) è
differente secondo un ciclo di circa quindici
anni. L'opposizione di due anni fa fu di quelle
favorevolissime, Marte arrivò a 55 milioni
di chilometri dalla Terra. Quella attuale sarà
un po' meno favorevole, ma comunque migliore
delle due successive.
Insomma, sarà un bel Marte. Ne approfitteranno
gli astronomi, gli astrofili e le agenzie spaziali.
In particolare la Nasa che spedirà verso
Marte approfittando della buona posizione una
nuova sonda destinata a svolgere un lavoro di
ricognizione molto approfondito sul suolo del
pianeta. Nei telescopi degli astrofili Marte
mostrerà i suoi dettagli sfuggenti, i
suoi deserti ocra, almeno una delle sue calotte
polari. E proprio quella macchiolina bianca
ha suscitato nei secoli illusioni e speranze
circa la possibilità di trovare la vita
su questo pianeta fratello della Terra. La macchia
voleva dire forse ghiaccio, quindi acqua, quindi
probabilità di vita. Del resto Marte
aveva sempre evidenziato somiglianze con il
nostro pianeta: il giorno è simile al
nostro (mezz'oretta in più), l'anno è
lungo il doppio, ma presenta stagioni come le
nostre. Marte possiede un'atmosfera, per quanto
tenue, percorsa da nubi di polvere, ma anche
di vapore acqueo. Proprio la ricerca dell'acqua
su Marte resta un nodo cruciale per l'esplorazione
di questo mondo.
La questione della vita su Marte diventò
un elemento importante della nostra cultura
alla fine dell'Ottocento dopo le osservazioni
dell'astronomo Giovanni Schiaparelli in occasione
della "grande opposizione" del 1877
quando il pianeta si avvicinò alla Terra
in maniera da consentire osservazioni efficaci.
Di norma, Marte è troppo lontano e troppo
piccolo per compiere delle osservazioni telescopiche
di grande interesse. In quell'opposizione il
nostro grande astronomo non si limitò
a osservare le calotte polari e le poche altre
macchie che si notano in superficie. Vide delle
linee che solcavano il pianeta, che lo attraversavano
tutto. Che cosa erano quelle linee? Schiaparelli
parlò di "canali", ma, sembra,
senza volere dare a questo termine la connotazione
di corso d'acqua artificiale. Ma questa fu l'interpretazione
generale. Le linee divennero "canali"
e i canali presuppongono dei costruttori. L'idea
dilagò in Europa e in America, altri
astronomi la sostennero a spada tratta, altri
negarono la presenza dei canali.
Il mitico romanzo di Herbert George Wells, La
Guerra dei Mondi, vide la luce durante questo
periodo. C'era vita su Marte, c'era vita intelligente.
E perfida. C'erano esseri viventi che avevano
ben poco di umano, che pensavano soltanto alla
loro sopravvivenza minacciata dall'aridità
estrema del pianeta: la Terra poteva essere
la vita. Un romanzo drammatico dove forse per
la prima volta, in maniera veramente fantascientifica,
plausibile, appaiono i "Marziani".
Appaiono macchine volanti capaci di viaggiare
da un mondo ad un altro. Gli esseri "altri",
alieni, non sono angeli, non sono diavoli, né
folletti. Sono extraterrestri. Forse è
la Guerra dei Mondi che con i suoi marziani
introduce nell'inconscio collettivo dell'umanità
la nozione dell'extraterrestre. Che è
nemico, che è micidiale, guerrafondaio.
Un cattivo esordio. Perché? Il periodo
storico suggerisce la risposta. Eravamo alla
fine dell'Ottocento, periodo di imperialismo,
di antagonismo profondo fra gli stati europei,
periodo che preludeva ai macelli della Prima
e Seconda guerra mondiale. Che i marziani di
Wells fossero una proiezione della diffidenza,
del modo di vedere lo straniero, l'"altro",
è abbastanza evidente.
Vengono in mente altre grandi opere marziane.
Da John Carter, più fantasy che science
fiction, al racconto di Weinbaum, Un'Odissea
marziana, mitico. A Vecchio Fedele di R. Z.
Gallun, dove forse per la prima volta appare
un marziano ricco di buoni sentimenti, più
umano dell'uomo. Siamo alla vigilia della Seconda
guerra mondiale, siamo negli Stati Uniti. Al
principio degli Anni Cinquanta Clifford Simak
produce uno dei suoi racconti più belli,
"Miraggio", ambientato su Marte dove
i piccoli marziani sono vittima di terrestri
che hanno dimenticato la loro umanità.
Cambia la mentalità, cambia il modo di
pensare. Cambiano i marziani. Altri grande opere
marziane. Il poco fanta e molto scientifico
"Le Sabbie di Marte". La tensione
della scoperta scientifica, il desiderio di
conoscere davvero Marte che diventa il pianeta
simbolo della ricerca, dell'andare oltre. Un
grande romanzo di Fred Pohl, "Uomo più",
figlio degli Anni Settanta. La "terraformazione"
di Marte nei romanzi di Kim Stanley Robinson.
Il simpatico "Viaggio al pianeta Rosso"
di Terry Bisson, Anni Novanta. L'ostinazione,
il simbolo dell'oltre mi portano a pensare anche
al mio romanzo marziano "Il giorno della
sfida" che raccoglie il senso di un racconto
precedente "Noctis Labyrinthus".
Ma l'opera più grande di tutti, il romanzo
che raccoglie i molti volti di Marte, i tanti
visi che l'uomo proietta sulla superficie di
Marte, resta il capolavoro di Ray Bradbury,
Cronache Marziane, sintesi del sogno scientifico,
del sogno umano, del viaggio e dell'avventura.
Marte.
Già in quella fine dell'Ottocento alcuni
scienziati, come l'italiano Vincenzo Cerulli,
dissero che le linee effettivamente apparivano,
ma si trattava di illusioni ottiche, non di
canali.
Il tempo ha dato ragione a Cerulli.
Per poi scoprire che i canali di Schiaparelli
erano effettivamente illusioni ottiche, ma che
in realtà, tuttavia, altri canali su
Marte davvero esistono, soltanto che sono troppo
piccoli per essere osservati dalla Terra, nemmeno
il telescopio spaziale Hubble riesce a coglierli.
Sono linee, solchi fotografati dalle sonde spaziali,
a cominciare da Mariner 9, solchi che ricordano
letti di fiumi estinti. La sonda Mars Odissey
e la sonda Mars Global Surveyor, attualmente
in orbita attorno al pianeta rosso, hanno messo
in evidenza una forte probabilità che
su Marte esista acqua ghiacciata non soltanto
ai poli, ma anche sotto la superficie del resto
del pianeta. E gli indizi scovati dalle due
sonda americane sono stati confermati dalla
missione Mars Express, la prima missione marziana
dell'ente spaziale europeo, l'Esa. E una conferma
è arrivata anche dai due simpatici rover
della Nasa, Spirit e Opportunity, che da oltre
un anno esplorano la superficie del Pianeta
Rosso un po' come accadde nel 1997 con il Mars
Pathfinder che rilasciò sulla superficie
un piccolo robot dotato di sei rotelle, il Sojourner,
che passeggiò nel deserto di Marte per
circa due mesi. Quella missione fu un grande
successo, anche di immagine, per la Nasa che
veniva da una serie di fallimenti. Spirit e
Opportunity hanno replicato quel successo. In
realtà raggiungere il pianeta rosso non
è semplice. L'ente spaziale americano
dagli Anni Novanta a oggi ha inviato verso Marte
sei navicelle, tre sono andate perdute, la Mars
Observer, la Mars Climate Orbiter e la Mars
Polar Lander. Hanno invece avuto successo la
Mars Pathfinder, la Mars Global Surveyor e la
Mars Odissey il cui viaggio è stato celebrato
anche con un composizione musicale pubblicata
in cd, opera di Vangelis. Da notare che a bordo
di Spirit si trova un cd rom che raccoglie nome
e cognome di tutti i cittadini del pianeta Terra
che hanno voluto aderire a questa iniziativa
(anche il mio! sembra che siamo un paio di milioni
).
Le ricerche delle ultime sonde, la certezza
dell'abbondante presenza di ghiaccio d'acqua,
l'avere rintracciato metano nell'atmosfera portano
verso il sospetto fondato che la vita sia esistita
su Marte, che l'idea non appartenga soltanto
al regno della narrativa di fantascienza. Ma
quale vita? Esisteva in passato, esiste ancora?
Quale grado di evoluzione ha raggiunto?
Tecnicamente sarebbe possibile già oggi
inviare un'astronave con equipaggio umano, gli
studi e i progetti sono numerosi e dettagliati,
il viaggio di andata e ritorno richiederebbe
circa un anno e mezzo. Il problema è
il costo: per tale missione ci vorrebbero circa
ottanta miliardi di dollari (comunque meno del
costo della guerra in Irak).
Ne varrebbe la pena. No? (Paolo Aresi)
Paolo Aresi, laureato in lettere,
sposato, quattro figli, è giornalista
presso "L'Eco di Bergamo"; come scrittore
ha pubblicato quattro romanzi, tre di fantascienza:
"Oberon, l'avamposto fra i ghiacci",
Nord 1987 - "Il Giorno dellla sfida",
Nord, 1998 - "Oltre il pianeta del vento",
2004, Mondadori, premio Urania; e "Toshi
si sveglia nel cuore della notte", ed.
Granata Press
Bologna, 1995. Ha pubblicato a livello professionistico
alcuni racconti e con uno ("Stige")
ha vinto il premio Courmayeur mentre "Labirinto
della notte" ha avuto l'onore di venire
ospitato nel numero inaugurale della rinata
rivista Robot. L'ultimo suo racconto, "Sopravvissuto"
è stato pubblicato in Futuro Europa numero
40. Da ben quattordici anni svolge corsi di
scrittura creativa.
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