GLI
AUDIOLIBRI DI PB
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Il dialogo, a mio giudizio, è forse
uno degli aspetti che maggiormente viene sottovalutato
nel complesso processo creativo che porta alla
realizzazione di un romanzo. Baso questa mia
convinzione sul fatto di non aver mai incontrato
libri di testo che abbiano affrontato in maniera
esaustiva tale argomento. In taluni lo si cita
per alcune sue doti mentre in altri lo si tira
in causa per sopperire a mancanza che possono
derivare da altri fattori della narrazione.
In sostanza però, ogni testo ne fa una
trattazione nebulosa e parziale che lascia molti
interrogativi irrisolti sull'argomento. Persino
gli svariati corsi di scrittura da me intrapresi
ne facevano soltanto una sommaria introduzione
e quando io incalzavo la mano con domande ben
specifiche, veniva tutto il peso della risposta
demandata alla "sensibilità artistica"
dello scrittore. Seppur quest'ultima affermazione
è vera, ovvero che la differenza la fa
sempre la "sensibilità artistica",
va detto che essa va applicata all'interno di
determinate regole che governano la scrittura
quali ad esempio i generi letterari o il punto
di vista dell'io narrante. Quindi, se per creare
dei personaggi ci sono delle regole e se per
affrontare dei generi letterari ce ne sono delle
altre, perché non dovrebbero essercene
anche per la costruzione di un buon dialogo?!
E' da questa domanda di fondo che ho intrapreso
una "crociata" a favore di quello
che poi é il cuore della comunicazione
di un'opera creativa: il dialogo. Spero che
quanto segue possa essere di vostro gradimento
e cominciamo subito ponendoci tutti una domanda:
Che cosa è un Dialogo?
I personaggi che compaiono in un film, in una
commedia o in un racconto non esistono nella
realtà ma sono frutto dello scrittore
che ha deciso di dargli vita per raccontare
una storia. Il pericolo più grave quindi
è rappresentato nel momento in cui li
si deve far parlare poiché chi ancora
inesperto spesso regredisce nel proprio passato
e nelle proprie convinzioni immedesimandomi
in chi deve esprimere un concetto e riversando
in egli le sue personalissime convinzioni. Ora,
che alcuni personaggi siano figure speculari
di chi scrive è cosa plausibile e presente
in alcune opere, ma non tutti i racconti e non
tutti i personaggi di un racconto sono creati
per esprimere il punto di vista dello scrittore.
Spesso, quasi sempre direi, le storie che si
leggono sulla carta o si vedono attraverso l'etere,
hanno temi universali come l'amore o l'odio
ma tali argomenti vengono sviscerati attraverso
una trama che è fatta di differenti personaggi
i quali affrontano la vita (e ne parlano) attraverso
il loro personale modo di essere al mondo rendendo
così ogni storia unica a se stessa. Detto
ciò possiamo dare una prima risposta
a questa domanda dicendo che:
Un dialogo è il modo in cui ogni
singolo personaggio si esprime.
Per capire a pieno questa affermazione dovremmo
affrontare l'argomento della caratterizzazione
dei personaggi ma non essendo questo il tema
centrale della nostra chiacchierata, voglio
solo accennare un aspetto del dialogo che affronteremo
in seguito: il registro linguistico. Il registro
linguistico è il modo in cui un personaggio
si esprime. Un uomo di strada parla in maniera
differente da uno scienziato come quest'ultimo
parla differentemente da un militare. Altri
fattori importanti sono l'età e lo stato
sociale di chi parla. Ad esempio un bambino
parla differentemente da un adolescente, un
adulto o un anziano. Queste sono le basi molto
rudimentali su cui poi si può giocare
per trovare la forma espressiva che meglio si
addice ad un dato personaggio ed è forse
la prima cosa che ci colpisce di un dialogo,
ovvero, come viene presentato. Ma un dialogo
non è solo forma (ovvero modo di essere
espresso) ma anche contenuto. Oggettiviamo quindi
un dialogo scorporandolo da un possibile personaggio
che lo enuncia e cerchiamo di individuare le
regole universali che si dovrebbero seguire
sia che a parlare sia un bambino viziato, un
barbone od una anziana donna di nobili origini.
Ancora una volta: Che cosa è un Dialogo?
In primo luogo un dialogo, sia esso creato
per la televisione, il teatro od un libro, è
finzione. Il suo compito quindi è di
servire la storia mettendo a confronto i personaggi
affinché la trama si evolva. Sia che
si tratti del confronto diretto tra antagonista
e protagonista, tra un personaggio secondario
e l'eroe della nostra storia oppure di un monologo
interiore, il dialogo, deve spingere tutti i
personaggi ad agire. Per meglio chiarire questo
concetto lasciatemi usare un dettame basilare
della cinematografia: ogni singolo secondo di
pellicola utilizzata deve essere strettamente
funzionale allo svolgimento della scena. Ovvero,
considerando gli altissimi costi di produzione
di un film, ogni minima ripresa, movimento di
macchina e battuta degli attori, deve essere
usato per far evolvere il racconto dal punto
1 al punto 2 muovendo i personaggi da A verso
B fino alla "naturale" risoluzione
della storia. Nel campo della scrittura, anche
se spesso si fa grosso uso di digressioni e
dettagliate descrizioni di attimi, si può
applicare tale regola cinematografica ai dialoghi.
Quindi possiamo dire che un dialogo non può
mai essere dispersivo e fino a se stesso. Cosa
abbiamo quindi imparato fin ora del dialogo?!
Proviamo a riassumerlo in una frase.
Il dialogo deve rispecchiare la caratterizzazione
del personaggio (registro linguistico) e deve
avere una funzione "servile" (ovvero
deve muovere i personaggi e la storia verso
la risoluzione del racconto)
Osservando questa affermazione e facendo un
passaggio a ritroso possiamo affermare di aver
dato una prima risposta a due importantissime
domande riguardanti il dialogo, ovvero: Come
deve presentarsi un dialogo? Qual'è la
sua funzione? Facendo una ennesima analisi delle
domande e della precedente affermazione possiamo
già individuare alcuni dei "difetti"
che un dialogo non deve avere:
1- Un dialogo non può essere mono-tono,
ovvero il modo di parlare dei personaggi non
può essere uguale per tutti.
2- Un dialogo non può essere fine a se
stesso non apportando nuove informazioni al
lettore sulla storia e sui personaggi.
Sulla base di quanto fin ora detto soffermiamoci
ancora un attimo sulla definizione "finzione".
Finzione significa che i dialoghi da voi creati
devono essere verosimiglianti e cioè
emulare un dialogo reale mentre, concretamente,
devono puntare ad un obiettivo ben preciso.
La verosimiglianza di un dialogo la si ottiene
stando ben attenti al registro linguistico della
storia e dei singoli personaggi. Ad esempio
in un racconto che parla di scuola avremo i
professori che si esprimono con una determinata
proprietà linguistica contrastati dallo
slang dei loro studenti. Per quanto riguarda
il puntare ad uno scopo ben preciso, abbiamo
visto che un dialogo deve mirare a passare informazioni.
A tal proposito un dialogo costruito a tavolino,
differentemente da quanto avviene nella realtà
dove spesso si parla tanto per dar aria alla
bocca, deve avere uno scopo ben preciso e mirare
al passaggio di un numero X di dettagli che
portano all'evoluzione del racconto... ma facciamo
un esempio!
EXE1: Due quindicenni compagni di scuola
s'incontrano per strada.
- Ohh Marco!
- Grande France'!
- Come va bello?
- Tutto ok, e tu?
- Ieri la Mercuzzi mi ha interrogato.
- Come è andata?
- Il solito schifo. Ma tu dimmi, come vanno
le cose con sto braccio?
- Sto meglio e Lunedì torno che
pizza.
- Ma dai! Non ti sei rotto di stare a casa con
'sto gran caldo?
- Si, però la scuola
- Ma se hai pure chi ti aspetta a braccia aperte.
- Cosa intendi ?!
- E non fare il finto tonto!
- Certo che fa davvero caldo eh?
- Si cambia argomento tu. Ad ogni modo si, per
strada si schiatta.
- Ma che ti lamenti, hai pure i condizionatori
a casa!
- Ma chi ci vuole stare a casa.
- Si sempre in giro tu, poi la prof. non fa
bene a metterti un brutto voto.
- Oh! Ma che te la fai con il giaguaro ora?
- No, no però tu dovresti studiare
un po' di più o l'anno questa è
la volta buona che lo perdi.
- Ed infatti sto andando a ripetizione, mia
madre mi ha obbligato oppure niente vacanze
se mi bocciano. Ha detto che se non passo in
quinta mi fa lavorare tutta l'estate in città
sai che palle?!
- E te lo meriteresti!
- Ma guarda che infame! Senti scappo che stavo
andando proprio dalla tipa che mi fa il sostegno.
- Com'è?!
- È un'amica universitaria di mia sorella
un bel pezzo di figliola!
- Sempre il solito tu eh?!
- È la natura amico, la natura!
- Ciao.
- A lunedì!
Prendiamo questo dialogo ed analizziamolo per
un attimo. Se fosse posto all'inizio del vostro
racconto, probabilmente, potrebbe anche andar
bene così poiché ci fa sapere
che Marco e Francesco sono amici e compagni
di scuola. Che uno dei due è stato assente
perché ha avuto dei problemi e che l'altro,
come al solito, ha preso un brutto voto. Intuiamo
inoltre che c'è una ragazza che ha un
debole per Francesco e che Marco non se la cava
bene a scuola e per questo deve andare a ripetizione
da una bella universitaria. Infine capiamo dall'accenno
al tempo che la fine dell'anno scolastico è
vicina. Insomma, se fosse la prima cosa che
leggete del racconto, andrebbe bene poiché
vi passa delle informazioni senza farvene accorgere.
Se questo dialogo però fosse posizionato
alcune pagine dopo l'inizio della storia, se
voi sapeste già buona parte di ciò
che i due si dicono, allora tale scambio di
battute sarebbe superfluo. Inoltre, tale conversazione,
per essere valida all'interno di un testo, potrebbe
essere condensata come segue:
EXE2: Due quindicenni compagni di scuola
s'incontrano per strada atto secondo.
- Ciao Marco!
- Che si dice France'?
- Ieri la Mercuzzi mi ha interrogato, Il solito
schifo. Ma tu dimmi, come vanno le cose con
sto braccio?!
- Sto meglio e lunedì infatti torno a
scuola che pizza!
- Ma non ti sei rotto di stare a casa?! E poi
scusa in classe hai pure chi ti aspetta a braccia
aperte.
- Certo che fa davvero caldo oggi.
- Cambia argomento, bravo! Comunque si, per
strada si schiatta, ma chi riesce però
a restare in casa con 'ste giornate.
- Sempre in giro tu eh?!. Guarda che questa
volta lo perdi l'anno.
- Lo so, e lo sa pure mia madre che infatti
mi ha obbligato a prendere delle ripetizioni.
Se non passo in quinta mi fa lavorare tutta
l'estate in negozio sai che palle?!
- Visto mai che capitasse eh?!
- Appunto! Quindi è meglio che scappo
se no faccio tardi. A proposito, ma lo sai che
la tipa è una bona amica di mia sorella?!
- Sempre il solito tu.
- È la natura amico, la natura Ciao!
- A lunedì.
Così condensato il dialogo conserva
buona parte delle informazioni contenute nel
precedente, dandone anche delle ulteriori per
mezzo di piccole modifiche, ma risulta più
godibile anche grazie alla sua lunghezza ridotta
di circa la metà.
Altro aspetto importante della verosimiglianza
consiste nel non dire troppo all'interno di
un dialogo. In una conversazione reale due persone
che si conoscono, difficilmente si racconterebbero
in quanto sanno bene chi sono e cosa fanno.
Questo è un altro degli sbagli dei "principianti"
ovvero, per la necessità di dover passare
determinate informazioni al lettore, lasciano
raccontare a due personaggi che sono idealmente
già informati sui fatti, accadimenti
della loro vita. Ma voi, ditemi, raccontereste
ad un vostro amico della volta che insieme avete
avuto un incidente? Probabilmente no. Molto
più probabilmente parlereste dei risvolti
dell'accadimento e non dell'accadimento in se.
Vediamo quindi un altro esempio.
EXE3: Marco e Francesco si raccontano
- Ohh Marco!
- Grande Francesco.
- Come va bello?
- Dopo l'incidente che mi è successo
la settimana scorsa quando siamo usciti con
il motorino e mi sono slogato la spalla, il
dottore dell'ospedale dove sono stato visitato
mi ha detto che lunedì potrò tornare
a scuola . che pizza!
- Ma dai! Non ti sei rotto di stare a casa con
'sto gran caldo? Ormai la fine della scuola
si avvicina e con queste belle giornate non
c'è di meglio che andare in giro. E poi
di che ti lamenti, a scuola c'è Nadia
che da quando avete parlato a quella festa organizzata
dai ragazzi del quinto anno, non ti leva più
gli occhi di dosso.
- Macché, siamo solo amici. Come ben
sai lei è fidanzatissima proprio con
uno del quinto, figurati se pensa a me. Piuttosto,
sempre in giro tu eh?! Non fanno bene poi i
prof. a metterti dei brutti voti?
- Oh! Ma che te la fai con il giaguaro ora?
Comunque ieri la Mercuzzi mi ha interrogato
e come al solito è andata uno schifo,
ma tu lo sai no?! Quella mi odia fin da quando
abbiamo deciso di mettere piede in quell'istituto.
Ti ricordi vero che quando ancora eravamo alle
medie e la sorella, nostra professoressa di
Italiano, mi venne a dire che se avessi deciso
per questo istituto la Mercuzzi mi avrebbe reso
la vita impossibile.
- Come noi l'avevamo resa a lei per tre anni
del resto. Ti ricordi il nostro vagabondare
per i corridoi e quella volta che
Questo dialogo è pieno di informazioni
che lo scrittore vuole passare al lettore. Marco
e Francesco sanno bene come è avvenuto
l'incidente, e sono anche a conoscenza dell'approssimarsi
della fine dell'anno scolastico. Inoltre è
molto probabile che entrambi siano a conoscenza
che Nadia è fidanzata con uno del quinto
anno e che è dalla festa che la ragazza
mostra interesse per Francesco. Non hanno bisogno
di raccontarsi questo, ne le altre cose contenute
in questo brano ed infatti, in una conversazione
reale, difficilmente avrebbero parlato in questo
modo. Ciò ci porta a considerare l'importanza
di cosa va messo od escluso da un dialogo.
Un dialogo deve essere verosimigliante e quindi
deve rispecchiare il modo di esprimersi di una
determinata categoria di personaggi ma deve
essere scremato di tutto ciò che è
superfluo alla narrazione. Inoltre può,
anzi deve, passare informazioni circa i personaggi
senza però raccontare cose di cui i personaggi
sono già a conoscenza al sol fine di
farlo sapere al lettore.
Un consiglio: non siate precipitosi d'inserire
troppe informazioni in un confronto diretto
tra due personaggi. Diluitele invece attraverso
più scene limitandovi ad inserire in
ogni dialogo quanto basta per far capire od
intuire la situazione a chi legge e per far
evolvere la storia.
Soffermiamoci ancora un attimo sul concetto
di "informazioni". Che tipo di informazioni
abbiamo ricevuto dal precedente dialogo? A mio
avviso molte. Prima di tutto dal dialogo abbiamo
capito il rapporto tra i due ragazzi, inoltre
abbiamo capito un aspetto della vita privata
dei ragazzi: Francesco è timido, Marco
più sfrontato. Inoltre abbiamo assimilato
informazioni circa la loro età, la loro
situazione scolastica e sociale. In breve si
può dire che le informazioni che si possono
passare attraverso un dialogo sono principalmente
di tre tipi:
-PERSONALI: il singolo modo di esprimersi
ed essere del personaggio.
-INTERPERSONALI: il modo di relazionarsi
con gli altri.
-AMBIENTALI: la singola situazione presente
in cui ci si trova, eventi passati, progetti
futuri
Trovare il giusto mix di questi tre fattori
a questo punto sta all'esigenza narrativa e
a quella famosa "vena artistica" che
vi porterà col tempo a stabilire se in
un determinato dialogo è meglio far risaltare
informazioni ambientali, personali o interpersonali.
Conclusioni
In base a quello fin ora visto possiamo già
tirare le somme di alcune informazioni davvero
importanti su cui riflettere. Ovvero:
Un buon dialogo deve rispecchiare il modo
di parlare di ogni singolo personaggio che deve
avere un proprio registro linguistico dettato
dal suo stato sociale, età e cultura.
Inoltre un buon dialogo deve avere come fine
principale quello di informare in maniera non
esplicita e diretta il lettore su quelli che
sono elementi importanti per lo svolgimento
della storia dando, se possibile, informazioni
accessorie relative ai singoli personaggi circa
la loro vita e il modo di rapportarsi agli altri.
Per il momento credo che sia abbastanza su
cui riflettere prima di passare al prossimo
importante argomento relativo il dialogo, ovvero,
quali sono i segreti di un buon dialogo.
ATTENZIONE: Quanto
sopraè il frutto di mie personali riflessioni
basate su studi effettuati negli anni su differenti
tematiche. (scrittura, corsi di comunicazione
aziendale e pubblicitaria, psicologia )
Non essendo io però uno scrittore "affermato"
od un "professore di linguistica"
od altro ancora, vi invito a non prendere per
dogmatico quanto da me scritto ma semplicemente
come base su cui riflettere al fine di porre
le proprie basi di future ricerche sull'argomento.
Grazie dell'attenzione, Paul D. Dramelay
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